Il culto del dio Mitra (o Mithra), divinità di origine persiana le cui prime tracce risalgono al 1300 a.C. ma probabilmente molto anteriori, è uno dei culti orientali che tramite il mondo ellenico si diffusero a Roma in alternativa alla religione ufficiale.

Tauroctonia di Mitra al British Museum di Londra. – Wikipedia, pubblico dominio

Esso cominciò a prendere piede a partire dalla fine del I secolo d.C. e raggiunse il periodo di massima diffusione al tempo degli imperatori Severi. Il Mitraismo occidentale si è formato da una lunga e complessa evoluzione dell’antico culto iranico e come molti altri culti di origine orientale, anch’esso aveva le caratteristiche della religione iniziatica e segreta. Questo è uno dei motivi per cui i santuari, i ‘mitrei’, furono sempre ricavati in ambienti sotterranei.

Terme di Diocleziano – Mitra che nasce dalla roccia (petra genetrix) – Wikipedia, pubblico dominio

Il dio Mitra e il suo mistero sembra siano stati introdotti nel mondo greco-romano dai pirati di Cilicia deportati da Pompeo nel 67 a.C. in Grecia, ove però questa religione ha lasciato scarse testimonianze. Assai più vistose e numerose le tracce superstiti nella penisola italica, dove si affermò alla fine del I sec. d.C., diffondendosi poi con estrema rapidità nelle province nordiche (Mesia, Dacia, Pannonia, Germania, Britannia) attraverso le guarnigioni militari che, insieme agli schiavi, furono i più attivi propagandisti di Mitra.

La totale mancanza di fonti scritte fa assumere una straordinaria importanza alla documentazione archeologica relativa a Mitra, il cui mito si ricostruisce in base alle numerose raffigurazioni rinvenute nei mitrei.

La sua storia si articola in diversi episodi: il dio nasce da una roccia con una fiaccola e un coltello fra le mani, con un colpo di freccia fa scaturire l’acqua da una roccia. Successivamente Mitra inizia ai propri misteri il Sole, da cui è distinto ma al tempo stesso strettamente associato, segue un patto fra le due divinità, che siedono insieme a banchetto per poi salire sul carro solare verso il cielo. Nell’iconografia Mitra è frequentemente associato a Varuna insieme al quale personifica i due aspetti del cielo, diurno e notturno, nonché l’ordine cosmico e umano: Varuna punisce i malvagi e i trasgressori, mentre Mitra è protettore della giustizia e dei patti, del bestiame (cui garantisce buoni pascoli) e degli uomini giusti. Oltre agli aspetti celesti e solari la sua originaria personalità connessa con la giustizia assunse anche una connotazione cosmogonica e soteriologica, mirante cioè alla salvezza dell’uomo.

Bassorilievo del II-III secolo raffigurante una tauroctonia, Mitra che sacrifica il toro sacro. Sono presenti nella raffigurazione il serpente, lo scorpione, il cane e la cornacchia, caratteristici dell’iconografia mitraica – Wikipedia, pubblico dominio

Ma l’avvenimento centrale del rito mitraico è senza dubbio il sacrificio del toro, la cui morte promuove la vita e la fecondità dell’universo. L’iconografia di tale evento era posta sempre ad una estremità dell’antro, solitamente di forma allungata e con due lunghi banconi ai lati, in cui venivano celebrati i sacrifici rituali ed i banchetti cultuali. Oltre al dio ed al toro, nella tauroctonia erano sempre presenti delle figure simboliche ben precise: un cane ed un serpente che bevevano il sangue del toro, uno scorpione che lo pungeva ai testicoli, delle spighe di grano che germogliavano dalla coda dell’animale morente e un corvo.

Il loro significato è incerto: lo scorpione ed il serpente sono visti di solito come forze del male che tentano di impedire al sangue ed al seme del toro di raggiungere e fecondare la terra, il cane al contrario ne trae forza mentre le spighe simboleggiano la forza vitale che si libera dal toro morente a favore delle piante verdi. Il corvo, messaggero divino, stabiliva il contatto tra Mitra ed il Sole. Una interpretazione molto diffusa e suggestiva lega i vari animali prima citati alla rappresentazione astronomica e astrologica del cielo e delle costellazioni, mentre l’uccisione del toro e la presenza del sole fanno pensare ad un rito segreto che alluda al meccanismo di precessione degli equinozi. Il carattere cosmico di Mitra è sottolineato poi dalla costante presenza al suo fianco dei due dadofori, o portatori di fiaccole, Cautes e Cautopates, tipologicamete affini al dio e insieme al quale costituiscono una sorta di trinità: rappresentano infatti, nel corso della giornata, rispettivamente il sole dell’aurora, del mezzogiorno e del tramonto, mentre nel ciclo annuale alludono alla primavera, all’estate e all’autunno.

Come in tutti i misteri, anche a quello mitraico si era ammessi attraverso una iniziazione segreta e preceduta dal giuramento di non rivelare il rito. L’ingresso era riservato ai soli uomini e l’iniziato poteva gradualmente accedere ai sette gradi della gerarchia (corvo, ninfo, soldato, leone, persiano, corriere del sole, padre) attraverso prove e cerimonie delle quali sappiamo, ovviamente, molto poco. Il loro carattere doveva essere però essenzialmente simbolico ed incruento come del resto lo stesso sacrificio del toro, punto centrale della liturgia mitraica, impossibile da eseguire nella maggior parte dei mitrei a causa delle piccole dimensioni dei locali.
Secondo alcuni studiosi proprio la disciplina gerarchica dell’iniziazione, così come il carattere vittorioso del dio e il contenuto morale del mitraismo, che muove dall’antica idea persiana dell’eterno combattimento contro il male, spiegherebbe il successo incontrato dai misteri di Mitra presso l’esercito e poi anche presso gli imperatori, al punto da far scrivere ad Ernest Renan che “se il cristianesimo fosse stato fermato nella sua espansione da qualche malattia mortale, il mondo sarebbe stato mitraico”.

L’Impero romano nel 117 d.C. Le province romane dove esistevano i primi luoghi del mitraismo sono evidenziate in lavanda (Roma) e rosso (province romane). – Wikipedia, pubblico dominio

L’apogeo del mitraismo si ebbe nel II-III secolo d.C., periodo particolarmente travagliato durante il quale l’impero vacillava minato da una crisi non solo economica e militare, ma che investiva anche tutto il mondo pagano che approderà più tardi alla totale cristianizzazione. In questo periodo il mitraismo si identificò con la religione orientale del Sole, diversa dal mitraismo ma con essa confusa dalle masse popolari, che fu assunta a religione ufficiale dello stato durante il regno di Aureliano (270 – 275 d.C.); in seguito Diocleziano cercò di sostenere il culto di Mitra quale religione del Sol invictus nelle legioni imperiali. In quell’epoca la religione mitraica si diffuse anche nelle classi più elevate fino ad arrivare allo stesso imperatore.
Senza diventare mai religione ufficiale dello stato, il mitraismo godette però di una vasta fortuna, oltre che nell’esercito, soprattutto tra le classi più modeste della società: schiavi, liberti, operai, artigiani e piccoli commercianti.

Contemporaneamente, da questi stessi strati popolari e da esigenze spirituali analoghe, muoveva anche l’altra grande religione monoteista dell’epoca: la religione cristiana, che avversò sempre il mitraismo come il concorrente più pericoloso.
Oltre alle comuni origini orientali, molti erano gli elementi sorprendentemente somiglianti fra i due culti: l’episodio di Mitra che fa scaturire l’acqua dalla roccia richiamava il miracolo della rupe di Mosè e il miracolo della fonte operato da S. Pietro, non può poi sfuggire il parallelismo tra le lustrazioni ed il battesimo, la comune credenza nella resurrezione dei morti e nel giudizio finale presieduto da Mitra o da Cristo, la singolare coincidenza della celebrazione del natale del dio fissato il 25 dicembre, giorno del solstizio d’inverno, da entrambe le religioni. Nella lotta scatenatasi tra le due comunità una prima vittoria fu conseguita dai cristiani con l’editto di Costantino del 313 d.C., mentre la restaurazione pagana di Giuliano l’Apostata (361 – 363) permise una ripresa del culto di Mitra, segnando soprattutto una battuta d’arresto alla distruzione dei mitrei precedentemente iniziata. Con la vittoria di Teodosio su Eugenio (394 d.C.) la religione cristiana prevalse definitivamente su quella mitraica che poté resistere ancora per poco nelle zone periferiche, mentre a Roma, sopra i mitrei saccheggiati e distrutti, vennero erette chiese e basiliche.

Il  MITO

Esistono due leggende differenti riguardo alla nascita di questa divinità, accomunate dalla sua scelta di incarnarsi al fine di sconfiggere il male cosmico e morale, salvando così il genere umano. Secondo la prima leggenda, Mitra sarebbe nato da una pietra, dalla quale sarebbe uscito armato di una daga in una mano, una fiaccola nell’altra e con un berretto frigio sul capo. La seconda leggenda narra invece che il dio decide di venire al mondo incarnandosi nel ventre di una vergine, e vede la luce in una grotta. I festeggiamenti per la sua nascita avvenivano il 25 dicembre (vale la pena ricordare che la Chiesa ha accettato solo nel IV secolo, più o meno nel 335 DC, tale data come effettiva data di nascita di Cristo) e, sempre secondo la leggenda, Mitra avrebbe abbandonato il mondo terreno per tornare in cielo 33 anni dopo essersi incarnato.

Qualsiasi sia stata la sua nascita, la sua è una vita eroica: la sua prima azione è quella di soggiogare il Sole, per poi accordarsi con lui e ricevere in dono una corona luminosa. Cattura poi un toro, portandolo nella sua grotta e superando tutta una serie di difficoltà, causate da un serpente e da uno scorpione, inviati dal dio maligno Ahriman; dal corpo del toro, una volta sgozzato, vengono emanate tutte le piante salutari, in particolare la vite dal suo sangue e il grano dal suo midollo; dal suo seme sarebbero invece nati tutti gli animali utili all’uomo. Al termine del suo operato, con l’aiuto del Sole, Mitra sarebbe assurto in cielo, da dove continuerebbe a proteggere gli esseri umani.

Nell’iconografia la divinità viene spesso rappresentata insieme a due personaggi, detti i dadofori o portatori di fiaccole: i loro nomi erano Cautes e Cautopates, ed erano talmente legati al dio da costituire in pratica un’unica divinità, il triplice Mitra. Il primo dei due porta la fiaccola alzata, l’altro abbassata: rappresentano il ciclo solare, dall’alba al tramonto, e allo stesso tempo il ciclo vitale: il calore luminoso della vita e il freddo gelido della morte. Somiglianze con il cristianesimo: Le analogie con la religione cristiana non sono solamente legate ad una delle due leggende relative alla sua nascita, alla durata della sua incarnazione e alla sorta di aureola che il Sole gli dona: il rituale mitraico prevedeva sette gradi di iniziazione: Corax, Crypticus, Miles, Leo, Perses, Heliodromus e Pater. Chi raggiungeva il grado più elevato, quello di Pater (che è lo stesso appellativo con cui ci si rivolge ad un sacerdote cristiano), era colui che officiava i riti, era considerato il rappresentante della divinità in terra, indossava un berretto ed un vestito rossi (come i cardinali) ed aveva un bastone da pastore con la punta ricurva (la mitra, appunto) come simbolo della propria posizione. Ben presto i primi cristiani avrebbero iniziato a considerare il mitraismo un “travisamento satanico dei riti più sacri della loro religione”, (mentre è molto più probabile il contrario, a dire il vero…) perseguitandolo aspramente. 

Malgrado Mitra fosse una divinità solare, i mitrei, templi in cui i suoi riti venivano officiati, erano sotterranei (specus), probabilmente in ricordo della grotta in cui la divinità sarebbe nata e/o vissuta. Fu Zoroastro ad iniziare questa tradizione: in qualche modo l’antro rappresentava l’universo nel suo complesso, e gli oggetti in esso posizionati ne rappresentavano simbolicamente gli elementi e le parti. Purtroppo si sa poco dei rituali, delle simbologie e delle speculazioni cosmologiche e astrologiche della religione mitraica, che dovevano essere piuttosto complesse e note solamente agli iniziati di livello più alto.

Da alcuni dipinti ritrovati in vari mitrei (gli esempi di mitrei contenenti dipinti sono piuttosto rari, più spesso sono presenti sculture o bassorilievi), appare probabile che, durante le liturgie, i fedeli portassero delle maschere che ne mettevano in mostra il livello di iniziazione raggiunto. Quel che è noto è che la vittoria sul toro selvaggio rappresenta la vittoria dell’ordine sul caos e sulla barbarie e che il culmine del cerimoniale era un banchetto a base di pane (prodotto a partire dal grano, cioè dal midollo del toro) ed acqua (o forse vino, prodotto dall’uva, cioè dal sangue del toro).

Comunione mitraica, bassorilievo di Konjica, Bosnia che mostra Mitra e il dio sole Sol festa, iniziati di rango inferiore che servono, quattro pagnotte di pane con croci segnate su di loro. – Wikipedia, pubblico dominio

Anche in questo caso, la somiglianza con il rito cristiano dell’eucarestia è molto spinta. Purtroppo non ci sono note le formule rituali che il pater pronunciava durante lo svolgimento del rituale. Sembra comunque che esistesse una sorta di percorso di purificazione attraverso sette porte (non necessariamente da intendersi fisicamente), una per ciascun livello di iniziazione, ma anche una per ciascun circolo celeste allora noto (Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove e Saturno), e forse rappresentate dalle icone dei sette simboli di iniziazione. In alcuni casi è presente una cella al di sotto della sala principale, chiamata fossa “sanguinis”, collegata ad essa tramite un sistema di tubature che servivano con tutta probabilità ad una sorta di battesimo, officiato attraverso un’abluzione nel sangue del toro sacrificato.

.

Stralcio testo tratto dalla pagina: spazioinwind sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

.

.