Nel cuore dell’VIII secolo, quando l’Europa si andava ancora plasmando tra fede e barbarie, una rete di missionari e monache lasciò l’isola d’Inghilterra per portare la luce del Vangelo nelle terre del continente.
Tra loro, la storia ricorda Winfrido, poi conosciuto come San Bonifacio, l’apostolo della Germania, che nel 730, o forse nel 731, comprese che l’opera di conversione non poteva compiersi solo con la forza degli uomini.

Fontana a Schornsheim in onore di santa Lioba – Wikipedia – Lavoro di Kandschwar rilasciato con licenza CC BY-SA 3.0
Fece dunque appello alle monache di Wimborne e di Minster, in Inghilterra, invitandole a unirsi alla grande missione evangelizzatrice.
Tra queste donne coraggiose vi fu Lioba di Tauberbischofsheim, sua parente e futura santa.
Fu lei, a sua volta, a chiamare un’altra parente: Tecla, monaca benedettina inglese, destinata a diventare una delle figure più amate della cristianità germanica.
Santa Tecla d’Inghilterra, conosciuta anche come Heilga, rispose all’appello della fede con il coraggio e la mitezza dei veri spiriti illuminati.
Sotto la guida della sua badessa, Santa Tetta, partì per la Germania, raggiungendo Ochsenfurt, nei pressi di Kitzingen, dove fondò e diresse un monastero femminile.
Il suo arrivo segnò una svolta per quelle terre ancora intrise di culti antichi e tradizioni pagane.
La sua opera, insieme a quella della prima badessa di Kitzingen, Santa Adeloga, non fu soltanto spirituale.
Fonti storiche attendibili raccontano che le due sante furono considerate le fondatrici della viticoltura in Franconia, attorno all’anno 800.
Attraverso la loro opera paziente, il lavoro dei campi si unì alla preghiera, e la terra stessa divenne segno della grazia divina: il vino dell’Eucaristia, simbolo della nuova fede, cominciò a nascere anche da quelle viti, piantate da mani devote.
Il terreno su cui Tecla e Adeloga operarono era già stato preparato, un secolo prima, da tre missionari irlandesi: Kilian, Kolonat e Totnan. Questi, tra il VI e il VII secolo, avevano introdotto il cristianesimo in Franconia e Baviera.
Si narra che nel loro bagaglio portassero sempre con sé il vino per la Messa, simbolo di comunione e di resurrezione, come se il seme della vite accompagnasse quello della Parola.
Divenuta badessa di Kitzingen, Santa Tecla consolidò la vita monastica, ispirando una generazione di donne votate a Dio e al servizio del prossimo.
Il suo monastero divenne un centro di cultura, carità e spiritualità, ma anche un faro di equilibrio in un’epoca instabile.
La sua memoria è ricordata ogni anno, il 15 ottobre, dal Martirologio Romano e da quello inglese.
Col tempo, Ochsenfurt perse importanza, mentre Kitzingen continuò a prosperare fino alla morte della santa.
Non vi è traccia di alcuna badessa dopo di lei, segno forse che la sua figura fu considerata insuperabile e conclusiva di un’epoca.
Le reliquie di Tecla e Adeloga furono custodite con venerazione nella chiesa del monastero di Kitzingen, ma andarono perdute durante la rivolta dei contadini del 1525, quando il sacro fu travolto dall’ira e dalla povertà degli uomini.
Dopo la ricostruzione del 1695-99, il monastero passò alle Orsoline, che vi fondarono una scuola per fanciulle.
Secolarizzato nel 1803, l’edificio conserva ancora oggi tracce della sua antica santità: la chiesa abbaziale è ora parrocchiale, e il complesso ospita istituti educativi, continuando, seppure in altra forma, l’opera di Santa Tecla.
La figura di Santa Tecla di Kitzingen è quella di una missionaria silenziosa, che unisce la fede alla concretezza del lavoro, la preghiera al dono della civiltà. Nel suo viaggio dall’Inghilterra alla Germania si riflette la forza femminile del monachesimo medievale, capace di evangelizzare non con la spada, ma con la pazienza, la cultura e la cura della terra.
Tecla, come le sue sorelle, rappresenta la donna che semina nel silenzio, trasformando i luoghi e gli animi con la mitezza della fede e la saggezza dell’amore operoso.
Nel suo nome sopravvive l’eco di un’Europa che nasceva dal dialogo tra popoli e dalla forza spirituale delle donne che la resero fertile.
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