Aton, il disco solare, era una divinità nata dalle speculazioni di alcuni sacerdoti del Sole di Eliopoli e fece la sua comparsa sotto il regno di Thutmosi IV, forse su influsso dei culti solari asiatici.
Amenhotep III manifestò una particolare predilezione per questa figura celeste, tanto che volle battezzare con il nome di «Splendore di Aton» la barca che offrì alla sua sposa Tiy, regina alla quale è lecito credere si sia dovuta la iniziale fortuna del dio.

L’esigenza di dare una nuova divinità all’Impero e di ridimensionare la fiera autorità del clero di Ammone, unitamente alle profonde istanze mistiche di Amenhotep IV, spinsero il faraone a elevare Aton al rango di dio supremo.
Le altre divinità del pantheon egiziano furono messe da parte, mentre una vera e propria persecuzione si scatenava contro Ammone ed il suo culto: non soltanto i suoi sacerdoti furono dispersi e il suo cerimoniale interdetto, ma il nome del dio venne addirittura cancellato dai cartigli, dove compariva come integrazione dei nomi reali.

Centro del culto di Aton divenne il suo grande tempio in Akhetaton, nuova capitale dell’impero, e il re, assunto il nome di Akhenaton, «servitore di Aton», fu il profeta del dio, il solo in grado di comprenderlo e di farlo conoscere agli uomini.

Fonte di calore, di luce e di bellezza, Aton è sorgente di vita, creatore di tutte le cose, e la sua potenza si estende provvidenziale e necessaria su tutto l’Egitto e su ogni popolo del mondo. L’insieme di queste caratteristiche, indicate nel celebre inno che Akhenaton compose per il suo dio, conferiscono alla religione di Aton quell’impronta monoteistica ed universalistica che la individua con sicurezza come il primo tentativo in questa direzione che la storia abbia registrato.

Dettaglio di un pannello di calcare, nel quale il faraone Akhenaton e la sua famiglia offrono doni votivi ad Aton (Museo egizio, Il Cairo) – Wikipedia, pubblico dominio

Contrariamente all’antica Religione egizia incentrata sull’al di là e le problematiche relative al male, il culto atoniano non sembra quasi essersi posto preoccupazioni di ordine morale e, dottrina di vita e libertà, esso ignorava deliberatamente la morte. Pare anzi che lo stesso Akhenaton provasse un orrore profondo della morte, tanto profondo da spingerlo ad obliarlo inebriandosi di quel suo dio di vita e d’amore. Per le esigenze cerimoniali fu creato un apposito clero, guidato da un gran sacerdote fregiato del titolo di «gran veggente» (ur mau), titolo mutuato dal clero heliopolitano di . Il culto del resto era estremamente semplice, dal momento che la religione atoniana era, come sottolineò Warde-Fowler, «un effettivo desiderio di sentirsi in relazione diretta con la potenza che si manifesta nell’universo».

Dunque si evitava qualsiasi mediazione tra l’adorante ed il dio. Il tempio di Akhenaton era a cielo aperto e non ospitava immagini di Aton, se non sulle stele e sulle pitture, dove si vedevano riflessi solari posarsi sul re e sulla sua famiglia, porgendo alle loro bocche ankh disegnati dal gioco dei raggi. Al dio si offrivano cibo, bevande e fiori, tutte cose che si depositavano sul suo altare e sui banchi d’offerte e, forse, si bruciava in suo onore dell’incenso…

 

Stralcio testo tratto dalla pagina: ilfarodeisogni.forumfree sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

 

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