Tra le più antiche e misteriose divinità della religione romana, Carmenta, o Carmentis, univa in sé i doni della profezia e della nascita, del verbo e della vita.
Era venerata come dea del parto e della poesia oracolare, protettrice delle madri e delle ostetriche, ma anche come spirito dell’innovazione e del sapere, capace di trasformare il linguaggio umano in strumento sacro.

Guillaume Rouille – Carmenta come Nicostrata – Wikipedia, pubblico dominio.

La tradizione la vuole originaria dell’Arcadia, terra di pastori e di miti antichissimi. Là, era conosciuta con altri nomi — Nicostrata, Themis, Timandra o Telpousa — e già celebrata come donna ispirata dagli dèi, capace di cantare i destini.
Quando fu costretta all’esilio insieme al figlio Evandro, guidata dalle sue visioni attraversò il mare e approdò in Italia, dove il re Fauno accolse i due esuli con benevolenza.

Scelse allora per dimora un luogo “felice fra tutti”, sulle rive del Tevere, e lì fondò la città di Pallantium, destinata a diventare una delle radici di Roma.
Fu qui, secondo la leggenda, che la profetessa accolse Ercole al suo ritorno dalla spedizione contro Gerione e gli predì il futuro: un gesto che univa per sempre il mito greco alla nascente religione romana.

A Carmenta la tradizione attribuisce un dono straordinario: l’invenzione dell’alfabeto latino.
Secondo la leggenda narrata da Gaio Giulio Igino, la dea avrebbe modificato quindici lettere dell’alfabeto greco, trasformandolo nel sistema che Evandro avrebbe poi introdotto nel Lazio.

Carmenta , divinità romana, scrittura. Miniatura tratta dalla collezione De mulieribus claris di Boccace. – Biblioteca nazionale di Francia (BNF) – Wikipedia, pubblico dominio.

Non a caso il suo nome, derivato da carmen, richiama il canto sacro, la parola poetica e la voce profetica, strumenti attraverso cui il divino si manifesta.
Carmenta non parlava: cantava i destini, unendo l’arte della poesia al linguaggio dell’oracolo.

Con il tempo, la sua figura si arricchì di un significato più terreno ma non meno sacro: Carmenta divenne la divinità che veglia sul parto e sulla vita nascente.
Le partorienti la invocavano con due appellativi che riflettevano il duplice aspetto della nascita:

    • Postvorta, “colei che guarda indietro”, custode del passato e delle nascite difficili,
    • Antevorta, “colei che guarda avanti”, protettrice delle nuove vite e dei destini futuri.

Queste due epifanie della dea simboleggiavano anche la sua capacità profetica: conoscere ciò che è stato e ciò che sarà.
In epoca repubblicana i nomi di Prorsa e Porrima indicarono lo stesso potere, legato alle posizioni del nascituro e al corso propizio del parto.

A Roma, la dea aveva un tempio ai piedi del Campidoglio, vicino alla Porta Carmentalis, costruito sul luogo che si riteneva custodisse il suo sepolcro.
A lei era dedicato un flamine minore, il Flamen Carmentalis, segno della sua antichità e dell’importanza del suo culto.
Ogni anno, l’11 e il 15 gennaio, le matrone romane celebravano i Carmentalia, feste di purificazione e preghiera durante le quali era proibito indossare pelli o oggetti di cuoio, un divieto simbolico per non evocare la morte e il sacrificio nel momento in cui si invocava la vita.
Le donne, riunite in processione, portavano offerte alla dea e intonavano inni in suo onore, chiedendo protezione per sé e per i loro figli.
Carmenta era dunque una divinità femminile totale: madre, ispiratrice, inventrice, custode dei segreti della vita e del linguaggio.

Carmenta rappresenta l’incontro tra creazione e parola, tra mistero femminile e conoscenza divina.
Nel suo nome si fondono due poteri: il generare e il dire.
Come dea del parto, accompagna la nascita dei corpi; come inventrice dell’alfabeto, accompagna la nascita delle idee.
È colei che trasforma la voce in verbo e il respiro in destino.

Il suo culto, celebrato dalle donne e rispettato dagli uomini, è il segno di una civiltà che riconosceva alla parola il potere di dare forma al mondo.
In Carmenta, dunque, Roma onorava non solo la madre di Evandro, ma la madre del linguaggio, quella che fa nascere, con la voce, la memoria degli dèi e degli uomini.

 

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