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Matteo 18, 15-17

[15] Se il tuo fratello commette una colpa, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; [16] se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. [17] Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all’assemblea; e se non ascolterà neanche l’assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano.

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RIFLESSIONE

stralcio tratto da uno scritto di don Enzo Cuffaro pubblicato su partecipiamo.it  .

Vi sono dunque persone la cui reazione è così negativa dinanzi a un consiglio correttivo, che è più dannoso correggerli che lasciarli andare per la loro strada. La correzione fraterna esige perciò grande discernimento e acuta analisi delle persone e dei loro caratteri: “Un baratro è l’uomo e il suo cuore un abisso” (Sal 64,7).

Il libro del Siracide, dal canto suo, ci avverte che non tutti coloro che ci si accostano per darci un consiglio devono essere ascoltati, perché non tutti sono abbastanza illuminati da poter dare una valida correzione: “siano molti coloro che vivono in pace con te, ma i tuoi consiglieri uno su mille” (Sir 6,6).
Molti possono persino turbarci con le loro parole, pronunciate anche in buona fede per aiutarci.
Ma non tutti sono in grado di compiere con esito positivo il difficile compito della correzione fraterna. Certo, un neofita, e chiunque non abbia una sufficiente maturità di cammino, è bene che non si cimenti in un’opera così impegnativa e al tempo stesso delicata: “prima di parlare, impara” (Sir 18,19). Dall’altro lato, “chi si fida con troppa facilità è di animo leggero” (Sir 19,4), e perciò viene facilmente turbato dal primo che arriva e parla. Al contrario, “il consiglio del saggio è come una sorgente di vita” (Sir 21,13).
Significa che chi riesce a distinguere la persona degna di ascolto e ne accoglie il consiglio, sta sicuro sulla via della vita: “chi trascura la correzione si smarrisce” (Prv 10,17). Se quindi dalla parte di chi viene corretto occorre prima saper distinguere bene uomo da uomo per capire chi, tra tutte le persone che parlano, è abbastanza santo da potermi dare un consiglio giusto, o una correzione illuminata, dalla parte di chi consiglia o corregge si richiede invece un grande controllo e sobrietà della parola: “recingi pure la tua proprietà con siepe spinosa, lega in un sacchetto l’argento e l’oro, ma controlla anche le tue parole pesandole e chiudi la tua bocca con porte e catenaccio” (Sir 28,24-25). E ancora: “il molto parlare non è mai senza colpa” (Prv 10,19).
Nel NT il tema della correzione fraterna ritorna in diversi altri contesti. Nella lettera ai Romani, la prospettiva della correzione fraterna è subordinata a una formazione completa del cristiano: “Fratelli miei, voi pure siete pieni di bontà, colmi di ogni conoscenza e capaci di correggervi l’un l’altro” (Rm 15,14). Non vi è dunque alcun organismo preposto alla correzione fraterna, piuttosto essa si realizza negli ordinari dinamismi dei rapporti interpersonali, ma sulla base dell’amore e della conoscenza, ossia i due elementi chiave del cammino cristiano.

Nella lettera ai Galati il tema ritorna in questi termini: “Fratelli qualora uno venga sorpreso in qualche colpa, voi che avete lo Spirito correggetelo con dolcezza” (Gal 6,1).
Anche qui la formazione cristiana è il fondamento di ogni correzione fraterna: “voi che avete lo Spirito“, ovvero voi che vivete nella grazia dei cristiani maturi, “correggetelo con dolcezza”. Non chiunque deve assumersi il compito della correzione, ma i cristiani maturi, né esso deve essere realizzato con qualunque metodo ma solo con la dolcezza. Una dolcezza che però non deve degenerare in debolezza (cfr. Tt 1,13). Se poi il fratello si indurisce e non ascolta nessuno, si segue il dettato dell’evangelista Matteo. Talvolta le misure drastiche sono suggerite anche dall’Apostolo Paolo, specialmente a proposito dell’insegnamento apostolico: “Se qualcuno non obbedisce a quanto diciamo per lettera, prendete nota di lui e interrompete i rapporti, non trattatelo però come un nemico ma ammonitelo come un fratello” (2 Ts 3,14-15).
L’Apostolo fa intendere pure che occorre un tatto pastorale idoneo alle diverse categorie di persone: “Non essere aspro nel riprendere un anziano; i giovani come fratelli…” (1 Tm 5,1); oppure, nel caso di gente amante di polemiche, non illudersi di cambiare il loro carattere a forza di parole: “dopo una o due ammonizioni, sta’ lontano da chi è fazioso” (Tt 3,10).

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