Raffigurazione di un evento d’impatto di grandi proporzioni. – Wikipedia, pubblico dominio

Proveniente dalle profondità dello spazio siderale, una meteora sbucò fulminea dal cielo stellato superando l’altopiano con un rombo sommesso. La sua coda infuocata rischiarò per qualche istante le colline ad oriente dell’accampamento, poi scomparve inghiottita nuovamente dalle tenebre. 
Gli uomini accanto ai fuochi lanciarono grida di meraviglia cui fece seguito dai recinti, il brontolio dei cammelli innervositi dall’eccitazione improvvisa piombata sul campo. Pochi attimi, ed il silenzio del deserto riavvolse ogni cosa. 
Soltanto all’alba l’avvenimento tornò ad occupare nuovamente l’interesse di questa gente, che cercò e piantò una pietra alta e stretta nel luogo dov’era stato il fuoco dell’accampamento. Quella stele avrebbe dovuto ricordare per sempre il passaggio della meteora: nessuno l’avrebbe toccata, poiché essa diventava una “bayt Allah“, la dimora di Dio.
I nomadi delle regioni desertiche, dal Sinai al Nefud, fin nel cuore del Sahara africano, innalzarono ovunque steli come queste chiamate “bethel” o “masseboth“. Simboleggiavano un dio senza volto, un essere dall’aspetto indefinito, come poteva esserlo una roccia, una divinità di fuoco proveniente dallo spazio, la cui voce era il rombo delle fiamme che accompagnavano la sua apparizione. 
Il culto ebbe notevole seguito in alcune città semite del III millennio a.C., dalla cananea Megiddo, alla libanese Byblos, dalla carovaniera Gezer alla strategica Hazor. Le divinità che abitavano le steli occupavano lo spazio intermedio tra il Cosmo e la Terra, personificavano la forza esecutiva di un potere molto in alto, una forza spirituale che gli arabi chiamavano Sakina e gli ebrei Shekina.

Questi “dei di fuoco” avevano lasciato sulla Terra cicatrici profonde al loro passaggio, come i tre crateri meteoritici della depressione di Mitzpe Ramon, a sudest di Beersheba, erano la manifestazione più evidente del terribile potere della divinità, ricordata anche nei graffiti sulle rocce color ruggine del Negev, che raffiguravano stelle cadenti stilizzate e figure antropomorfe in atteggiamento di preghiera. 

Mitzpe Ramon – Image by AnnaAnouk from Pixabay

La Bibbia definiva le meteoriti “frammenti delle stelle”, “esseri creati dall’Onnipotente per farli regnare sulla notte che illuminavano”. 
Erano guerrieri dell’esercito dei cieli che intervenivano ad aiutare i suoi eletti. Gli Dei del Fuoco erano dunque qualcosa di più di semplici divinità uraniche ispirate dalla caduta o dal passaggio di bolidi siderali. Si credeva che i proiettili provenienti dallo spazio possedessero un’intrinseca “intelligenza”, fossero “abitati”, in altre parole, da una volontà annientatrice anche se è difficile capire come poterono gli uomini immaginarne la forza distruttrice se non l’avevano mai conosciuta.
Geofisici, astronomi ed archeologi cercano oggi di dimostrare che qualcosa di strano è accaduto nei dark age (età oscura), le spesse tenebre che avvolgono alcuni secoli tra il XXIV ed il XV millennio prima di Cristo. 
Si ritiene che la fine dell’Antico Regno dinastico in Egitto, i grandi spostamenti di popoli durante l’età del Bronzo in Europa, in Israele e nella Grecia premicenea, la distruzione d’innumerevoli città preistoriche in Anatolia, in Mesopotamia e persino in Afganistan e in Cina, come nel bacino dell’Indo, fu provocata da terremoti, maremoti, cambiamenti climatici. 
Che cosa produsse tutto quello sconquasso? 
Gli antichi “dei di fuoco e di pietra” oggi sono stati individuati dagli astronomi e chiamati con nomi adatti alla loro antichità: Eros, Amor, Apollo, Aten, Toutatis. Sono alcuni tra gli asteroidi più pericolosi per la Terra. Stazionano tra Marte e Giove in orbite fisse ed urtati da una cometa o attratti dalla gravità di un pianeta, potrebbero precipitare sulla Terra. Proprio come accadde nel luglio del 1994 alla cometa Shoemaker-Levy caduta a pezzi su Giove. Ad uno di questi impatti si deve la fine dei dinosauri 65 milioni di anni fa, come scoprì, insieme ad altri tre scienziati, il geologo Walter Alvarez.
Fu un “killer” dello spazio come questi a provocare un’immane catastrofe verso la fine dell’Età del Bronzo Antico? (1)

La Terra ha, in questo periodo, conosciuto una serie di repentini mutamenti climatici: un lungo freddo con piogge e alluvioni con un innalzamento di temperatura cui seguì la siccità. Molte comunità furono costrette a spostarsi dai loro luoghi originari scontrandosi con altri popoli. Fu come una reazione a catena che rivoluzionò la geografia umana del tempo. Questo scenario pone in discussione quanto riteniamo di sapere sul mondo dell’Età del Bronzo, nella cui storia c’è un vuoto di almeno mille anni, che andrebbero rivisitati per inquadrare cronologicamente avvenimenti come l’esodo biblico o l’omerica invasione degli Achei. 
Quale fenomeno provocò questi spostamenti di massa? Quale cambiamento climatico, economico o bellico provocò il movimento di popoli più misterioso del genere umano? E dove sono le prove materiali di questo avvenimento? Dove trovare gli indizi, se non le prove, che un killer proveniente dallo spazio colpì la Terra più o meno all’epoca in cui gli egizi costruivano le piramidi di Giza? 
C’è chi sostiene che è possibile ancora scoprirle con l’aiuto di scienze quali la climatologia, l’astronomia, la paleobotanica, la geofisica, i cui ricercatori, invadendo il campo dell’archeologia, hanno infine prospettato un quadro inquietante che chiuderebbe però quel “buco nero”. Questo libro è dunque un rapporto dettagliato sul mito degli “Dei di Fuoco”, una panoramica esauriente sulle ipotesi fatte dagli scienziati di varie discipline per risolvere questo antico mistero.
Per far ciò occorre frugare nella storia di un’epoca antica quando l’uomo e l’universo si affrontarono come Davide e Golia, anche se fu il primo a dover schivare le pietre lanciate dal gigante. 
Documenti interessanti sono emersi dalla polvere di città morte o in quella più spessa dei libri conservati nelle biblioteche. Ne è uscita questa storia affascinante, il racconto di un pericolo che continua a incombere sull’umanità….

 

_________________

(1) Nell’Età del Bronzo si possono distinguere i periodi:
antico (2300-1700 a.C.),
medio (1700-1350 a.C.),
recente (1350-1200 a.C.),
finale (1200-700 a.C.)

.

Stralcio testo tratto dalla pagina: users.libero.it  sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

.

ritorna all’indice: Attorno alla preistoria

.