Romani 14 10, 13.
«Perché giudichi il tuo fratello? E anche tu, perché disprezzi il tuo fratello? Cessiamo dunque di giudicarci gli uni gli altri;».

Matteo 7, 1-3.
«Non giudicate, per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati. Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio?».

Giacomo 4, 12.
«Ora, uno solo è legislatore e giudice, Colui che può salvare e rovinare; ma chi sei tu che ti fai giudice del tuo prossimo?».

Romani 2, 1.
«Sei dunque inescusabile, chiunque tu sia, o uomo che giudichi; perché mentre giudichi gli altri, condanni te stesso; infatti, tu che giudichi, fai le medesime cose».

Luca 6, 37.
«Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati».

Efesini 4, 29.
«Nessuna parola cattiva esca più dalla vostra bocca; ma piuttosto, parole buone che possano servire per la necessaria edificazione, giovando a quelli che ascoltano».

Romani 13, 8.
«Non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole; perché chi ama il suo simile ha adempiuto la legge».

 

Giotto – Scena del giudizio universale – Cappella Scrovegni, Padova – Wikipedia, pubblico dominio


RIFLESSIONE

Anzitutto, dobbiamo vedere nei passivi di questi brani, il nome nascosto di Dio: “non giudicate per non essere giudicati”, vuol dire: non giudicate perché Dio non giudichi voi, perché col giudizio con cui giudicate, Dio vi giudicherà, e con la misura con la quale misurate, Dio vi misurerà.
Ciascuno di noi, prima o poi, dovrà fare i conti con Dio, e non saranno conti molto gradevoli perché non riusciremo a presentarci con grandi meriti: un certo passivo, di fronte a Dio, lo dovremo sempre registrare. Però, c’è un modo fondamentalmente facile per evitare di essere giudicati e condannati: non condannare gli altri. Il Signore userà con noi la misura che noi useremo con gli altri: e potrebbe addirittura sembrare una formula troppo facile, per evitare la condanna.
Il “non giudicare” però, non ci è sempre facile, perché in noi c’è come l’istinto di sentirci migliori, più bravi: il che ci porta ad abbassare o sminuire gli altri. Razionalmente, è un modo sciocco di fare; infatti, se sei piccolo, cresci, migliora, non abbassare gli altri.
Allora, quello che dice il Signore: «Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?» diventa comprensibile. Quando guardo la pagliuzza nell’occhio di mio fratello, non vedo la trave che è nel mio; così, se vedo i difetti degli altri, riesco a dimenticare e a nascondere un po’ i miei.
Ne esce un meccanismo strano e grave, dal punto di vista spirituale: se uno è troppo occupato a guardare i difetti altrui, non vede i propri, e non migliora più, così i suoi difetti diventano cronici. Quindi, non preoccuparti troppo dei difetti degli altri, correresti un rischio molto grande per la tua vita spirituale. La vita spirituale autentica è quella in cui riconosci la trave nel tuo occhio e cerchi di toglierla, con un lavoro di crescita e maturazione di te stesso.

Anche san Paolo ricorda questo problema, rivolgendosi direttamente ai Giudei, e a tutti quelli che hanno un codice morale di vita, che però non cercano di migliorare, bensì si fanno forti per vedere i difetti altrui e per criticare: «Sei dunque inescusabile, chiunque tu sia, o uomo che giudichi; perché mentre giudichi gli altri, condanni te stesso; infatti, tu che giudichi, fai le medesime cose. Eppure noi sappiamo che il giudizio di Dio è secondo verità contro quelli che commettono tali cose; pensi forse, o uomo che giudichi quelli che commettono tali azioni e intanto le fai tu stesso, di sfuggire al giudizio di Dio? O ti prendi gioco della ricchezza della sua bontà, della sua tolleranza e della sua pazienza, senza riconoscere che la bontà di Dio ti spinge alla conversione?» (Rm 2, 1-4).

Perché critichi così facilmente? Quando critichiamo i difetti degli altri, ci mettiamo al posto di Dio che giudica, così ci sembra di essere al sicuro. Ma, dice Paolo, è un inganno, è un’illusione: non puoi sentirti a posto perché giudichi in nome di Dio i peccati degli altri, che fai anche tu. Allora, preoccupati di convertirti, e non di giudicare, altrimenti non riconoscerai che la bontà di Dio ti spinge alla conversione, e ha pazienza con te non perché sei santo, ma perché tu ti converta.
Il giudizio degli altri, dunque, secondo il Nuovo Testamento, è pericoloso perché ci toglie il bisogno di convertirci; infatti, l’attenzione dell’uomo è limitata, vede solo una cosa per volta, e, se guarda i difetti altrui, non vede i propri.

 

Stralcio testo riflessione tratto dalla pagina: cistercensi.info sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

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