La mitologia fenicia è una delle più antiche mitologie dei popoli che si affacciavano sul Mar Mediterraneo. Infatti la definizione che meglio s’attaglia ai fenici e ne illustra le capacità più spiccate è quella di grandi navigatori.
Non v’è autore dell’antichità che non si inchini dinanzi al loro dominio del mare e dei suoi segreti.
Un giorno arrivarono dei fenici, famosi navigatori” dice un verso di Omero.

Quando si parla di mitologia fenicia, è d’obbligo la massima prudenza: era infatti fenomeno essenzialmente orale. Vero è che esistevano testi scritti, custoditi dai sacerdoti nei templi, ma nessuno si essi è sopravvissuto.
Il testo più famoso sulla mitologia fenicia si deve a Filone di Bilo (64-141 dopo Cristo). Egli compose in greco una Storia della Fenicia che sosteneva di aver tradotto da un originale fenicio risalente alla guerra di Troia (1200 avanti Cristo).
L’originale sarebbe stato redatto da Sanchuniathon (Sakunjaton), sacerdote fenicio di Berito (Beirut). L’intera vicenda è avvolta nel mistero…
In ogni caso, la Storia delle Fenicia è andata perduta. Ne sopravvivono i pochi frammenti citati da Eusebio di Cesarea.

Maschera cerimoniale fenicia raffigurante il dio El. – Wikipedia, pubblico dominio

Per lungo tempo si è ipotizzato che il pantheon di ogni città fenicia fosse organizzato in triadi:
il dio protettore, la dea sua sposa e compagna, un giovane dio, sovente figlio della coppia.
Caduta ormai l’ipotesi, resta il fatto che ogni città fenicia era posta sotto le protezione di uno o più dei.
Con l’eccezione di El, divinità comune a tutti gli abitanti della Fenicia.

El è il dio creatore, il padre degli dei e degli uomini. Una leggenda vuole che El sia stato il re di Biblo, dunque umano.
Dopo la morte, egli sarebbe stato adorato come un potente dio; nel contempo, il palazzo reale diveniva un grande tempio. Nel cortile del palazzo si ergeva un betyl, dimora di un dio in pietra a forma di pan di zucchero, entro cui El risiedeva.
La statua del dio ha un aspetto bizzarro, con sue paia di occhi, uno davanto e l’altro dietro: due occhi chiusi. Dalle spalle si dipartono quattro ali: due spiegate come se volasse, e due pendule.
A detta di alcuni, ciò simboleggiava “come egli vegliando dormisse, e dormendo vegliasse; e come volesse riposando, e volando riposasse“.
D’altronde, perché stupirsi? Nulla risulta impossibile agli dei!

Ecco degli appunti su alcune triadi:

  • A BIBLO
    Oltre a El, divinità che dominano su Biblo sono Baalat e Adone.
    Baalat è la signora di Biblo, e veglia sulla città. Al pari di Astarte, ella personifica le feritlità e genera dei, uomini e piante.
    Si tratta di una divinità antichissima, assai diffusa ne Vicino Oriente. Prende il nome di Ishtar presso assiri e babilonesi, e di Isis presso gli egiziani.
    L’altro dio adorato a Biblo è Anodis (in lingua fenicia, adonsignifica “il signore”), la cui storia costituisce forse una delle più belle leggende fenicie. Il ricordo dei suoi amori con Astarte e del suo tragico destino ha sfidato i secoli.

Il Tempio degli Obelischi, a Biblo – Wikipedia– User: Heretiq, opera propria, file rilasciato con licenza CC BY-SA 2.5

  • A SIDONE
    Tre divinità dominano il pantheon di Sidone: Ball, Astarte ed Eshmun. Baal è il gran signore, e gode peraltro di pessima fama.
    Sul suo conto circolano storie più o meno fantasiose. Egli sarebbe il dio cui i fenici offrivno sacrifici umani, e specialmente fanciulli.
    In mancanza di tesimonianze credibili, è però difficile appurare qualcosa in proposito.
    Eshmun, dio della guarigione, lenisce le ferite del corpo, mentre Astarte dà solievo a quelle del cuore.
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  • A TIRO
    Tiro è la città cui Melqart (il “re della città”, in lingua fenicia) regna da sovrano assoluto. Testimonianze della sua assimilazione al greco Eracle risalgono già al V secono dell’evo antico.
    Secondo fonti greche e romane, Melqart sarebbe figlio di Zeus e Astarte. Gli amori di Zeus, si sa, sono tumultuosi. Chi potrebbe contare le dee o i semplici mortali che egli ha tentato di possedere, volenti o nolenti?
    Astarte, come molte sue simile, ne respinse gli approcci. Per punizione Zeus, furibondo, la tramutò in quaglia. Da questa quaglia venne al mondo Melqart, re della città di Tiro. Una strana nascita!
    Se ciò non bastasse, Melqart fu ucciso da Tifone nel deserto della Libia. Per placare i morsi della fame e lenire il dolore, il suo compagno di sventura fece arrostire una quaglia.
    Dal funo Melqart resuscitò in tutto il suo splendore. I fenici celebravano tutti gli anni la sua resurrezione. Melqart è il dio che muore e risorge.

UN RITUALE FENICIO
Il culto degli dei veniva spesso praticato in cima alle montagne, presso gli alberi o le sorgenti sacre.

L’acqua era oggetto di venerazione da parte dei fenici, come testimoniano le sorgenti del fiume Adonis ove si ergeva il santuario di Afqa.
Alla celebrazione delle feste di accompagnavano le offerte di animali e vegetali. I sacerdoti svolgevano il ruolo di maestri di cerimonie.
E nel periodo delle feste si organizzavano anche processioni a danze sacre.

Stralcio testo tratto dalla pagina: blog.libero.it sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

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