La parola solstizio viene dal latino “Solis statio”: fermata, arresto del Sole. Solstizio identifica il giorno in cui il sole raggiunge la massima distanza dall’equatore. 
Questo fenomeno avviene due volte all’anno: il 21 giugno, inizio dell’estate, quando il sole determina il giorno più lungo, e il 21 dicembre, quando inizia l’inverno e la notte è la più lunga dell’anno rispetto alle ore di luce. Invece il primo giorno di primavera è detto anche equinozio , dal latino: equus nox , letteralmente uguale notte. l’equinozio è il momento in cui il sole, transitando sull’equatore, rende i giorni uguali alle notti in tutti i paesi della terra. Questo fenomeno avviene solo due giorni all’anno: il 21 marzo, primo giorno di primavera, e il 21 settembre, primo giorno d’autunno.
Il Sole e il suo simbolo, il fuoco, sono al centro di tutte le religioni delle antiche civiltà e rappresentano le divinità positive, contrapposte a quelle tenebrose e malvagie. Astronomi e sacerdoti, quindi, all’alba della civiltà, si identificano. Altari e osservatori astronomici si confondono. Non c’è da stupirsi, quindi, se in ogni tempo e luogo il giorno del Solstizio viene celebrato con feste, falò, rituali magici e religiosi. 

Stonehenge, primo piano – Wikipedia, pubblico dominio

In Gran Bretagna, a Stonehenge, sopravvivono gli imponenti ruderi di un tempio druidico: due cerchi concentrici di monoliti che raggiungono le 50 tonnellate. L’asse del monumento è orientato astronomicamente, con un viale di accesso al cui centro si erge un macigno detto “pietra del calcagno” (Heel Stone). 
Al solstizio d’estate il Sole si leva al di sopra della Heel Stone. Pare che alcune combinazioni tra i macigni permettessero di prevedere le maree e le eclissi di Luna e di Sole secondo un ciclo di 56 anni. Stonhenge, insomma, sarebbe non solo un tempio, ma anche un calendario, un osservatorio e una calcolatrice.
 Tracce di culti solari si incontrano in tutto il mondo, dalla Polinesia all’Africa alle Americhe, e giungono fino ai nostri giorni: per gli eschimesi il Sole è la Vita mentre la Luna la Morte, in Indonesia il Sole si identifica con un uccello e con il potere del volo, tra le popolazioni africane primitive la pioggia è il seme fecondatore del dio Amma, il Sole, creatore della Terra. Ma facciamo qualche passo indietro. 
Per gli Inca, la cui massima fioritura si ha intorno al quindicesimo secolo, la divinità Inti è il Sole, sovrano della Terra, figlio di Viracocha, il creatore, e padre della sua personificazione umana, l’imperatore. Attorno a Cuzco, capitale dell’impero, sorgono i “Mojones”, torri usate come “mire” per stabilire i giorni degli equinozi e dei solstizi. A Macchu Picchu, luogo sacro degli Inca, si può ancora vedere il “Torreon”, una pietra semicircolare incisa per osservazioni astronomiche, e l'”Intihuatana”, un orologio solare ricavato nella roccia. 
Per i Maya è il supremo regolatore delle attività umane, sulla base di un calendario nel quale confluiscono credenze religiose e osservazioni astronomiche per quell’epoca notevolmente precise. 
Tra gli indiani d’America il Sole è simbolo della potenza e della provvidenza divine. Presso gli Aztechi è assimilato a un giovane guerriero che muore ogni sera e ogni mattina risorge, sconfiggendo la Luna e le stelle: per nutrirlo il popolo azteco gli sacrificava vittime umane. Leggende analoghe, anche se fortunatamente meno feroci, si trovano ancora tra le popolazioni primitive nostre contemporanee. Gli stessi Inuit (eschimesi) ritenevano fino a poco tempo fa che il Sole durante la notte rotolasse sotto l’orizzonte verso nord e di qui diffondesse la pallida luce delle aurore boreali: convinzione ingenua, ma non poi tanto sbagliata, visto che oggi sappiamo come le aurore polari siano proprio causate da sciami di particelle nucleari proiettate nello spazio ad altissima energia dalle regioni di attività solare. 

Tutto il culto degli antichi Egizi è dominato dal Sole, chiamato Horus o Kheper al mattino quando si leva, Ra quando è nel fulgore del meriggio e Atum quando tramonta. Eliopoli, la città del Sole, era il luogo sacro all’astro del giorno, il tempio di Abu Simbel, fatto costruire da Ramses II nel tredicesimo secolo avanti Cristo, era dedicato al culto del Sole. 
Secondo la cosmologia egizia il Nilo era il tratto meridionale di un grande fiume che circondava la Terra e che, verso nord, scorreva nella valle di Dait, immersa nell’eterna notte. “Il fiume – scrive Dreyer nella sua classica “Storia dell’astronomia da Talete a Keplero – trasportava una imbarcazione su cui era un disco di fuoco, il Sole, un dio vivente chiamato Ra, che nasceva ogni mattino, cresceva e acquistava vigore fino a mezzogiorno, quindi passava su un’altra barca che lo portava fino all’ingresso per Dait; di qui altre barche (su cui siamo meno informati) lo portavano durante la notte sino alla porta dell’oriente. In tempi più tardi il libro “Am Duat” o “Libro dell’oltremondo”, racconta accuratamente il viaggio del dio Sole durante le dodici ore notturne, quando egli illumina successivamente dodici separate località dell’oltremondo. A volte, durante le ore diurne, la barca è assalita da un enorme serpente: allora il Sole si eclissa per breve tempo. 
Si devono agli Egizi alcune delle prime precise osservazioni astronomiche solari, in base alle quali i sacerdoti del faraone prevedevano le piene del Nilo e programmavano i lavori agricoli. Le piramidi sono disposte secondo orientamenti astronomici, stellari e solari. Gli obelischi erano essenzialmente degli gnomoni, che con la loro ombra scandivano le ore e le stagioni. Gli orologi solari erano ben noti e ne esistevano diversi tipi, alcuni dei quali portatili, a forma di T o di L, chiamati “merket”: il faraone Thutmosis III, vissuto dal 1501 al 1448 avanti Cristo, viaggiava sempre con la sua piccola meridiana, come noi con il nostro orologio da polso. La prima comparsa di Sirio, la stella pi— luminosa del cielo, all’alba, in estate, era per gli Egizi il punto di riferimento fondamentale del calendario. Il loro anno era di 365 giorni esatti, ma sapevano già che in realtà la sua durata è maggiore di circa sei ore, per cui avevano calcolato che nel corso di 1460 anni la data delle inondazioni del Nilo faceva una completa rotazione del calendario. 
Per i Sumeri, l’antica popolazione agricola della Mesopotamia (3500 – 2000 avanti Cristo), il Sole, chiamato Shamash, è il figlio di Sin, la Luna, ma stranamente non appartiene al gruppo delle divinità più importanti: dio supremo è An, “il cielo” e capo effettivo del pantheon sumero è Enlil, il signore del vento e della tempesta.

Shamash, dio solare nella mitologia mesopotamica; palazzo di nord-ovest, Nimrud ; 865-860 a.C. – Wikipedia, pubblico dominio


I primi e più attenti studi del movimento del Sole risalgono ai Babilonesi, subentrati ai Sumeri intorno al 2000 avanti Cristo, e si collegano alla loro complessa mitologia astrologica. Ancora più accurate furono le osservazioni dei Caldei, popolazione aramaica installatasi nel sud della Mesopotamia, dove rimase fin verso il 1000 avanti Cristo: furono i Caldei i migliori astronomi dell’antichità pre-ellenica. 

Mesopotamia – Periodo di Uruk (4000-2900 a. C.) – Wikipedia, pubblico dominio

La cosmologia babilonese ebbe due scuole ben differenziate, che facevano capo ai due santuari più importanti, quello di Eridu, sulla costa del Golfo Persico, e quello di Nippur, nella Mesopotamia settentrionale.
Per i fedeli di Eridu l’acqua è il principio di tutte le cose, il fiume Oceano circonda il mondo e al di là di esso il dio Sole pasce i suoi armenti.
Per i fedeli di Nippur al vertice della volta celeste c’è la “casa del Sole” da cui l’astro esce ogni mattina per una porta a oriente, rientrandovi a sera da una porta opposta.

La Terra era immaginata come una montagna divisa in 7 zone o in 4 quadranti. In essa si distinguevano una montagna del levar del Sole, risplendente, e una montagna oscura, dove il Sole calava. Sole, Luna e stelle erano divinità viventi, animate di moto circolare. Molte di queste idee passarono tra gli Ebrei e si ritrovano nei libri dell’Anrico Testamento. 
Presso i Babilonesi l’istante del tramonto del Sole rappresentava l’inizio del giorno, che era diviso in 12 intervalli detti “kaspu”. 
La misura del “kaspu” era determinata dal Sole e corrispondeva a 30°, che è appunto l’arco di cielo che il Sole percorre in due ore.
Sin dai tempi più remoti il cambio di direzione che il sole compie, tra il 21 e il 22 giugno, è visto come un momento particolare e magico.
Il “sole che rotola via” è associato, in un certo senso, alla testa del San Giovanni decapitato, che nella memoria religiosa si sovrappone al sole che cambia direzione.

Michelangelo Merisi detto il Caravaggio – Decapitazione di Giovanni Battista – Wikipedia, pubblico dominio

La trasversalità di queste tradizioni, comuni a popoli così diversi, è facilmente spiegabile. I riti e le pratiche erano basate sulla semplice osservazione dei corpi celesti; questi fenomeni erano visibili in tutte le zone del mondo, da tutte le culture.

Leonardo da Vinci – San Giovanni Battista – Wikipedia, pubblico dominio

La religione cattolica divenne ben presto conscia dell’importanza di questo periodo e dei festeggiamenti a esso associati, e ai riti pagani sovrastò le proprie celebrazioni.

Da qui il solstizio d’estate è diventato la festa di San Giovanni il Battista, che sarebbe nato esattamente sei mesi prima di Cristo. 
Il 25 dicembre, giorno in cui il sole ricomincia la sua corsa dopo il solstizio d’inverno, coincide invece con il Natale. 

In molte zone d’Italia ancora oggi si svolgono riti e feste di origine pagana, che la Chiesa ha cercato di cancellare, non riuscendoci completamente, perché tali credenze sono radicate nelle usanze popolari. Così oggi, nella festa di San Giovanni, si svolgono delle celebrazioni con questa strana mescolanza di elementi sacri e profani… 

Stralcio testo tratto dalla pagina: meteoweb.eu sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

 

vedi anche: 

 

Lo scrittore e giornalista scientifico Alberto Majrani, autore tra l’altro del saggio “Ulisse, Nessuno, Filottete” scrive la sottostante interessantissima nota:

OMERO E IL SOLSTIZIO D’ESTATE

Uno dei momenti più drammatici dell’Odissea è la descrizione della strage dei Proci, ad opera di Ulisse, di suo figlio Telemaco e dei fedeli servitori. Ma è possibile capire in quale giorno avviene il fattaccio? Proprio il capo dei pretendenti Antinoo ci darà un suggerimento:

Oggi tra il popolo c’è la festa solenne di Apollo (XXI, 258-259) quindi questo non è un giorno qualunque, ma è la festa di Apollo arciere: in un’epoca in cui pochi sono in grado di usare un calendario, se dei congiurati devono darsi un appuntamento, possono farlo solo in un giorno particolare, ben noto a tutti.
Dato che Apollo era il dio della luce, possiamo azzardare addirittura l’ipotesi che potesse essere una festa solare, come il solstizio d’estate, che era un giorno particolarmente importante per gli antichi.
Le conoscenze astronomiche erano già presenti in epoca preistorica: molti archeologi pensano che persino gli animali dipinti nelle famose grotte di Lascaux siano una rappresentazione delle costellazioni.
Nel 14000 avanti Cristo, periodo che concorda con le datazioni dei dipinti ricavate con altri metodi, il sole tramontava al solstizio d’estate andando ad illuminare proprio la parete pitturata, posta a una quarantina di metri dall’ingresso.
E’ molto improbabile che ciò sia dovuto al caso, perché ci sono molte grotte nella zona e quella è l’unica dipinta, e il fenomeno si verificava soltanto nei giorni immediatamente vicini al solstizio d’estate. Se poi si considera la qualità estetica delle pitture, ci si può rendere conto di come quei nostri lontani antenati fossero tutt’altro che dei rozzi cavernicoli, e del resto le capacità intellettive degli uomini di quell’epoca erano praticamente identiche a quelle degli uomini contemporanei.
Un fenomeno analogo si verificava in molti altri templi preistorici, dal tumulo di Newgrange in Irlanda, del 3200 a.C., a quello di Abu Simbel in Egitto, del 1200 a.C., con il sole che andava a illuminare una camera posta in fondo a un lungo corridoio solo in un giorno all’anno. Persino in molte chiese medioevali le finestre sono disposte in modo che il sole vada ad illuminare gli affreschi dei santi in corrispondenza dei giorni in cui vengono festeggiati.
Troviamo qualcosa di molto simile nel diciannovesimo libro dell’Odissea, che descrive la sera prima della strage: siamo all’ora del tramonto, tutti i Proci sono andati a dormire nelle loro case, e le porte della reggia sono state chiuse. Ulisse e Telemaco si accingono a nascondere le armi appese alle pareti, prendendo delle torce per fare luce, quando improvvisamente tutta la casa si illumina:

…davanti Pallade Atena
una lucerna d’oro tenendo, bellissimo lume faceva.
E stupito Telemaco parlò a un tratto al padre:
“O padre, prodigio grande vedo cogli occhi!
Davvero i muri e i begli architravi di casa,
e le traverse d’abete e le colonne eccelse
splendono agli occhi come se ardesse il fuoco:
qui certo c’è un dio, di quelli che il vasto cielo possiedono”.
E rispondendogli disse l’accorto Odisseo:
“Taci e la tua mente frena e non fare domande:
questa è la norma degli dèi che hanno l’Olimpo.” (XIX, 33-43)

quindi abbiamo un ulteriore elemento per ipotizzare che fosse il giorno del solstizio d’estate. Alla… luce, è il caso di dirlo, di quanto sappiamo sull’importanza dell’astronomia per i potenti dell’antichità, possiamo pensare che nella casa del re ci fosse una specie di finestra orientata sulla posizione del sole al solstizio estivo, che serviva al sovrano per calcolare gli anni, e magari per creare stupore tra i suoi sudditi con un evento “prodigioso”.

Alberto Majrani: Chi ha ucciso realmente i Proci? Ulisse, Nessuno, Filottete
https://www.ibs.it/chi-ha-ucciso-realmente-proci-libro-alberto-majrani/e/9788887621761

 

 

 

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