Statuetta di Bastet, con testa di leone, assisa d’epoca romana. Walters Art Museum, Boston. – Wikipedia, pubblico dominio

Nell’antico Egitto, Bastet non nacque come la dolce dea gatto che oggi immaginiamo.
Le sue origini affondano nella figura di una leonessa guerriera, feroce e invincibile, talvolta identificata o associata alla potente Sekhmet, la dea-leonessa che sputava fuoco sui nemici del faraone.

Secondo le leggende, Bastet, nelle sembianze di leonessa, visse un periodo di esilio lontano dall’Egitto. Quando tornò, non era più la fiera cacciatrice di un tempo: si era trasformata in un gatto domestico. Ma, come ogni felino, conservava l’istinto predatorio e la forza latente della cacciatrice. In alcune tradizioni, è figlia del dio sole Ra, e viene raffigurata mentre decapita Apophis, il serpente dell’oltretomba.

Bastet, dea egizia della casa, dei gatti, della protezione, dell’amore, della danza e di guerra. – Wikipedia – Autore: Gunawan Kartapranata, opera propria rilasciata con licenza CC BY-SA 3.0

La metamorfosi di Bastet, da guerriera implacabile a dea pacificatrice, potrebbe riflettere un cambiamento politico nell’antico Egitto, o semplicemente la crescente presenza del gatto domestico nelle dinastie più tarde.
In ogni caso, Bastet è diventata l’archetipo dell’addomesticamento delle forze selvagge: una figura che incarna la civiltà, l’armonia e il potere della diplomazia sullo scontro diretto.

Il culto di Bastet comprendeva rituali di purificazione e profumazione. Alcuni studiosi ipotizzano che fosse associata ai cicli mestruali e alla fertilità: la purificazione del corpo femminile attraverso il ciclo poteva essere simboleggiata dai riti dedicati alla dea.

Il gatto, animale a lei sacro, era anche simbolo di sensualità e disponibilità sessuale. Per questo, il “profumo di Bastet” veniva identificato con l’aroma della seduzione.

Bastet era inoltre dea della musica e della danza, spesso legata al sistro, uno strumento a percussione simile a un sonaglio, anche caro alla dea vacca Hathor. Quando il sistro era suonato in onore di queste divinità, spesso la sua estremità era decorata con un gatto (Bastet) o una vacca (Hathor).

Entrambe le dee erano simboli di sensualità, sessualità e forza femminile, ma Bastet era venerata soprattutto nel Basso Egitto (nord), mentre Hathor era più popolare nell’Alto Egitto (sud).

John Reinhard Weguelin – Le esequie di un gatto egiziano (1886) – Auckland Art Gallery, Auckland.. – Wikipedia, pubblico dominio

Gli antichi egizi nutrivano una venerazione profonda per i gatti. Il grande gatto di Eliopoli, citato nel Libro dei Morti, era probabilmente un gatto selvatico del delta del Nilo, rispettato per la sua capacità di cacciare i serpenti.
Quando un gatto moriva, riceveva riti funebri solenni: veniva mummificato, avvolto in elaborate fasciature e talvolta ritratto con espressioni particolari.
A Bubastis, città-santuario di Bastet, esistevano vasti cimiteri di gatti mummificati, testimonianza di un culto diffuso anche in altre zone dell’Egitto.

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