La tela raffigura Gonzalo Fernández de Córdoba (1453-1515), noto come ‘il grande capitano’, che contempla il cadavere del duca di Nemours, comandante dell’esercito francese nella battaglia di Cerignola, in cui l’esercito francese fu sconfitto e il Il duca di Nemours perse la vita. – Di Federico de Madrazo[2], Pubblico dominio, Collegamento

La disfida di Barletta fu un duello tenutosi il 13 febbraio 1503 nella piana tra Andria e Corato, in territorio di Trani (all’epoca dei fatti sotto giurisdizione veneziana), fra tredici cavalieri italiani (sotto l’egida spagnola) e altrettanti cavalieri francesi, durante la Battaglia di Cerignola. Il confronto finì con la vittoria degli italiani.

La disfida – Causa e preparazione del duello
I francesi si erano spinti fino a Canosa di Puglia, dove vennero impegnati in una breve scaramuccia dagli spagnoli. Alla fine dello scontro, le truppe di Diego de Mendoza catturarono e tradussero a Barletta vari soldati francesi, fra cui il nobile Charles de Torgues, soprannominato Monsieur Guy de la Motte.

Il 15 gennaio 1503, i prigionieri furono invitati ad un banchetto indetto da Consalvo da Cordova in quella che oggi viene chiamata Cantina della Sfida. Durante l’incontro, la Motte contestò il valore dei combattenti italiani, accusandoli di codardia. Lo spagnolo Íñigo López de Ayala difese invece con forza gli italiani, affermando che i soldati che ebbe sotto il suo comando potevano essere comparati ai francesi quanto a valore.

Si decise così di risolvere la disputa con un duello: la Motte chiese che si sfidassero tredici (in origine dieci) cavalieri per parte il 13 febbraio nella piana tra Andria e Corato. Il duello venne programmato nei minimi dettagli: cavalli ed armi degli sconfitti sarebbero stati concessi ai vincitori come premio, il riscatto di ogni sconfitto fu posto a cento ducati e furono nominati quattro giudici e due ostaggi per parte.
Prospero Colonna e Fabrizio Colonna si occuparono di costruire la “squadra” italiana, contattando i più forti combattenti del tempo. Capitano dei tredici cavalieri italiani sarebbe stato Ettore Fieramosca, che si occupò dello scambio di missive con la controparte francese, Guy la Motte.
I cavalieri italiani e spagnoli pernottarono ad Andria, nella cui Cattedrale Fieramosca e gli altri seguirono la messa d’augurio il giorno del duello, e fecero giuramento di vittoria o di morte. I francesi invece rimasero a Ruvo di Puglia, dove erano attestati con le truppe, partecipando alla messa nella Chiesa di San Rocco.
Di seguito, i tredici partecipanti, i quattro giudici e i due ostaggi che presero parte alla disfida.

Manifesto commemorativo del IV centenario della Disfida di Barletta – Wikipedia, pubblico dominio

Il duello avvenne in un’area recintata dai giudici delle due parti. Gli italiani furono i primi a giungere sul posto,seguiti di lì a poco dai francesi, che ebbero il diritto di entrare per primi nel campo. Le due formazioni di cavalieri si disposero su due file ordinate, contrapposte l’una all’altra, per poi caricarsi vicendevolmente lancia in resta.

Jean d’Auton, tuttavia, afferma che gli italiani si avvalsero di uno stratagemma: anziché caricare, arretrarono fino ai limiti del campo di battaglia e aprirono dei varchi nelle proprie file per far fuoriuscire dall’area alcuni cavalieri francesi, riuscendo con alcuni di loro nel tentativo. Il vescovo Paolo Giovio riporta che i cavalieri italiani rimasero fermi sulle loro posizioni con le lance abbassate, in attesa della carica francese.
Il primo scontro non causò gravi danni alle parti, ma mentre gli italiani mantennero sostanzialmente salda la posizione, i francesi sembrarono leggermente disorganizzati. Due italiani finirono disarcionati, ma una volta rialzatisi cominciarono ad ammazzare i cavalli dei francesi, costringendoli a piedi.
Lo scontro continuò con spade e scuri, finché tutti i francesi vennero catturati o feriti uno dopo l’altro dagli italiani, che conseguirono una netta vittoria.Jean d’Auton riporta di tale Pierre de Chals, della Savoia, unico combattente francese a rimanere in piedi fino all’ultimo: de Chals, tuttavia, non viene citato da nessuna altra fonte. Giovio afferma che un combattente francese, tale “Claudio” (presumibilmente riferendosi a D’Aste), morì per una grave ferita alla testa.
Sicuri della vittoria, i francesi non avevano portato con loro i soldi del riscatto e furono così condotti in custodia a Barletta, dove fu Consalvo in persona a pagare di tasca propria il dovuto per poterli rimettere in libertà. La vittoria degli italiani fu salutata con lunghi festeggiamenti dalla popolazione di Barletta e con una messa di ringraziamento alla Madonna, tenutasi nella Cattedrale di Barletta.

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L’ eroe della disfida

Ettore Fieramosca, nato a Capua, 1476 – muore a Valladolid, 20 gennaio 1515 fu condottiero italiano; il suo nome è legato indissolubilmente e storicamente alla famosa Disfida di Barletta del 1503.
Appartenente alla nobile e antica famiglia dei Fieramosca o Ferramosca, Ettore nacque a Capua nel 1476 da Rainaldo, barone di Rocca d’Evandro, e da una nobildonna non meglio identificata, e che secondo alcuni studiosi era appartenente alla casa dei Gaetani d’Aragona. 
Ricevuta un’educazione umanistica, Fieramosca fu presto avviato alla carriera militare e introdotto come paggio alla corte di Ferrante d’Aragona.
Nel 1493, ancora giovanissimo, aveva già il comando di una compagnia di balestrieri a cavallo, con la quale combatté contro Carlo VIII per Ferdinando II che seguì anche dopo la sconfitta.
Ristabilito il trono di Ferdinando II e poi in seguito alla morte di quest’ultimo, Fieramosca passò al servizio del nuovo sovrano Federico IV che seguì all’assedio di Gaeta nel novembre del 1496. Nel 1497 combatté nelle Marche, inviato dal sovrano ad Ascoli per sedare una ribellione, dove si distinse nella difesa del castello di Offida.

Nel 1501, il cavaliere capuano difese la sua città natale dall’assedio dell’esercito francese che insieme a quello spagnolo si spartiva il regno aragonese ai danni di Federico IV il quale, sconfitto e consapevole dell’inutilità di ogni ulteriore resistenza, trattò la sua resa rinunciando al trono per ritirarsi in Francia come prigioniero, accompagnato da pochi nobili restatigli fedeli e scortato da un drappello di cavalieri comandati dal Fieramosca.
Dopo questi eventi, considerato un traditore dai suoi concittadini, il Fieramosca, privato nel 1502 delle sue rendite nobiliari, tornò in Italia aggregandosi alle bande di Prospero Colonna, al seguito di Consalvo da Cordova, per occupare la Puglia, prima con l’espugnazione di Taranto e successivamente con l’occupazione di Andria, Canosa, Manfredonia e Barletta.
Acquartieratosi nella città di Barletta, il Fieramosca partecipò a spedizioni e a modeste imboscate condotte dagli spagnoli. Fu proprio a causa di una di queste imboscate che venne fatto prigioniero il cavaliere francese Charles de Torgues, detto La Motte, che aizzato dagli spagnoli accusò apertamente di codardia i cavalieri italiani al soldo del nemico, tra i quali il Fieramosca, sfidandoli a duello.

Così il 13 febbraio 1503 tredici cavalieri italiani, guidati dal Fieramosca, e altrettanti cavalieri francesi, guidati da La Motte, si scontrarono a duello nella famosa Disfida di Barletta che vide i primi come vincitori.

Barletta, particolare del Monumento alla Disfida. – Di Marcok di it.wikipediaOpera propria, CC BY-SA 2.5, Collegamento

Dopo la Disfida, Ettore Fieramosca partecipò nell’aprile dello stesso anno alla battaglia di Cerignola e poi a quella di Gaeta.
Nel 1504, insignito del titolo di cortigiano del Re, Fieramosca si recò in Spagna a capo di una delegazione per reclamare alcuni privilegi per la città di Capua dinanzi al sovrano Ferdinando II di Aragona che non solo accordò le richieste ma conferì al nobile capitano il titolo di conte di Miglionico e signore di Aquara.
Ma, finita la guerra franco-spagnola nel sud Italia, il Fieramosca fu privato da Consalvo da Cordova dei titoli appena concessigli poiché, nominato viceré del Regno di Napoli, quest’ultimo avviò un processo di normalizzazione e di restituzione dei possedimenti perduti ai vecchi feudatari in cambio della loro fedeltà. Fieramosca, perso il feudo di Miglionico e il castello di Roccadevandro, rifiutò l’indennità di 600 ducati annuali, opponendo resistenza e preferendo farsi imprigionare piuttosto che subire il sopruso….
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Stralcio testo tratto dalla pagina: umsoi.org sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

 

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