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L’Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l’Italia sono i furbi, che non fanno nulla, spendono e se la godono.
(Da ”Codice della vita italiana”)

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Giuseppe Prezzolini – Wikipedia, pubblico dominio

Giuseppe Prezzolini (1882-1982) visse una lunga vita di risentimenti.
In pratica si trattò di una reiterazione infinita dei brontolii originali espressi su “La Voce” (1908-1913), rivista da lui fondata con Giovanni Papini.

La rivista ebbe firme prestigiose, fra quali quella di Benedetto Croce, Luigi Einaudi, Gaetano Salvemini. Fu trasformata in rivista esclusivamente artistica sotto la direzione di Giuseppe De Robertis e chiusa definitivamente nel 1914.

In effetti, Prezzolini è un maestro per eccellenza del brontolio. Intorno alla sua figura aleggia un che di sulfureo e di superficiale e non manca il sospetto, per quanto riguarda il suo sapere, di qualcosa di imparaticcio, di non approfondito. Ad esempio il suo libro su Machiavelli è un centone francamente insopportabile in quanto Prezzolini va alla ricerca del colpo ad effetto a tutti i costi, con ricorso ad una ironia pesante, forzata, ricercata. Ma i suoi pamphlet sono irresistibili: la sua scrittura diviene puntuta e, nel breve, nel sintetico, il nostro scrittore riesce a sbizzarrirsi facendo esplodere veri e propri fuochi d’artificio che vanno ad abbagliare il traguardo prefissato.

Prezzolini è un osservatore curioso e simpatico che veleggiando sulle varie opinioni, sa scegliere quelle maggiormente accattivanti per poi commentarle ed esporle secondo un programma a favore della immediatezza recettiva: un pensiero, un concetto, un’opinione divengono strumenti articolati di un ragionamento basato sulla critica facile della situazione – metti quella politica, la sua preferita – e sulla presa in giro dei metodi per gestirla. Prezzolini scuote la testa e fa intravedere un’intelligenza superiore per gestirla davvero.

Egli non ha alcuna fiducia nei politici. Intuisce la presenza di un potere superiore – quello economico – che li schiaccia, dal quale essi si fanno schiacciare. Il nostro scrittore afferra questa intuizione (peraltro non complicata) e la tratta con un semplicismo felice nell’immediato, quanto inerte, per la complessità del fenomeno, nel futuro. Una provocazione praticamente fine a se stessa, ma fine. Una rabbia impotente resa furbescamente interessante da una prosa imbattibile.

Giuseppe Prezzolini nel 1960 – Wikipedia, pubblico dominio

Sostanzialmente Prezzolini è un ribelle. Intuisce e reagisce rapidamente, senza troppo soffermarsi sulla portata dell’intuizione. Egli si sente un uomo libero: l’ambiente esterno è ostile alla libertà e lui si difende con lucida determinazione, beffeggiandolo. Ad esempio nel 1922 fonda la Società degli Apoti (coloro che non la bevono), in risposta alle promesse mussoliniane, e subito dopo fugge e va in America alla Columbia University di New York ad insegnare italiano (tornerà in Italia dopo oltre 25 anni e dal 1968 sino alla morte vivrà a Lugano, in Svizzera, dove sono riposte le sue preziose carte, non accettate dall’Italia).

Da Lugano, Prezzolini collaborerà con diversi giornali italiani, riuscendo a perfezionare la sua verve e ad indirizzarla con mira precisa e implacabile verso una sorta di sublimazione delle tematiche sociali e civili, ma anche culturali, in voga al tempo, guardandosi bene dal farsi coinvolgere in questa o quella bega. Bega, generalmente, la questione più spinosa di turno in quanto, per una decadenza dialettica a livello piccolo-borghese, mancante di autentica passione civile e di competenza analitica. A questo punto, l’intervento di Prezzolini assume il significato del parere di un vecchio ed assennato padre delle cose umane. Cosa non vera, ma verosimile.

Leggere Prezzolini, le cose breve e brevissime, è un vero e proprio godimento. Egli sa suscitare a meraviglia curiosità ed anzi interesse intorno al tema prescelto (o che si fa prescegliere) e soprattutto intorno al modo di trattarlo con efficacia, con vivezza irraggiungibile. ….

Stralcio testo tratto da un articolo di Dario Lodi pubblicato nella pagina  umsoi.org sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

 

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