Fu il cardinale Uberto Crivelli (che nel 1185 sarebbe stato eletto papa con il nome di Urbano III) a ideare e promuovere la Lega Lombarda. 
Nato a Milano, avrebbe fissato la sede pontificia a Verona. Era dunque un uomo profondamente legato al Nord d’Italia, allora diviso nelle realtà comunali, spesso in guerra fra di loro. 
La Lega, creata il 1° dicembre 1167, nacque dall’alleanza fra la città di Milano (ricostruita dopo la distruzione subita cinque anni prima dall’esercito di Barbarossa), la Lega Cremonese (che raccoglieva le città di Bergamo, Brescia, Cremona e Mantova) e quella Veronese (comprendente Padova, Verona, Vicenza e Treviso). A queste città si aggiunsero quelle emiliane (Bologna, Ferrara, Modena, Reggio Emilia, Parma e Piacenza) e, in seguito, Como e Lodi, inizialmente alleata con l’imperatore. Oltre a Vercelli, Novara, Tortona, Rimini, come risulta dall’iscrizione nel basamento della statua di Alberto da Giussano a Legnano. L’alleanza – così almeno si tramanda (anche se non esistono notizie certe e documentate in proposito) – fu formalizzata con un solenne giuramento pronunciato a Pontida, pochi chilometri a nord-ovest di Bergamo, sulla punta orientale del Lago di Como. È incerta persino la data di quell’incontro. Per la maggioranza degli storici ebbe luogo il 1° dicembre dell’anno 1167; altri la anticipano di dieci mesi, al 7 aprile di quello stesso anno. La discordanza si spiega probabilmente con il fatto che non ci fu un solo abboccamento fra i maggiorenti delle varie città coinvolte, ma una serie di accordi successivi.

(stralcio testo tratto da: carabinieri.it)

Il giuramento di Pontida in un dipinto del 1851 di Giuseppe Mazza (Wikipedia – Pubblico dominio)

Riuniti all’interno di una sacro edificio e illuminati dalla fioca luce che filtra dalle strette monofore, i rappresentanti dei Comuni lombardi giurano davanti a Dio fedeltà e aiuto reciproci nella comune lotta che li vedrà opporsi alle truppe imperiali di Federico Barbarossa, temibile minaccia alla libera indipendenza dei territori italiani. Specchio fedele dello spirito fiorito intorno ai fatti salienti del Risorgimento italiano, l’episodio rappresentato diviene la metafora visiva della situazione storica che interessava l’Italia alla metà dell’Ottocento

Il giuramento di Pontida in un dipinto del 1836 di Giuseppe Diotti (Wikipedia – Pubblico dominio)

La battaglia di Legnano di Amos Cassoli, Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti (Wikipedia – Pubblico dominio).

La battaglia di Legnano in un dipinto di Massimo d’Azeglio (Wikipedia – Pubblico dominio)

Il Giuramento di Pontida 
Giovanni Berchet

L’han giurato li ho visti in Pontida
convenuti dal monte e dal piano.
L’han giurato e si strinser la mano
cittadini di venti città.
Oh spettacol di gioia! I Lombardi
son concordi, serrati a una Lega.
Lo straniero al pennon ch’ella spiega
col suo sangue la tinta darà.
Più sul cener dell’arso abituro
la lombarda scorata non siede.
Ella è sorta. Una patria ella chiede
ai fratelli, al marito guerrier.
L’han giurato. Voi donne frugali,
rispettate, contente agli sposi,
voi che i figli non guardan dubbiosi,
voi ne’ forti spiraste il voler.
Perchè ignoti che qui non han padri,
qui staran come in proprio retaggio?
Una terra, un costume, un linguaggio
Dio lor anco non diede a fruir?
La sua patria a ciascun fu divisa.
E’ tal dono che basta per lui.
Maledetto chi usurpa l’altrui,
chi il suo dono si lascia rapir.
Sù Lombardi! Ogni vostro Comune
ha una torre, ogni torre una squilla:
suoni a stormo. Chi ha un feudo una villa
co’ suoi venga al Comun ch’ei giurò.
Ora il dado è gettato. Se alcuno
di dubbiezze ancora parla prudente,
se in suo cor la vittoria non sente,
in suo cuore a tradirvi pensò.
Federigo? Egli è un uom come voi.
Come il vostro è di ferro il suo brando.
Questi scesi con esso predando,
come voi veston carne mortal.
– Ma son mille più mila – Che monta?
Forse madri qui tante non sono?
Forse il braccio onde ai figli fer dono,
quanto il braccio di questi non val?
Su! Nell’irto increscioso allemanno,
su, lombardi, puntate la spada:
fare vostra la vostra contrada
questa bella che il cel vi sortì.
Vaghe figlie del fervido amore,
chi nell’ora dei rischi è codardo,
più da voi non isperi uno sguardo,
senza nozze consumi i suoi dì.
Presto, all’armi! Chi ha un ferro l’affili;
chi un sopruso patì sel ricordi.
Via da noi questo branco d’ingordi!
Giù l’orgoglio del fulvo lor sir
Libertà non fallisce ai violenti,
ma il sentier de’ perigli ell’addita;
ma promessa a chi ponvi la vita
non è premio d’inerte desir.
Giusti anch’ei la sventura, e sospiri
l’allemanno i paterni suoi fuochi;
ma sia invan che il ritorno egli invochi,
ma qui sconti dolor per dolor.
Questa terra ch’ei calca insolente,
questa terra ei morda caduto;
a lei volga l’estremo saluto,
e sia il lagno dell’uomo che muor.

(leggi la pagina dalla quale ho stralciato la poesia: palermoparla.news)

 

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