Luca 2, 6-7

[6] Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. [7] Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo.


Matteo 13, 53-58

[53] Terminate queste parabole, Gesù partì di là [54] e venuto nella sua patria insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: “Da dove mai viene a costui questa sapienza e questi miracoli? [55] Non è egli forse il figlio del carpentiere? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? [56] E le sue sorelle non sono tutte fra noi? Da dove gli vengono dunque tutte queste cose?”. [57] E si scandalizzavano per causa sua. Ma Gesù disse loro: “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua”. [58] E non fece molti miracoli a causa della loro incredulità.

 
Marco 3, 31-35

[31] Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, lo mandarono a chiamare. [32] Tutto attorno era seduta la folla e gli dissero: “Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano”. [33] Ma egli rispose loro: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?”. [34] Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: “Ecco mia madre e i miei fratelli! [35] Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre”.


Marco 6, 3-4

[3] Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?”. E si scandalizzavano di lui. [4] Ma Gesù disse loro: “Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua”.

 

Masaccio – Pagamento del tributo – Cristo tra gli apostoli, dettaglio – Cappella dei Brancacci, Firenze – Wikipedia, pubblico dominio

 

 

RIFLESSIONI:

Gesù e i suoi “fratelli”
di Gianfranco Ravasi
(da Avvenire, Agora’, 24 novembre 2002)

Tutti i giornali hanno dato notizia di un articolo apparso sul numero di ottobre-novembre 2002 della Biblical Archaeology Review in cui un noto studioso francese, André Lemaire, informava sulla scoperta dell’iscrizione aramaica: “Giacomo, figlio di Giuseppe, fratello di Gesù”, incisa sul lato di un’urna funeraria databile al I sec. d.C. e appartenente a una collezione privata. 
In attesa di una documentazione più ampia e specifica (la rivista in questione, anche se settoriale, è divulgativa), l’attenzione s’è spostata sull’antica questione dei “fratelli” di Gesù. 
Ricostruiamo gli antefatti storici della questione, partendo da un paio di passi marciani. Gesù passa dal suo villaggio, Nazaret. E’ sabato e va da buon ebreo in sinagoga ove tiene un discorso che impressiona tutti. Scattano subito le reazioni tipiche di un piccolo paese e lo stupore si trasforma in ironia e sospetto: “Da dove gli vengono queste doti? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui con noi?” (Mc 6, 2-3). 
Fin dalle origini cristiane ci si è interrogati proprio sull’identità di questi “fratelli e sorelle” rispetto ai quali Gesù sembra prendere le distanze anche in un’altra occasione. Un giorno, infatti, gli comunicano: “Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano!” 
E Gesù: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?” Poi, dopo aver girato lo sguardo sugli uditori, continua: “Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi fa la volontà di Dio, costui è per me fratello, sorella e madre” (Mc 3, 31-35). 

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Anche lo storico giudaico Giuseppe Flavio (I sec.) nella sua opera Antichità giudaiche (XX, 200) parla di Giacomo, responsabile della Chiesa di Gerusalemme, come di un “fratello di Gesù detto il Cristo”. 
Una prima e antica identificazione di questi “fratelli” appare in uno scritto apocrifo (cioè non accolto nel Canone delle Sacre Scritture) composto nel II secolo, il cosiddetto Protovangelo di Giacomo. In esso Giuseppe, al momento del matrimonio con Maria, confessa: “Ho figli e sono vecchio, mentre lei è una ragazza!” (9,2). I “fratelli” di Gesù sarebbero per quest’opera “fratellastri”, nati da un precedente matrimonio di Giuseppe. 
Sempre nel II secolo un autore cristiano di origine palestinese, un certo Egesippo, nelle sue Memorie parla di “parenti” di Gesù che furono processati dai Romani sotto l’imperatore Domiziano, quindi sul finire del I secolo. 
Questa tesi fu accolta anche dal famoso traduttore latino della Bibbia, san Girolamo, che nei “fratelli” e nelle “sorelle” di Gesù vide in pratica i cugini, cioè gli appartenenti al clan familiare di Maria. Egli sostenne questa tesi nell’opera De perpetua virginitate polemizzando aspramente contro un tale Elvidio, suo contemporaneo (IV secolo), che affermava trattarsi invece di figli avuti da Maria e Giuseppe successivamente rispetto a Gesù, tesi sostenuta anche da alcuni esegeti moderni. 
Uno degli argomenti addotti era la frase del Vangelo di Luca in cui si dice che Maria “diede alla luce il suo primogenito”, Gesù (2, 7). E’, però, da notare che il termine “primogenito” ha di per sé valore giuridico e sottolinea i diritti biblici connessi alla primogenitura. Curiosamente in un documento aramaico del I secolo si parla di una madre (di nome Maria essa pure) che morì dando alla luce “il suo figlio primogenito”.

L’esegesi storico-critica moderna ha fatto notare poi che nell’aramaico o nell’ebraico il termine “fratello” (‘aha’ e ‘ah’ ) indica sia il fratello, sia il cugino, sia il nipote, sia l’alleato: nella Genesi Abramo chiama il nipote Lot “fratello” (13, 8), come fa Labano col nipote Giacobbe (29, 15). 
Inoltre l’espressione “fratelli del Signore” nel Nuovo Testamento (Atti 1, 14; 1Corinzi 9, 5) designa un gruppo ben definito, quello dei cristiani di origine giudaica legati al clan nazaretano di Cristo. Essi costituirono una specie di comunità a sé stante, dotata di una sua autorevolezza al punto tale da poter proporre un proprio candidato come primo “vescovo” di Gerusalemme, Giacomo (Atti 15, 13; 21, 18). 
Nel brano sopra citato (Marco 3, 31-35) Gesù sembra ridimensionare i loro privilegi e ridurli all’orizzonte più generale e più significativo della fedeltà alla volontà del Signore. Per altro essi non sono mai chiamati, come Gesù “figli di Maria”. 
A questo punto, però, entra in scena la nostra iscrizione ove si avrebbe “figlio di Giuseppe” e quindi si inviterebbe a considerare Giacomo come fratello carnale di Gesù, magari come figlio avuto da Maria dopo aver generato Gesù. 
Prescindendo dal discorso teologico sulla verginità di Maria attestata dalla fede cristiana antica, e rimanendo nell’ambito puramente storico-critico, bisogna essere in realtà molto cauti. 
Lo stesso Lemaire riconosce che “tenendo conto del numero di abitanti di Gerusalemme (ca. 80.000) e dell’onomastica dell’epoca, vi potevano essere almeno una ventina di Giacomo che avevano un padre chiamato Giuseppe e un fratello denominato Gesù”, trattandosi di nomi comunissimi. 
Supponendo pure che l’espressione “fratello di Gesù” – piuttosto inattesa in un’epigrafe funeraria – sia stata introdotta proprio per rimandare a Cristo, figura nota, non si potrebbe però storicamente escludere né la tesi della paternità solo legale di Giuseppe nei confronti di Gesù, paternità attestata dal Vangelo di Matteo, né la tesi di una precedente prole di Giuseppe, attestata dall’antica tradizione apocrifa.

Stralcio testo tratto dalla pagina: gliscritti.it sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

 

Quattro indagati per il “fratello di Gesù” ed altre contraffazioni

GERUSALEMME – La polizia israeliana ha iscritto nel registro degli indagati quattro collezionisti di antichità, accusandoli di falsificazione di reperti biblici, alcuni così ben realizzati da aver tratto in inganno perfino gli esperti. Alcuni erano stati brevemente celebrati da parte dell’ambiente scientifico come i più significativi reperti cristiani ed ebraici mai trovati nella storia.

Gli investigatori della polizia e dell’Autorità per le Antichità Israeliane hanno concentrato la loro attenzione su sette principali falsificazioni, incluso un ossario di calcare, recante un’iscrizione che dice contenesse i resti del fratello di Gesù, Giacomo. L’Autorità per le Antichità aveva dichiarato l’ossario falso già lo scorso anno.

L’ossario di Giacomo – Esposto al Royal Ontario Museum dal 15 novembre 2002 al 5 gennaio 2003. – Wikipedia, pubblico dominio

Le autorità hanno anche descritto come contraffatta una piccola melagrana d’avorio ed una tavoletta conosciuta come la pietra di Yoash, entrambe recanti iscrizioni relative al Primo Tempio di Gerusalemme. Le tavolette erano state salutate da alcuni come la prima prova archeologica dell’esistenza del Tempio.

“Questa è solo la punta dell’iceberg” ha dichiarato Shuka Dorfman, capo delle Autorità per le Antichità, ad una conferenza stampa. “Il fenomeno è diffuso ovunque nel mondo, ed è un mercato da milioni di dollari ogni anni.”

Le accuse sostengono che Oded Golan, uno dei maggiori collezionisti e mercanti d’arte antica israeliano, fosse l’anello centrale di una catena di falsificatori, che avrebbe operato per almeno due decenni, e sembra comprendesse almeno altre tre persone: Robert Deutsch, Shlomo Cohen e Faiz al-Amaleh. Jonathan Pagis, un membro del dipartimento di polizia di Gerusalemme – divisioni frodi, ha dichiarato di aspettarsi che la lista degli indagati si possa allungare nei prossimi giorni.

Golan ha fermamente respinto ogni accusa mossagli, dichiarando: “Non vi è una sola briciola di verità in quanto mi viene contestato”.

Gli indagati avrebbero prodotto le loro contraffazioni usando un unico metodo, molto ben rodato, ha dichiarato l’Autorità Israeliana.

“In primo luogo” spiegano le autorità “i falsificatori ottenevano reperti originali. Per esempio, l’ossario era, in effetti, un reperto antico, di un tipo piuttosto comune nelle cerimonie funebri ebree circa 2,000 anni or sono.

“Quindi venivano accuratamente incisi i segni sul reperto, in modo da collegarlo a persone o luoghi di grande significato” continuano le autorità “aggiungendo una copertura in tutto e per tutto simile alla patina che si sarebbe accumulata naturalmente con il passare del tempo.”

Gli indagati presentavano poi le loro contraffazioni alle autorità competenti per ottenere l’autenticazione. Non è ancora chiaro se anche tra gli esperti vi fossero o meno dei complici, ha dichiarato la polizia.

Poteva accadere che i reperti circolassero sul mercato internazionale, accompagnati da scritti anch’essi falsificati, che intendevano dissipare ogni dubbio sulla loro origine, hanno spiegato le autorità. I reperti venivano così venduti per migliaia di dollari, o talvolta centinaia di migliaia. In alcuni casi, i sospetti chiedevano addirittura milioni, malgrado le autorità non siano a conoscenza di alcun caso in cui abbiano effettivamente ricevuto una somma simile per un solo oggetto.

Le parole sul presunto ossario di Giacomo avevano causato grande sommovimento nei circoli archeologici due anni or sono, con alcuni esperti che davano credito alla sua autenticità, ed altri che invece esprimevano dubbi. L’ossario – che reca le parole aramaiche “Giacomo, figlio di Giuseppe, fratello di Gesù” – ebbe uno straordinario successo di pubblico quando fu esposto al Royal Ontario Museum di Toronto.

A quel tempo, Golan dichiarò di avere acquistato l’ossario alla metà degli anni ’70 nella Città Vecchia di Gerusalemme, ma di non conoscere il nome del venditore, il luogo in cui fu ritrovato l’ossario, né, fino ad un momento successivo, il significato del reperto.

La pietra di Yoash, che deve il suo nome ad un sovrano dell’antico regno ebreo di Giuda, fu citata come la più forte evidenza storica del racconto biblico del Primo Tempio, costruito da Re Salomone nel X secolo a.C., e distrutto dai Babilonesi nel VI secolo a.C. L’iscrizione sulla pietra reca istruzioni in antico ebreo circa il mantenimento del Tempio.

Le autorità israeliane hanno spiegato che Golan, a mezzo di intermediari, si trovava comunque dietro ad entrambe i reperti contraffatti: l’Ossario di Giacomo e la pietra di Yoash.

Gli ufficiali israeliani avevano ricevuto alcune informazioni riservate che mettevano in discussione l’autenticità della pietra di Yoash due anni or sono; avevano così iniziato un’indagine che era andata ampliando progressivamente il suo raggio d’azione. A seguito di queste indagini, l’autorità aveva annunciato nel Giugno del 2003 che l’ossario di Giacomo e l’iscrizione di Yoash erano in realtà delle falsificazioni.

L’apertura di un fascicolo penale nei confronti degli indagati, non ha precedenti nella storia, ed arriva a soli pochi giorni da un’analisi condotta in modo indipendente dal Museo Israeliano, che ha dichiarato non autentica la melagrana d’avorio, che fu acquistata da un collezionista rimasto anonimo nel 1988, mediante un deposito da mezzo milione di dollari presso un istituto di credito svizzero.

La melagrana si riteneva risalente a 3,400 anni or sono, ma la sua iscrizione è stata aggiunta solo recentemente, ha dichiarato il museo. Le accuse della polizia indicano la melagrana come un esempio di falsificazione di alto profilo, alla quale però i quattro indagati sarebbero estranei. 

Le autorità israeliane lavorano in cooperazione con le forze di polizia di altri paesi e con l’Interpol, anche se nessun dettaglio è stato reso noto al riguardo.

Alle domande sui quattro indagati, Mr. Pagis, della divisione frodi, ha dichiarato: “Ci hanno aiutato nelle ricerche, ma non hanno confessato niente.”

Aren Maeir, un lettore anziano di archeologia presso l’Università di Bar-Ilan, ha dichiarato che “a causa dei costi astronomici che i collezionisti sono ormai disposti a pagare, un’imponente industria di falsificazione si è sviluppata negli ultimi 20 anni, e si sta facendo via via più sofisticata.”…

Stralcio testo tratto dalla pagina: antikitera.net sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

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