Antoine Borel – Teti immerge il figlio Achille nelle acque del fiume Stige – Wikipedia, pubblico dominio

Il valoroso Achille, eroe greco invincibile se non fosse per quel suo unico punto debole, il tallone, guida un esercito di guerrieri leggendari, i Mirmidoni.
Inquadrati come un corpo che obbedisce ciecamente agli ordini del capo, potrebbero quasi richiamare, visti con occhi moderni, un esercito di robot. Tanto è vero che fino a qualche secolo fa, “mirmidone” aveva un po’ il significato che oggi diamo alla parola “automa”.
In realtà quel nome, Mirmidoni, li identifica con le formiche (dal greco μύρμηξ), inarrestabili insetti che non si fermano mai, nemmeno davanti alla morte.
Quei feroci guerrieri guidati da Achille sono forse i più valorosi a combattere nella guerra di Troia, almeno per come ne parla Omero nell’Iliade. La loro storia però è, come sempre quando si parla di antica Grecia, legata a miti diversi tra loro.

Ferdinand Bol – Egina attende l’arrivo di Zeus – Meininger Museen – Wikipedia, pubblico dominio

Tanto per cambiare, tutto comincia con Zeus che si invaghisce per l’ennesima volta di una ninfa, Aegina. La rapisce, forse prendendo l’aspetto di un’aquila o forse di una grande fiamma, e la porta sull’isola di Oenone, che in seguito prenderà il nome proprio da lei (Egina).
Come sempre accade quando si tratta di Zeus (quale popolo d’altronde non vorrebbe vantare origini divine?), anche da quel rapporto nasce un figlio, Eaco, che diventa re dell’isola.

Anche in questo caso come in molti altri, la legittima sposa di Zeus, la gelosissima Era, escogita una tremenda vendetta:
Prima avvelena tutte le fonti d’acqua e poi scatena i  venti più torridi sull’isola.
I disgraziati abitanti, con quel terribile caldo, non fanno altro che bere e così muoiono tutti. Eaco è disperato, non ha più sudditi su cui regnare, così prega il padre Zeus che, impietosito, fa cadere una provvidenziale pioggia sull’isola. La fresca acqua arrivata dal cielo prende il posto di quella avvelenata da Era, mentre Eaco, in sogno, vede delle formiche che si arrampicano su una quercia sacra trasformarsi in uomini.
E difatti, quando si sveglia, trova tante persone sull’isola, tutte pronte a riconoscerlo come loro sovrano. Lui chiama quel suo nuovo popolo Mirmidoni, per ricordare la loro origine, così come l’aveva vista in sogno.

Mirmidoni: la gente delle formiche per il re Eaco. – Incisione di Virgil Solis per le Metamorfosi di Ovidio Libro VII, 622-642 – Wikipedia, pubblico dominio

Eaco poi mette al mondo Peleo, che uccide il fratellastro Foco ed è costretto a scappare in Tessaglia, con un certo numero di mirmidoni al seguito. Il figlio di Peleo, Achille, sarà poi l’eroe che renderà leggendario il suo esercito di obbedienti formiche, che indossano, guarda caso, armature nere.

C’è un’altra versione del mito, che nasce sempre dalle incontenibili infedeltà di Zeus. Il re degli dei seduce la mortale Eurimedusa, prendendo l’aspetto di una formica. Il frutto di questa unione è Myrmidon – chiamato così proprio per la forma assunta da Zeus nel concepirlo – che poi diventa re della Tessaglia, dove a un certo punto arriva Peleo. Il cerchio si chiude quindi con la nascita di Achille, il guerriero più valoroso di tutta la Grecia, l’eroe che conduce i suoi inarrestabili guerrieri a Troia.

Come accade nella maggioranza dei miti, anche la leggendaria ripopolazione di Egina può trovare la sua origine in qualche lontano evento.
L’isola risulta abitata fin dal neolitico, da popolazioni forse giunte dall’Anatolia. Nel corso della fiorente età del bronzo Egina, per la sua strategica posizione tra l’Attica e il Peloponneso, è un importante punto di riferimento per i traffici commerciali durante la civiltà minoica prima, e quella micenea dopo. La ricchezza dell’isola è testimoniata dal Tesoro di Aegina, formato da preziosi gioielli minoici in oro (oggi al British Museum) risalenti ad un periodo compreso tra il 1800 e il 1500 a.C.

Orecchino d’oro, facente parte del tesoro di Egina – Wikipedia – Foto di Einsamer Schütze, opera propria rilasciata con licenza CC BY-SA 3.0

Nella tarda età del bronzo i sopravvenuti micenei dedicano, sul più alto rilievo dell’isola, un luogo di culto al dio Sole, poi sostituito con quello di Zeus Hellanios.

Con il crollo della civiltà del bronzo l’isola probabilmente viene quasi completamente abbandonata, per poi essere ripopolata da coloni provenienti dalla città di Epidauro, anche se in qualche modo la cultura micenea rimane viva ancora per molto tempo dopo l’arrivo dei dori (1200 a.C. circa).

Anche in epoca classica Egina è fiorente, addirittura al centro dei traffici marittimi verso paesi lontani come Spagna, Egitto e Persia. Un predominio che Atene tollera poco, tanto che la città entra in conflitto con la popolazione dell’isola, ufficialmente a motivo di due statue portate sull’isola da Epidauro (e per una complicata questione di offerte alle divinità fatte nel modo sbagliato, come dire che ogni pretesto è buono per fare la guerra), ma in realtà perché invidiosa del suo dominio marittimo, in particolare del monopolio sul grano proveniente dal Ponto.

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Stralcio testo tratto da un articolo di Annalisa Lo Monaco pubblicato nella pagina di vanillamagazine.it sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

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