Secondo il Martirologio Romano, Santa Marina si festeggia il 18 giugno, e il 17 luglio si celebra la traslazione delle sue reliquie da Costantinopoli a Venezia, avvenuta nel 1231. Le notizie della sua vita sono chiamate legenda. Nella chiesa infatti si raccoglievano le gesta dei santi che poi venivano trascritte perché fossero di esempio a tutti i cristiani e venivano lette durante la messa, perciò si chiamavano “legende” – quia legenda erant – perché dovevano essere lette. L’altare di questa santa è meta di pellegrini provenienti da tutto il mondo, in particolare dalle località dell’Italia centro meridionale, dove è ancora venerata. 
In Egitto un vescovo copto sostiene che Marina è la protettrice dei cristiani maroniti del Libano.

Corpo di Santa Marina Vergine di Bitinia, interno di Santa Maria Formosa (Venezia)- Wikipedia – Foto: Paologiovanna, opera propria rilasciata con licenza CC BY-SA 4.0

Quella che segue è una versione della sua vita secondo l’attuale Sinassario Maronita.

“Marina era nata a Qlamoun nel Nord del Libano. Suo padre Eugenio era un pio uomo. Sua madre morì quando Marina era molto piccola. Fatto che indusse il padre a rinunciare al mondo per ritirarsi nel Monastero di Qannoubine nella Valle Santa, accompagnato dalla figlia, che vestì da maschio, introdotta ai monaci col nome di Marino. La giovane si dedicò alla pratica delle virtù monastiche con massima spiritualità e precisione.
Un giorno, mandato in missione in una città vicina, dovette trascorrere la notte a casa di un amico dei monaci che sia chiamava Paphnotius, la cui figlia era incappata in adulterio e rimasta incinta. Quando il padre scoprì il fatto s’infuriò e la figlia attribuì la colpa al monaco.
L’uomo andò subito al Monastero dal Superiore che chiamò Marino e lo sgridò, ma questi non disse nulla per discolparsi. Il suo silenzio fu interpretato come un’ammissione di colpa e Marino fu condannato a svestire l’abito.
Quando la figlia partorì, il nonno portò il bambino al Monastero e lo affidò a Marino che lo allevò con ciò che i monaci usavano dargli, latte di capra e avanzi.
Marino sopportò la vergogna senza nessun lamento per quattro anni, poi il Superiore mosso a compassione lo riammise al Monastero sotto severissime condizioni. Marino perseverò nella sua opera ascetica fino alla morte quando i segni del suo volto brillavano di luce divina.
Grande lo stupore dei monaci quando, nel preparare il corpo per la sepoltura, scoprirono che Marino era una donna.
Il Superiore e i monaci s’inginocchiarono davanti al corpo immacolato, chiedendo perdono a Dio e all’anima della santa divina.

Stralcio testo tratto dalla pagina: parrocchie.it sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

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