Don Bosco ebbe numerose apparizioni di defunti.
Sono note, tra le altre, quella del suo amico e compagno di seminario Luigi Comollo, quella di San Domenico Savio e quella della mamma Margherita, recentemente beatificata.
Con il Comollo egli aveva fatto il patto che il primo tra di loro che fosse morto, sarebbe andato dall’altro a portargli notizie dell’aldilà.
Comollo morì il 2 aprile del 1839 all’età di ventidue anni, e, nelle 48 ore successive alla sua morte, a don Bosco capitò il seguente fatto, qui riferito con le sue stesse parole: “Nella notte tra il 3 ed il 4 aprile ero a letto in un dormitorio di circa 20 seminaristi. Verso le undici e mezzo, un cupo rumore si fa sentire nei corridoi. Sembrava che un gran carro tirato da molti cavalli si andasse avvicinando alla porta del dormitorio. I seminaristi si svegliano, ma nessuno parla. Io ero impietrito nel terrore. Il rumore avanza ancora. Si apre violentemente la porta. Fu allora che si udì la chiara voce del Comollo dire tre volte: “Bosco, io sono salvo!”. Poi il rumore cessò. I miei compagni erano balzati dal letto, alcuni si stringevano attorno al prefetto della camerata don Giuseppe Fiorito di Rivoli. Fu la prima volta che ricordo di aver avuto paura. Uno spavento tale che in questo momento avrei preferito morire. Quello spavento mi causò una grave malattia che mi portò vicino alla tomba”.

 

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Don Bosco a Torino nel 1880 (foto originale) – Wikipedia, pubblico dominio

Un uomo sui trentacinque anni, vedovo, padre di due figli, viveva in Torino all’epoca di don Bosco. Conduceva una vita depravata da bestemmiatore e da non praticante della Messa.
Avvicinandosi il 2 novembre, giorno della commemorazione di tutti i defunti, sua madre gli disse:
“Ricordati del tuo povero padre morto già da vari anni, e prega per lui”. Parole che lo stizzirono. “Che pregare? Se è all’inferno o in paradiso non ha più bisogno delle nostre preghiere, se è in purgatorio, a suo tempo uscirà”.

La madre, amareggiata non osò replicare. La notte seguente, parve alla donna di udire qualche strano rumore nella camera del figlio. Al mattino, vedendolo stravolto come chi avesse passato una cattiva nottata, gli disse:
“Stanotte mi è parso di udire un certo rumore nella tua camera…”.
“Che rumore?! Voi donne piene di superstizioni, delle quali i preti vi riempiono la testa”.

Troncò il discorso, prese il cappello e bruscamente uscì di casa. La madre si persuase che il figlio aveva passato davvero qualche brutto momento. All’avvicinarsi della sera l’uomo sembrò preoccupato. All’ora solita si ritirò in camera. In realtà strani rumori li aveva uditi anche lui la notte precedente. Non era un tipo pauroso. Tuttavia prima di mettersi a letto esaminò accuratamente ogni angolo della stanza, per assicurarsi che nulla potesse produrre qualche insolito fenomeno; tolse e rimise i mobili al loro posto, guardò sotto il letto, e si coricò. Dinanzi alla finestra, all’esterno, correva un lungo ballatoio che dava accesso ad altre stanze. Il letto era posto di fronte alla finestra. Quella sera era illuminata dal chiarore pallido della luna. A un tratto udì qualche passo strascicato che gli fece pensare a quello di suo padre quando passeggiava per casa in pantofole. Si alza a sedere sul letto, impaurito, e osserva con gli occhi sbarrati il ballatoio dal quale veniva lo strascico dei passi. Ed ecco al di là della finestra passar l’ombra di suo padre: proprio lui, il suo vestito, la sua statura, il suo modo di camminare. Andò oltre e poi ripassò dinanzi alla finestra ritornando indietro.
Poi l’ombra si ferma dinanzi all’invetriata, e dopo qualche momento, benché quella rimanesse chiusa, entra nella stanza e si mette a passeggiare su e giù ai piedi del letto.
In preda all’ansia, quell’uomo trova il coraggio di domandare:
“Papà, avete bisogno di qualche cosa da me?”.
Nessuna risposta; l’ombra continua a passeggiare. Dopo qualche istante il figlio riprende:
“Papà avete bisogno di preghiere? Ditemelo!”.
Il padre si ferma, si volge al figlio e con voce fioca risponde:
“Io non ho bisogno di nulla”.
“Ma dunque, perché siete venuto?”.
“Sono venuto per dirti che è tempo di finirla con gli scandali che dai ai tuoi figli, quelle anime semplici che tu avresti dovuto conservare innocenti. Quei poveretti imparano da te la bestemmia, l’irreligione, il disprezzo della Chiesa e dei suoi ministri, la condotta scostumata. Sono venuto per dirti che Dio è disgustato e tanto offeso, e che se tu non ti emendi saprai fra poco quanto pesino i suoi castighi. No, non pregare per me; a suo tempo, come dici tu, uscirò dal Purgatorio. Pensa ai casi tuoi!”.
“Papà…”. L’ombra, che stava per andarsene verso la finestra, si volse e disse: “ Cambia vita!”. E disparve. Al mattino seguente la madre condusse il figlio da don Bosco. L’uomo si confessò e pianse per i suoi peccati.  

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Nell’agosto del 1860, san Giovanni Bosco, mentre tornava all’Oratorio, vide a Torino, nelle vicinanze del santuario della Consolata, la sua mamma defunta Margherita.

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La venerabile Margherita Occhiena. (Mamma Margherita) – Wikipedia, pubblico dominio

“ Ma come! Voi siete qui?”, le chiese, “ Non siete morta?”.
“ Sono morta, ma vivo” gli rispose la defunta.
“ E sei felice?”
“ Felicissima!” Don Bosco le chiese se dopo morta fosse entrata subito in Paradiso, ma ella gli rispose di no.
Avendole poi chiesto quanto godesse in Paradiso, la mamma gli rispose di non poter darglielo ad intendere per mezzo delle sole parole. 

 

Stralcio testo tratto da uno scritto di don Marcello Stanzione originariamente pubblicato in: pontifex.roma.it e ripreso nella pagina dentrosalerno.it sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

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