Bastet (antichità egizie dal Museo del Louvre) Wikipedia – Foto di Guillaume Blanchard, opera propria rilasciata con licenza CC BY-SA 1.0

Nell’Antico Egitto i gatti domestici erano adorati e raffigurati in dipinti, sculture e incisioni.

Gli Antichi Egizi tenevano in grande considerazione questo animale, tanto che lo scelsero per rappresentare Bastet, un’antica divinità della mitologia egizia, di norma raffigurata con corpo di donna e testa di gatto.
Anche Sekhmet, sorella di Bastet è raffigurata con parti anatomiche di gatto.
Il gatto condivideva con Bastet la fertilità e la chiaroveggenza, mentre con Sekhmet la preveggenza. Sekhmet, che rappresentava la giustizia e la potenza in guerra, veniva interrogata dai sacerdoti per conoscere i piani del nemico e quindi aiutare i soldati in battaglia.

I gatti erano considerati animali sacri al punto che, se accidentalmente ne veniva ucciso uno, lo sfortunato responsabile doveva essere punito con la morte.

In caso di incendio o qualsiasi emergenza che richiedeva l’evacuazione di un’abitazione, il gatto doveva essere salvato prima di ogni altro membro della famiglia e degli oggetti che si trovavano nella casa. Quando un gatto moriva, per le persone a esso legate cominciava un lungo periodo di lutto, caratterizzato dalla rasatura delle sopracciglia e dalla percussione di gong funebri per esprimere il dolore.

Gli Egizi credevano che anche per il gatto esistesse l’aldilà e perciò anch’essi venivano mummificati e, quindi, sepolti, con tanto di funerale.
In una tomba del 1700 a.C. circa, furono trovati diciassette scheletri di gatto, ognuno dei quali era stato provvisto di una ciotola per il latte che ne assicurava la sopravvivenza nell’aldilà, insieme a topi e piccoli animali mummificati. 
Nell’antica città di Beni Assan in un solo cimitero furono rinvenute più di trecentomila piccole mummie.

Stralcio testo tratto dalla pagina: latoletta.it sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

Statuetta di Bastet in bronzo e argento, risalente al periodo tolemaico o romano dell’Egitto. Walters Art Museum, Baltimora. (Wikipedia – Pubblico dominio)

Per gli Egizi molti animali avevano profonde valenze religiose. Il gatto era associato, tra l’altro, al culto di Iside, la dea che aveva il proprio regno nella notte. La notte è il tempo del riposo, della vita animale che si sveglia e agisce di nascosto, dei boschi che vivono di mille movimenti furtivi e silenziosi. Di notte gli uomini sognano e i boschi respirano, le donne raccontano storie ai loro bambini per farli addormentare, la luna sorge e le stelle brillano rendendo il cielo denso di magiche luci.
E’ un mondo misterioso e segreto, legato al femminile e alle divinità madri. E’ il mondo di Iside, come lo sarà poi di Artemide, Diana cacciatrice, per i Greci e i Romani: miti talmente simili da confluire l’uno nell’altro, perché in fondo si tratta di storie senza tempo.

Il gatto, e soprattutto quello nero, è l’animale più adatto ad affiancare la dea della notte. Nero, silenzioso e furtivo si muove nell’oscurità, caccia abilmente, ha occhi che brillano e, come la dea notturna, veglia mentre altri dormono. E’ sacro, ed è il prediletto di un culto che è sempre più diffuso soprattutto nelle zone rurali, dove le leggi della natura, l’alternanza di veglia e sonno e il ciclo delle stagioni hanno tanta importanza per la vita dell’uomo.

Con l’avvento del cristianesimo, però, qualcosa cambia. I culti pagani devono essere cancellati e se non è possibile estirparli vanno assimilati. Molti antichi dei divengono demoni, creature maligne da combattere, Iside per prima. E il gatto nero suo alleato segue lo stesso destino, non più sacro ma diabolico, maligno, pericoloso. E menagramo! Altrove si ritiene invece che fare del bene a un gatto nero serva a impedire che il demone in lui possa offendersi e a propiziarselo: in questo caso porta fortuna. Nasce così nei paesi anglosassoni l’immagine positiva del gatto nero.

Nel medioevo i gatti neri (tutti i gatti in realtà, ma quello nero ancor di più, viste le sue pericolose “alleanze”) venivano bruciati assieme alle streghe.

Secondo il mito, però, basta che il micio abbia anche solo pochi peli bianchi per non essere considerato davvero diabolico, insomma per salvarsi.

Stralcio testo tratto dalla pagina: destinazioneignota.forumfree sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

John Reinhard Weguelin – Le esequie di un gatto egiziano (1886), Auckland Art Gallery, Auckland – Wikipedia, pubblico dominio

Una scoperta straordinaria: il tempio della dea Bastet

Ogni anno milioni di persone affollavano il tempio di Bastet nella città di Bubasti, ma è notizia di qualche giorno fa la scoperta di un nuovo tempio dedicato alla dea, situato nei pressi di Alessandria d’Egitto. A scoprirlo è stata una squadra di archeologi egiziani guidata dal responsabile per le antichità nel nord del Paese Mohammed Abdel Maqsoud. 

Il tempio di Bastet era della regina Berenice, sposa del re Tolomeo III che ha governato l’Egitto dal 246 al 222 a.C. Le rovine scoperte dalla missione occupano una superficie di 60 metri per 15. Il tempio è stato soggetto nelle epoche successive a varie distruzioni e, come ha precisato in un comunicato il responsabile per le antichità in Egitto Zahi Hawas, è stato addirittura trasformato in una cava per il recupero di materiali, con la scomparsa di molti blocchi di pietra. Per fortuna comunque nel sito di Kom Al Dikka sono state salvate circa seicento statue di epoca tolemaica, molte delle quali raffiguranti Bastet.

Si tratta del primo tempio dedicato a questa dea scoperto ad Alessandria, e questo dimostra – ha osservato Abdel Maqsoud, che “il culto di questa divinità è proseguito in Egitto anche dopo l’epoca egiziana antica”.

Stralcio testo tratto dalla pagina: petpassion.tv/blog sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

 

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