Tra le ombre luminose della mitologia greca, c’è una figura poco nota ma profondamente affascinante: Adrasteia, la ninfa che, secondo la leggenda, salvò e allevò il piccolo Zeus, destinato a diventare re degli dèi.
Quando Rea, madre degli dei, comprese che suo marito Crono avrebbe divorato anche l’ultimo dei suoi figli, come già aveva fatto con gli altri, decise di ingannarlo. Avvolse una pietra nelle fasce e la offrì al marito, mentre il neonato Zeus veniva segretamente condotto nell’isola di Creta, nascosto in una grotta sacra.
Lì, tra i suoni della natura e il battito nascosto del destino, Adrasteia accolse il bambino divino. Insieme a lei c’erano Amaltea, spesso identificata come una capra o come un’altra ninfa, e Ida, la sorella.

Adrasteia nutre Zeus. Musei Vaticani, (Museo Gregoriano Profano, inventario 9510. – Wikipedia, Immagine di Rabax63, opera propria rilasciata con licenza CC BY-SA 4.0
Alcuni miti narrano che Adrasteia ed Ida fossero figlie di Melisseo e della dea primordiale Ananke (la Necessità), altri le ritengono nate dalle acque di Oceano, una delle fonti della vita.
Il nome Adrasteia significa “colei che non si può evitare”. Un nome potente, che non parla solo di una ninfa, ma di un principio universale: il destino inevitabile, la giustizia cosmica che nessun dio e nessun mortale può sfuggire.
In alcuni miti, questo nome venne anche attribuito alla dea Nemesi, la vendicatrice divina, colei che punisce l’eccesso, la hybris, e ristabilisce l’equilibrio infranto. In questa veste, Adrasteia appare legata al frassino, albero sacro di cui era antica custode.
Proprio qui si apre un affascinante ponte tra culture: la figura di Adrasteia trova un’eco nella mitologia nordica, dove esiste una dea dal ruolo simile. Si tratta di Urdhr, la più anziana delle Norne, custodi del destino. Anche lei veglia all’ombra di un frassino, l’immenso Yggdrasill, l’albero del mondo, e come Adrasteia, tesse i fili del tempo, presiede al fato degli uomini e osserva silenziosamente il fluire dell’esistenza.
Ma Adrasteia non è solo destino. È anche cura, protezione, iniziazione. Accogliendo Zeus ne fa crescere il potere, guidandolo nel suo cammino verso la grandezza. Così, nella semplicità della sua azione, accudire un neonato nascosto tra le rocce, si compie una delle svolte più profonde della mitologia greca.
Il suo nome è anche legato alla dea Cibele, la madre degli dèi, con cui a volte si fonde. Si racconta che Adrasto, re di Argo e figlio di Talao, avesse costruito un tempio in suo onore nella città di Cizico, sulle coste dell’Asia Minore, a testimonianza di un culto che andava ben oltre i confini dell’Egeo.
Così, tra l’invisibile e l’indispensabile, Adrasteia ci parla ancora oggi: custode del divino nascente, ma anche immagine del destino che veglia su tutte le cose. Non protagonista dei miti, ma figura silenziosa e incrollabile, come la giustizia che non si può evitare.
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