Sant’Agata, dipinto del Bergognone, (1510). Accademia Carrara, Bergamo. – Wikipedia, pubblico dominio

La tradizione, risalente al III secolo, vuol che questa fanciulla nobile, bella, ricca e, come suggerisce il nome di origine greca Agata, “buona”, sia chiesta in moglie dal potentissimo magistrato romano Quinziano o Quintiniano: la giovinetta, però, arde d’amore per ben altro sposo. È innamorata di Gesù e in suo nome ha fatto voto di castità.

Il proconsole romano, allora, dopo aver esaurito ogni possibile lusinga, affida Agata nelle mani di Afrodisia, nomen omen, un po’ maga e un po’ ruffiana, ma soprattutto tenutaria di una casa di piacere.
Qui è ristretta la vergine e sottoposta a ogni genere di pressioni, morali e fisiche, alle quali Agata oppose un’inoppugnabile resistenza.
Allora Quinziano, consumate tutte le sue risorse di pazienza, la passa alle cure dei carnefici che fanno strazio del giovane corpo della fanciulla, accanendosi sui suoi seni come estrema umiliazione di una femminilità che non intendeva piegarsi: un’orrenda mutilazione quella subita dalla giovane, prontamente sanata da San Pietro che, apparso ad Agata, ne favorisce la pronta cicatrizzazione.

Sant’Agata visitata in carcere da san Pietro e l’angelo, opera di Giovanni Lanfranco, scuola di Caravaggio, ca 1614, Galleria nazionale di Parma. – Wikipedia, pubblico dominio

Sprezzanti le parole della giovinetta nei confronti del suo carnefice: “Tiranno crudele! Non hai vergogna di torturare in una donna quello stesso seno da cui, bambino, hai ricevuto la vita?” mentre muoveva “con grande gioia al carcere come una sposa verso le nozze” (Antifona delle lodi e dei vespri).
Fu ordinato allora che venisse bruciata, ma un forte terremoto evitò l’esecuzione. Il proconsole fece togliere Agata dalla brace e la fece riportare agonizzante in cella, dove morì qualche ora dopo. Era il 251.

Santa “ausiliatrice” fin dal Medioevo, la “Santuzza” è oggi la protettrice delle donne malate al seno e la patrona dei fonditori di campane. La sua festa si dà il 5 febbraio e le sue reliquie sono conservate nel duomo di Catania in una cassa d’argento di gusto gotico, opera quattrocentesca del maestro argentiere Vincenzo Archifel (1461-1533).

Il busto reliquiario di sant’Agata, opera del senese Giovanni di Bartolo del 1376 – Wikipedia – foto di: 199341G, opera propria rilasciata con licenza CC BY-SA 4.0

Del senese Giovanni di Bartolo il busto reliquiario d’argento della santa affiancato da due angeli con le ali spiegate: lavoro di preziosa oreficeria esso reca sul capo una corona donata dal re d’Inghilterra, Riccardo Cuor di Leone (1157-1199).

Stralcio testo tratto dalla pagina: enciclopediadelledonne.it e rilasciato sotto licenza  Creative Commons CC BY-NC-SA 4.0. Pagina  sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

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