Busto di Pitagora. Copia romana di originale greco. Musei Capitolini, Roma – Wikipedia, pubblico dominio

In questi ultimi due secoli, grazie anche al crescente processo di scristianizzazione dell’Occidente, si è potuto constatare un diffondersi, o meglio un ridiffondersi della dottrina della reincarnazione, spesso attraverso la diffusione di credenze e culti orientali, magari annacquati, mescolati con elementi estranei e reinterpretati alla luce della mentalità occidentale.

Orfeo, fondatore dell’Orfismo, ritratto in un cratere attico a figure rosse risalente al V secolo a.C. (Metropolitan Museum of Art di New York). Wikipedia – User:  Marie-Lan Nguyen opera rilasciata con licenza CC BY 2.5

Normalmente, la gente è convinta che la reincarnazione sia un’invenzione tutta orientale e che in Occidente essa sia una credenza nuova; in realtà la fede nel ciclo delle rinascite esisteva già prima in Europa ed è stata temporaneamente cancellata dall’avvento del Cristianesimo.
Chiunque conosca almeno un po’ della religione e della filosofia elleniche, sa bene che nell’antica Grecia erano particolarmente diffusi culti che predicavano la reincarnazione, i cosiddetti misteri orfici, dal nome del mitico poeta Orfeo che li fondò dopo aver  visitato l’Ade, nel vano tentativo di riportare in vita la sposa Euridice.

E altrettanto si sa che l’Orfismo ha influenzato alcuni dei maggiori filosofi greci, come Pitagora e Platone, i quali a loro volta insegnarono ai loro discepoli la dottrina della reincarnazione.
Ed è forse bene ricordare che i Pitagorici ebbero all’inizio il loro centro di diffusione nella città italica di Crotone, allora colonia greca, prima di subire la persecuzione di chi temeva il loro crescente potere. Ne consegue che la dottrina della reincarnazione non è affatto nuova sul suolo italiano, e non proviene necessariamente da fonti
orientali.

Orfeo e gli animali”; mosaico romano d’età imperiale (Palermo, Museo archeologico). – Foto di Giovanni Dall’Orto  licenza Wikipedia 

Per i seguaci dei e dionisiaci, ogni essere umano o animale era portatore di un daimon immortale e divino, termine che traduciamo in italiano con “demone’, ma che nella religione ellenica sta a significare uno spirito intermediario fra gli Dei e gli uomini, e che poteva essere sia buono che malvagio, a seconda delle situazioni, esattamente come gli esseri umani.

Eros attico in una immagine del V secolo a.C. conservata nel Museo del Louvre. Eros è, nel Simposio di Platone, un demone intermediario tra gli uomini e gli dei. Dio primordiale, è raffigurato con le ali per la sua capacità di elevarsi dal mondo terreno alla sfera celeste. – Wikipedia, pubblico dominio

Nella religione ellenica, fra daimones e uomini mortali c’era una certa affinità, una parentela, e infatti per gli Orfici gli esseri umani non
erano altro che daimones incarnati.

Per altri, invece, i daimones erano uomini antichi divinizzati dopo la morte, come ci testimonia Esiodo riguardo gli uomini dell’Età dell’Oro, che dopo la morte, per il loro alto rango, erano divenuti divinità minori, risiedenti negli Inferi.
Secondo queste dottrine, in origine i daimones vivevano tutti nel regno degli Dei, nelle sfere celesti, ma in seguito a una non ben identificata colpa – la cui natura forse era rivelata solo agli iniziati di questi culti misterici una parte di essi erano caduti nel mondo fisico, visto come luogo di sofferenza e punizione. Probabilmente, tale colpa fu appunto l’essersi innamorati della materia, l’aver desiderato dei corpi di carne per goderne i piaceri.
Pare che fosse questa infatti la dottrina sulla caduta delle anime nella materia presso certi culti successivi che mescolavano i misteri ellenici con le religioni mediorientali ed egiziane come, per esempio, il culto di Iside.
I daimones incarnati avevano così preso a passare da un corpo all’altro, sia corpi umani che animali, in una catena che li teneva prigionieri, e che poteva essere spezzata solo dalla pratica dei culti misterici.

Per gli Orfici, il corpo non era una realtà positiva, bensì “il carcere dell’anima” o anche la tomba dell’anima’, da cui bisognava cercare di liberarsi per riconquistare la propria originaria natura divina.
Questa dottrina si è poi trasmessa alle correnti della filosofia pitagorica e platonica, con la differenza che la liberazione dalle rinascite non era data dalla pratica del culto misterico, quanto piuttosto dalla contemplazione filosofica dello spirituale e del divino, contemplazione razionale che però non esclude la contemplazione mistica, ma anzi s’integra con essa.
Sul finire del Paganesimo classico, la filosofia mistica neoplatonica aveva finito col mescolarsi con le dottrine della teurgia, dottrina in gran parte di derivazione orientale, una sorta di tecnica magico-religiosa atta a stabilire un contatto mistico con gli Dei tramite particolari rituali di evocazione, in modo da ottenere da loro rivelazioni sul mondo ultraterreno e divino, che non sarebbe stato possibile ottenere con la sola forza della ragione.
L’imperatore Giuliano era stato fra i seguaci di queste dottrine pagane di tipo mistico(i).

Non si può non notare qui l’assonanza con le dottrine tipiche dell’induismo e del Buddismo: l’idea del ciclo delle rinascite come “condanna”, il disprezzo della corporeità e della vita sensibile, in particolar modo dell’attività sessuale, e anche del mondo dei desideri e delle ambizioni personali, e dia necessità di una vita ascetica e contemplativa per liberarsi dal corpo definitivamente, per accedere al mondo dell’aldilà, visto come il totalmente incorporeo.

La ruota della vita e i regni del Samsara (la dottrina inerenle al ciclo di vita, morte e rinascita) – Wikipedia – User: Stephen Shephard, opera propria rilasciata con licenza CC BY-SA 3.0

Queste dottrine, diffondendosi sia a Oriente che a Occidente, finirono con l’influenzare anche le religioni monoteistiche, in particolar modo l’ebraismo, che non aveva avuto originariamente una specifica dottrina sull’Aldilà, a differenza del Cristianesimo e dell’islamismo, e che quindi poteva anche accogliere dottrine estranee sull’escatologia, senza dover modificare sostanzialmente la propria teologia, cosa che ha fatto ampiamente.

Forse il mito ebraico degli angeli ribelli caduti dal mondo dei cieli sulla Terra per aver voluto fare l’amore con le donne umane è un eco, un simbolo delia credenza nella caduta dei daimones dell’Orfismo adattata all’Ebraismo.
Gli angeli caduti sarebbero il simbolo degli spiriti divini, e le donne umane i corpi di carne da cui gli spiriti si lasciano attirare, auto-condannandosi al mondo della materia “peccaminosa”.

Breve stralcio testo tratto da un articolo di Piero Trevisan pubblicato nella pagina di anticamadre.net sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

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