Giacinto, figlio di Amicla e Diomeda o, secondo altri, di Pierio e di Clio fu amato da Zefiro e da Apollo.
L’amore di Apollo era tanto grande che pur di stare insieme a Giacinto tralasciava tutte le sue principali attività, accompagnando l’inseparabile amante ovunque egli si recasse.
Un giorno i due iniziarono una gara di lancio del disco. Apollo lanciò per primo il disco, che deviato dal geloso Zefiro, colpì alla tempia Giacinto, ferendolo a morte.
Apollo cercò di salvare il giovane adoperando ogni arte medica, ma non poté nulla contro il destino. Decise, a quel punto, di trasformare l’amato in un fiore dall’intenso colore rosso porpora, il colore del sangue che Giacinto aveva versato.
Apollo, prima di tornarsene in Cielo, chinato sul fiore appena creato scrisse di proprio pugno sui petali le sillabe “AI”, “AI”, come imperituro monumento del cordoglio provato per tanta sventura, che lo aveva privato dell’amore e dell’amicizia del giovane.
Tale espressione di dolore, tuttora, si vuol ravvisare nei segni che sembrano incisi sulle foglie del Giacinto e che sono simili alle lettere A e I.
L’episodio è narrato nel X libro delle Metamorfosi di Ovidio.
Stralcio testo tratto dalla pagina: unmondoaccanto.blogfree sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…
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