La storia della “Sacra Krimisa” tra mito, leggenda e realtà, ricostruita attraverso l’archeologia, narrata con linguaggio chiaro e scorrevole (risultato di profonda conoscenza e di rara compe­tenza), illustrata da mano esperta, da artista ricco di passione e di amore, é la breve guida alle scoperte archeologiche effettuate nel territorio di Cirò e Cirò Marina, che l’Amministrazione Comunale e la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria desiderano dare in dono alle scolaresche e a chiunque abbia voglia di conoscere l’origine della propria cultura e scoprire la propria identità. 

Localizzazione Cirò Marina tramite Wikimedia Maps

IL MITO

La storia è costellata di mille leggende e miti che sono serviti, da sempre, a rendere eroiche le azioni degli uomini che quelle storie hanno vissuto, trasformandoli in esseri semidivini, in eroi. Soprattutto nel mondo antico gli uomini sentirono la necessità di nobilitare le loro origini ed imprese avvolgendole in un alone di mistero e di favola.
Ma gli studiosi oggi sanno che questi miti non sono racconti totalmente fantastici, sono spesso, infatti, narrazioni di avvenimenti realmente accaduti ai quali gli storici antichi hanno voluto aggiungere particolari che li hanno resi favolosi, per dare più forza, più importanza e nobiltà agli episodi più remoti della loro civiltà.
Nella storia greca un’impresa da molti considerata epica fu la colonizzazione dell’Italia Meridionale e della Sicilia; così, coloro che furono preposti alla fondazione delle nuove colonie, nella sto­ria tramandata ai posteri, non furono comuni mortali ma eroi, sem­pre protetti da una divinità che parlava loro attraverso un oracolo.
Non si sottrae a questo fenomeno il fondatore (ecista) di Krimisa, Filottete. 
Questo eroe che era nato a Meliboia (letteralmente la città in cui si ha cura dei buoi), in Tessaglia, era figlio di Peante e Demonassa.

Jean Germain Drouais – Filottete sull’isola di Lemnos – Musée des Beaux-Arts de Chartres – Wikipedia, pubblico dominio

Vuole il mito che Filottete fosse legato alla morte di Eracle.

Eracle, l’eroe delle dodici fatiche, forte ed invincibile, morì a causa di un inganno, indossando una tunica intrisa del sangue del centauro Nesso, suo acerrimo nemico, sangue a cui era stato mescolato un potente veleno che, a contatto con la pelle, la corrodeva, provocando dolori terribili e giungendo a scoprire le ossa.
Straziato da dolori lancinanti e sentendo ormai vicina la morte, Eracle si fece portare sul monte Età, nella Trachinia, dove fu in­nalzata una catasta di legno di quercia ed oleandro su cui l’eroe si distese per essere bruciato, secondo le usanze del tempo.
Ma nessuno dei suoi compagni ebbe il cuore di dare fuoco alla pira, finché non passò di lì per caso un pastore, Peante, che ordinò al proprio figlio, Filottete, di fare ciò che Eracle chiedeva. In segno di gratitudine l’eroe donò a Filottete l’arco e le frecce, che fecero di lui un famoso arciere.
Filottete partecipò alla spedizione dei Greci contro Troia, come condottiero di Magneti e Idioti.
Ma, ancora prima di sbarcare nella Troade, Filottete fu morso al piede da un serpente d’acqua e la ferita divenne così infetta e puzzolente e le sue grida così possenti che i compagni decisero di abbandonarlo sull’isola di Lemno, con l’arco e le frecce, e lì sopravvisse cacciando. La guerra contro Troia si protrasse, con alterne vicende, per dieci anni. Dopo la morte del greco Achille per mano del troiano Paride (colui che con il rapimento di Elena, sposa del greco Menelao, aveva fatto scoppiare la guerra), che lo colpì con una freccia nell’unico punto vulnerabile, il tallone destro, i Greci cominciarono a disperare.
Calcante, l’indovino del campo greco, profetizzò che Troia non sarebbe caduta senza l’aiuto dell’arco e delle frecce di Eracle.
Perciò i greci Ulisse e Diomede ebbero l’ordine di salpare alla volta di Lemno e di chiederle a Filottete. Dopo un tentativo di sottrarre le armi con l’inganno, i due condottieri, aiutati dall’in­tervento di Eracle, ormai asceso tra gli dei dell’Olimpo, che pro­mise a Filottete guarigione e gloria, convinsero il tessalo a tornare con loro a Troia. Giunto all’accampamento greco egli si bagnò il piede malato nell’acqua corrente e dormì nel tempio di Apollo.
Durante il sonno, Macaone il chirurgo tagliò la carne putrida dalla ferita, vi versò del vino e vi applicò un impacco di erbe salu­tari e pietra serpentina. Una volta guarito, Filottete sfidò Paride a duello con l’arco e lo ferì mortalmente, vendicando così la morte di Achille.
Conclusasi la guerra, che sappiamo vittoriosa per i Greci grazie allo stratagemma del cavallo di legno, escogitato da Ulisse, Filottete tornò in patria, ma, a causa di una rivolta ivi scoppiata, finì in Italia, a Makalla nella Crotoniatide, nei pressi della quale egli fondò e consacrò un tempio ad Apollo Alaìos, a ricordo della conclusione delle sue ale, cioè del suo vagabondare.
Legata a questo tempio era Krìmisa, che Filottete fondò insieme alla soprastante Chone, da cui la popolazione locale (Chones) avrebbe tratto il nome.
A Filottete, Strabone, geografo del I sec. a. C, attribuiva anche la fondazione di Petelìa, metropoli dei Lucani, ma si tratta di una tradizione più recente e poco attendibile.

Vincenzo Baldacci – Filottete morente – Pinacoteca Comunale di Cesena – Wikipedia, pubblico dominio

Ultimo avvenimento della storia di Filottete fu l’aiuto a strateghi Rodii giunti nella Sibaritide. Combattendo con loro contro barbari, che Licofrone definisce
Ausoni e Pelleni, il nostro eroe fu ucciso e la sua tomba fu collocata a Makalla, entro un grande recinto dove era venerato dalle popolazioni locali come un dio, con libagioni e sacrifici bovini.
Con la fondazione di Thurìi l’arco e le frecce ricevute da Eracle sarebbero state portate nel santuario di Apollo di quella città. Krimìsa, dunque, è nel mito legata alla figura di Filottete il quale, a sua volta, è collegato sia alla figura di Apollo che a quella di Eracle, grazie alla sua attività di arciere, ma anche per le sue origini di pastore e cacciatore.
Eracle inoltre è accomunato a lui quale mitico fondatore del tempio di Era Lacinia a Capo Colonna.

Infatti la leggenda vuole che Eracle, nella decima fatica, rubate le mandrie a Gerione, giunse nel territorio crotoniate, ospite di Kroton. Qui egli fu vittima di un tentativo di furto da parte di Lakinios, suocero di Kroton. Eracle per questo affronto uccise Lakinios, ma, per errore, anche Kroton che, invece, stava accorrendo in suo aiuto. Per espiare tale colpa egli seppellì splendidamente l’amico, predicendo la fondazione di una grande Crotone (Kroton megas) e subito dopo fondò il santuario di Era.

Il santuario di Apollo Aleo a Nord e quello di Era Lacinia a Sud, collegati da miti di fondazione, delimitano anche geograficamente uno spazio estremamente articolato ed in cui prevalente era la dominazione dell’achea Crotone, dopo la vittoria di quest’ultima su Sibari, nel 510 a. C.
Pur tra loro diversi, i due luoghi hanno vari elementi comuni e primo fra tutti il mare, già allora solcato in tutte le direzioni e che garantiva contatti continui sia con la madrepatria, che con gli altri paesi che si affacciavano sul Mediterraneo…

.

post a cura di Sissy

Stralcio testo tratto dalla pagina: archeologiapetilina.it sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…