Il concetto di strega è legato alla figura femminile e per esaminare il ruolo e il valore del fenomeno della stregoneria in una cultura è necessario affrontare il ruolo e la posizione della donna in quella determinata società.

Nella cultura celtica, come in quella gaelica la donna aveva una collocazione senz’altro diversa dalla cultura mediterranea.

Non comprendendo il mondo celtico situazioni di sessuofobia e ginecofobia, la donna è stata sempre considerata, se non alla pari del maschio senz’altro figura importante e determinante nel sostegno e nella conduzione del clan e della comunità.
I Celti avevano il culto della Dea Madre, figura femminile potente, dispensatrice di vita e di morte e legata al ciclo delle stagioni.

Al contrario della società insediate nell’area mediterranea le celte e le gaeliche avevano accesso alla cura ed alla medicina erboristica e addirittura al potere della chirurgia. In alcune culture nordiche il potere della medicina era addirittura competenza esclusiva delle femmine del clan.

Colei che raccoglieva, seccava estraeva principi vitali dalle erbe era considerata creatura soprannaturale e degna del rispetto, se non addirittura, della venerazione del gruppo.

Da qui, il ruolo soprannaturale delle medichesse, al concetto di stregoneria, il passo è brevissimo.

Streghe attorno al calderone per prevenire l’arrivo del gelo, xilografia del 1489. – Wikipedia, pubblico dominio.

La wicca ha soprattutto, all’inizio, queste competenze e specificità: la cura (allora ritenuta evento vicino al divino) e la guarigione del malato o ferito.

Ma in una società prevalentemente agricola e pastorizia anche gli eventi della natura ed i ritmi stagionali erano di vitale importanza per il gruppo, come la previsione di tali eventi e la ritualità propiziatoria.

La wicca si va quindi a collocare in questi ambiti e ad inserirsi in tutto quell’insieme di comportamenti sociali tesi a rendere favorevole il rapporto tra uomo e natura.

La donna sacra, wicca o medichessa diviene artefice di sopravvivenza per il gruppo.

Le sue competenze vanno dalla cura alla premonizione, al rito propiziatorio al sacrificio per ingraziare la Dea Madre. La wicca non compie malevoli sortilegi, ma “piega le vite degli altri e le indirizza”, quindi è sostanzialmente una guida spirituale.

La wicca non è, come la strix latina, a contatto con i demoni, ma è la figlia eletta della Dea. Tutta la ritualità tramandata ad oggi da gaelici e celti riguarda culti rispetto alla terra e cerimonie propiziatorie per cicli stagionali.

È altamente probabile che alcuni di questi riti pagani, passati nella cultura mediterranea totalmente impregnata dalle fedi monoteiste siano state in seguito interpretate come eventi di stregoneria malefica.

Maestro del Basso Reno (XV secolo) – La magia dell’amore – Wikipedia, pubblico dominio.

Vero è, e la storia purtroppo ce lo insegna, che il monoteismo rigetta da sé come corpo estraneo, qualsiasi evento culturale non abbia le sue stesse radici o orientamenti. Molti dei riti celtici legati alla wicca sono arrivati fino a noi attraverso i secoli e ciò dimostra le radici profonde ed indistruttibili che assunsero nell’inconscio collettivo.

Vero è che neppure la conversione al cattolicesimo dell’Irlanda riuscì ad incidere sulla cultura della wicca, anzi i predicatori cattolici, primo tra tutti Patrizio non inglobarono le usanze locali nella nuova religione, ma caso forse unico nella storia della cristianità le nuove regole furono almeno parzialmente assimilate, ed in molti casi trasformate, secondo il pensiero pagano.

La stessa grande festa per Patrizio, figura per altro molto amata dai gaelici irlandesi, fu fatta coincidere con un’importante celebrazione wicca: il solstizio di primavera:17 marzo, e come festa di santo patrono nazionale cattolico ha mantenuto modalità fortemente pagane.

Un altro momento importante delle celebrazioni celtiche magiche era il passaggio tra il 31 ottobre ed il 1 novembre, quella notte che la cultura anglosassone ha trasformato nella festa di Halloween, ed i cattolici ricordano come la festa dei morti.

Albrecht Dürer – Strega che cavalca all’indietro su una capra – Wikipedia, pubblico dominio.

Entrambe le definizioni mantengono comunque il presupposto celebrativo del wiccan.

In realtà questa era la festa più importante di tutto il calendario celtico che si svolgeva secondo i ritmi della natura e delle stagioni.

Era la celebrazione di Samhair, divinità che rappresentava la notte e la morte insieme.

Tutte le gesta epiche e le grandi battaglie della mitologia celtica e gaelica, dall’Irlanda alla Scozia al Galles si svolgono nella notte di Samhair.

Nel Samhair, per la wicca uomo-dio ed evento naturale insieme iniziava la triste epoca del lungo buio invernale, segnava la fine dei raccolti e della pastorizia: la vita dei clan si modificava in maniera radicale, le nebbie gelide scendevano sulle highlands, la luce del sole riscaldava solo per poche ore.

La gente dei clan si stringeva vicino ai focolari a narrare di gesta e leggende: secondo la regola della wicca le leggi che governavano la vita erano sospese.

Samhair chiamava a sé, in quella notte, le anime dei morti e che queste, solo in questa occasione, avevano la possibilità di entrare nel corpo di un vivente e riappropriarsi della vita.

Le wicths allora dicevano di spengere ogni luce di focolare in modo che i morti non potessero vedere i vivi e tornassero nel loro mondo.

Il mattino seguente veniva acceso un grande fuoco al centro del villaggio o del castello, e quel fuoco rappresentava il nuovo scorrere delle stagioni e della vita verso la primavera.

Per lunghi anni, per lo meno fino all’anno 1000 il 17 marzo, che segnava la fine del lungo inverno, festa del solstizio e di San Patrizio, la festa detta del Mag Shet imponeva che venisse sacrificato un primogenito alla dea madre (spesso era, anche per la scarsità di bambini vivi e sani, un animale) il tutto con la buona pace dei preti cattolici…

 

Stralcio testo tratto dalla pagina: perstorie-eieten.blogspot sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

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