Nel viaggio ultraterreno dell’anima, Anubi assumeva il ruolo di guida e giudice, colui che accompagnava il defunto nella Sala delle Due Verità, luogo sacro in cui si decideva il destino eterno. Qui avveniva la celebre Pesatura del Cuore, uno dei momenti più solenni e misteriosi dell’antica religione egizia.

Papiro di Hunefer, scena della pesatura del cuore (dettaglio) – British Museum – Wikipedia, pubblico dominio
Il cuore, per gli Egizi, era la sede dell’intelligenza, della coscienza e della memoria, l’essenza stessa dell’individuo. Dopo la morte, esso veniva posto su una bilancia e pesato da Anubi contro la piuma di Maat, simbolo della verità, della giustizia e dell’ordine cosmico. Se il cuore risultava leggero come la piuma, il defunto veniva dichiarato giusto e poteva accedere ai Campi di Iaru, una terra luminosa dove regnavano pace e abbondanza.

Ammit (dettaglio) – British Museum – Wikipedia, pubblico dominio
Ma se il cuore era gravato da colpe, menzogne o ingiustizie, veniva gettato in pasto ad Ammit, la “Divoratrice dei morti”, mostro con testa di coccodrillo, corpo di leone e parte posteriore di ippopotamo. Per l’anima colpevole non vi era salvezza né rinascita: la sua esistenza si dissolveva nel nulla eterno.
Accanto ad Anubi, presiedevano al giudizio Thot, il dio dalla testa di ibis, che annotava il verdetto, e Osiride, il signore dell’oltretomba, che pronunciava la sentenza finale. L’insieme di queste figure diviene così una rappresentazione complessa ma straordinariamente armoniosa del senso egizio di giustizia: non vendetta, ma equilibrio; non punizione, ma verità.
Il Giudizio di Anubi non è solo un rituale religioso, ma una potente allegoria della coscienza morale e dell’ordine universale. La bilancia simboleggia il peso delle nostre azioni, la piuma di Maat la purezza del pensiero e della verità. In questa visione, l’anima umana è chiamata a rispondere non a un dio distante e severo, ma al proprio cuore, custode di tutte le scelte compiute in vita.
Così Anubi, con il suo volto impassibile e lo sguardo d’ombra, non giudica: rivela. E in quella rivelazione ogni uomo incontra se stesso.
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