Oggi entriamo nella mitologia esaminando l’origine di un giorno di festa che racchiude l’amore e la conseguente fertilità partendo da Lupercus Faunus ed arrivando a San Valentino.
 

Faustolo trova la lupa con i gemelli – Rubens, Musei Capitolini – Wikipedia, pubblico dominio

Nell’antica lingua degli Oschi, un popolo italico proveniente dalle valli del Sangro e del Volturno, “ruma” sta per “colle”, oppure per “zinna”, in italiano: “tetta”. La dea Rumina, una “zinnona” indigena, protettrice dei lattanti e degli armenti, aveva un sacello in riva al Tevere presso un fico detto ruminale.
Sotto l’ombra del fico, nella stagione calda, ruminavano i buoi e i pecorai andavano in questo luogo scoperto e recintato, con altare dedicato alla dea, a offrire il latte.

Qui apparve una mattina Fauno Luperco, divinità autoctona: silvano e boschereccio come i re di Alba, cacciatore di ninfe, veniva a riscuotere i tributi di cacio e ricotta che i pastori gli pagavano affinché li difendesse dai lupi.
Le cerimonie rituali in onore di Lupercus Faunus, sposo e fratello di Fauna, incarnazione femminile della Madre Natura, si svolgevano nel Lupercale, la grotta sul Palatino dove, secondo la leggenda, i due pastori gemelli Romolo e Remo erano stati allattati dalla mitica lupa. Presiedevano i Luperci, i sacerdoti di Marte, che sacrificavano una capra (simbolo di fertilità), un cane (simbolo di purificazione) e con il sangue degli animali battezzavano due fanciulli. I sacerdoti provvedevano infine a scuoiare gli animali sacrificati, indossarne le pelli e mangiarne le carni, per poi uscire dalla grotta correndo per la Via Sacra, armati di lunghe fruste di cuoio ricavate dalla pelle di capro, in cerca di giovani donne da “purificare”.
Secondo alcune fonti si tratta in realtà di un rito Pelasgiano (un popolo marino antichissimo riconducibile all’età nella quale, sul Lazio, regnava il dio Saturno (non a caso tutti i latini si chiamano gens saturnia e la stessa Italia, come attestato da Virgilio, terra saturnia). L’antica festa di Lupercalia evoca l’ombra di Pan, il dio del Panico, figura dionisiaca collegata alla dimensione selvaggia e incontrollabile della natura – ma anche protettore dei pastori e delle selve – che incarna un’ideale di vita primitiva e comunitaria in simbiosi con l’energia panica della natura. Raffigurato con le sembianze di uomo-capra o uomo-lupo trascorre rapido le distanze, salta sulle rocce, si nasconde nei boschi per assalire le ninfe e possederle.

Lupa capitolina – Wikipedia, pubblico dominio

La festa di Lupercalia prevedeva, oltre alla rappresentazione nel Lupercale, anche una simpatica lotteria a sfondo amoroso e sessuale: i nomi delle giovani vergini da fecondare e quelli dei giovani aspiranti “uomini-lupo” erano posti in bigliettini dentro due appositi contenitori; i due fanciulli battezzati con il latte durante il rito lupercale pescavano a turno un bigliettino formando così le coppie che avevano a disposizione un intero anno, fino alla nuova celebrazione, per provvedere alla fertilità di tutta la comunità, con la benedizione di Marte, Romolo, Pan, Fauno Luperco e delle “Grandi Madri” romane – Ruma, Rea Silvia, Fauna, Acca Laurentia – incarnatesi nel modello mitico universale noto come “La lupa”.
La festa di Lupercalia è stata soppressa nel momento in cui l’antico calendario romano, istituito da Romolo e revisionato da Numa Pompilio, fu ridisegnato prima da Giulio Cesare – nel calendario giuliano – e – anche se la festa fu temporaneamente restaurata prima da Augusto e poi da Anastasio – infine, definitivamente “occultata” dal calendario gregoriano ancora in vigore. Giungiamo, quindi, alla più popolare festa dell’amore dei tempi moderni, il giorno di San Valentino.

 
Ma chi era costui? E cosa c’entra con la festa “sacrilega” degli “uomini-lupo”?
 
Valentino, vescovo di Terni – città di cui è divenuto patrono dal 1644 – professava la fede cristiana all’epoca in cui il cristianesimo era perseguitato in quanto religione di matrice giudaica considerata nemica del Sacro Romano Impero a tutti gli effetti pagano e politeista. Valentino, che già si era messo in cattiva luce convertendo al cristianesimo il filosofo romano Cratone e suoi tre discepoli, commise il grave peccato di sposare segretamente una giovane coppia di innamorati – una ternana cristiana di nome Serapia e un centurione romano non bene identificato – andando contro l’editto dell’imperatore Claudio II – che aveva vietato ai suoi legionari i matrimoni con fedeli cristiane – e che per questo fu giustiziato e, in seguito, fatto santo e commemorato – secondo l’istituzione di Papa Gelasio del 496 d.C. – lo stesso giorno in cui si teneva la festa di Lupercalia. 
 

San Valentino battezza santa Lucilla, opera eseguita nel 1575 da Jacopo Bassano, oggi al Museo civico di Bassano del Grappa – Wikipedia, pubblico dominio

Narra la leggenda che, poco prima di essere giustiziato, Valentino si rese protagonista di un vero e proprio miracolo reso possibile dalla sua fede nel Cristo: il giorno 14 febbraio del 273 d.C., prima di salire sul patibolo, lasciò un bigliettino indirizzato alla figlia nonvedente del suo carceriere, Asterio, di cui si era platonicamente innamorato, che ella, miracolosamente, poté leggere.
Vi era scritto: “Dal tuo Valentino”.
Da questo mito deriva l’usanza di scambiarsi messaggi d’amore nel giorno di San Valentino.

.

Stralcio testo tratto dalle pagine: loriscosta.wordpress.com e collettivoalma.wordpress.com sulle quale vi suggerisco di continuare la lettura…
.
.
vedi anche:

.

.