
D’Annunzio nel 1890 –Wikipedia, pubblico dominio
Gabriele D’Annunzio è stato uno scrittore, militare e politico italiano, simbolo del Decadentismo ed eroe di guerra.
Occupò una posizione preminente nella letteratura italiana dal 1889 al 1910 circa e nella vita politica dal 1914 al 1924.
Sia in letteratura che in politica lasciò il segno ed ebbe un influsso (più o meno diretto) sugli eventi che gli sarebbero succeduti.
Fu mentore di una epoca e definito il VATE, una guida sia politica che culturale che tanto operò per dare dignità al Paese, con imprese che parevano impossibili, in quell’epoca tormentata, esempio di italianità, genio ammirato per la sua estroversabilità politica e culturale.
Il suo modello di vita fu invidiato; si avvicinò al fascismo pur senza approvarlo appieno, tanto da destare in più di una occasione le ire di Mussolini e del suo alleato germanico, che pare ne ordinò l’assassinio.
Nato a Pescara nel 1863, compose il suo primo libro di versi “Primo Vere” a soli 16 anni.
Non finì gli studi e si dedicò al giornalismo ed alla composizione di opere di varia natura e valore. Fu uno degli interpreti più abili delle correnti di pensiero e delle mode letterarie europee, tra le quali l’esasperato sensualismo, l’estetismo raffinato e paganeggiante (“Il Piacere”, 1889), la tendenza ad ignorare la realtà sociale a favore di un mondo spirituale elevato ed esclusivo.

Eleonora Duse – Wikipedia, pubblico dominio
Riuscì quindi a proporsi con successo sia nel mondo letterario che in quello mondano, mettendo in atto quell’estetismo (non privo di scandali e polemiche) che il Decadentismo europeo aveva da poco concepito.
Terminata la I Guerra Mondiale (durante la quale aveva preso parte ad imprese eclatanti quali la beffa di Buccari ed il volo su Vienna), il suo gusto per i grandi gesti lo portò ad occupare Fiume insieme con un gruppo di volontari.
La sua attività politica, quella mondana (tra cui spicca la relazione con Eleonora Duse), come quella letteraria, fecero di D’Annunzio una sorta di “maestro di costume”, un atteggiamento che avrebbe spinto molti a confondere l’eroismo con la violenza e la prevaricazione.
Morì nel 1938 nella sua villa di Gardone Riviera, sul lago di Garda
.
testo appunti tratto dalla ampia ed interessante pagina pubblicata su umsoi.org e che vi consiglio caldamente di leggere
Stralcio di alcune tra le più belle poesie di D’annunzio
tratte da poesieracconti.it ove potete trovare tante altre poesie del Vate e sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…
O falce di luna calante
O falce di luna calante Aneliti brevi di foglie, Oppresso d’amor, di piacere, |
A Gorgo
Gorgo, più nuda sei nel lin seguace. Ombra non è su le tue membra caste: Danzami la tua molle danza ionia L’Ellade sta fra Luni e Populonia! |
Rimani
Rimani! Riposati accanto a me. Io ti veglierò. Io ti proteggerò. Ti pentirai di tutto fuorchè d’essere venuto a me, liberamente, fieramente. non ho nel sangue nessun desiderio che non sia per te. Lo sai. Non vedo nella mia vita altro compagno, non vedo altra gioia Rimani. Dormi stanotte sul mio cuore… |
I pastori
Settembre, andiamo. È tempo di migrare. Han bevuto profondamente ai fonti E vanno pel tratturo antico al piano, Ora lungh’esso il litoral cammina Ah perché non son io co’ miei pastori? |
Carnevale vecchio e pazzo Carnevale vecchio e pazzo |
La sabbia del tempo
Come scorrea la calda sabbia lieve E un’ansia repentina il cor m’assalse Alla sabbia del Tempo urna la mano |
La pioggia nel pineto
Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t’illuse, che oggi m’illude,
o Ermione.
Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitio che dura
e varia nell’aria secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
né il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancora, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nello spirito
silvestre,
d’arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.
Ascolta, Ascolta. L’accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall’umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s’allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s’ode voce dal mare
or s’ode
su tutta la fronda
crosciare
l’argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell’aria
è muta: ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell’ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.
Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l’erbe,
i denti negli alveoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
( e il verde vigor rude
ci allaccia i melleoli
c’intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m’illuse, che oggi t’illude,
o Ermione.
,
.