Empedocle (ca. 450 a.C.), chiamava questi elementi “rizòmata” (“radici”, plurale di “rizoma”) di tutte le cose, immutabili ed eterne. L’unione di tali radici determina la nascita delle cose, e la loro separazione, la morte. Si tratta perciò di apparenti nascite e apparenti morti, dal momento che l’Essere (le radici) non si crea e non si distrugge, ma è soltanto in continua trasformazione.

Empedocle in un’incisione di Thomas Stanley, in The History of Philosophy (1655) – Wikipedia, pubblico dominio

L’aggregazione e la disgregazione delle radici sono determinate dalle due forze cosmiche e divine Amore (Eros) e Discordia (Eris, o Odio), secondo un processo ciclico eterno. In una prima fase, tutti gli elementi e le due forze cosmiche sono riunite in un Tutto omogeneo, nel Cosmo, il regno dove predomina Eros.
Ad un certo punto, sotto l’azione di Eris, inizia una progressiva separazione delle radici. L’azione della Discordia, non è ancora distruttiva, dal momento che le si oppone la forza dell’Amore, in un equilibrio variabile che determina la nascita e la morte delle cose, e con esse quindi il nostro mondo.
Quando poi Eris prende il sopravvento su Eros, e ne annulla l’influenza, si giunge al Caos, dove regna la Discordia e dove è la dissoluzione di tutta la materia.
A tal punto il ciclo continua grazie ad un nuovo intervento dell’Amore che riporta il mondo alla condizione intermedia in cui le due forze cosmiche si trovano in nuovo equilibrio che dà nuovamente vita al mondo. Infine, quando Eros si impone ancora totalmente su Eris si ritorna alla condizione iniziale del Cosmo. Da qui il ciclo ricomincia.

Il processo che porta alla formazione del mondo è quindi una progressiva aggregazione delle radici. Tale unione, non ha carattere finalistico, è assolutamente casuale. E tale casualità si evidenzia a proposito degli esseri viventi. All’inizio infatti le radici si uniscono a formare arti e membra separati, che solo in seguito si uniranno, sempre casualmente tra di loro. Nascono così mostri di ogni specie (come ad esempio il Minotauro), che, dice Empedocle quasi anticipando Charles Darwin, sono scomparsi solo perché una selezione naturale favorisce alcune forme di vita rispetto ad altre, meglio organizzate e perciò più adatte alla sopravvivenza.

Per Empedocle le quattro radici sono anche alla base della conoscenza. Egli infatti sostenne che i processi della percezione sensibile (degli oggetti esterni) e della conoscenza razionale fossero possibili solo in quanto esisteva una identità di struttura fisica e metafisica tra il soggetto conoscente, ossia l’uomo, e l’oggetto conosciuto, ossia gli enti della natura. Sia l’uomo che gli enti erano formati da analoghe mescolanze quantitative delle quattro radici ed erano mossi dalle medesime forze attrattive e repulsive.
Questa omogeneità rendeva possibile il processo della conoscenza umana, che si basava dunque sul criterio del simile. Infatti così affermò Empedocle: «noi conosciamo la terra con la terra, l’acqua con l’acqua, il fuoco con il fuoco, l’amore con l’amore e l’odio con l’odio».

Stralcio testo tratto dalla pagina: terralab.it sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

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