Era il 1864 quando Jules Verne pubblicò per la prima volta le “Avventure del Capitano Hatteras”, un grandioso viaggio attraverso l’Artico e l’insaziabile ambizione di un capitano inglese, col sogno di voler raggiungere per primo il punto esatto in cui tutti i meridiani si incontrano a nord, il Polo.

Copertina della prima edizione del libro “Le avventure del capitano Hatteras” di Giulio Verne. Edizioni Hetzel, 1866 – Wikipedia, pubblico dominio

Tutt’a un tratto, qualche indizio evidentemente sicuro lo colpì perché subito stese il braccio verso l’orizzonte, e con voce stentorea gridò:
— Terra! Terra!.

Mappa della spedizione Hatteras dal romanzo ‘Viaggi e avventure del capitano Hatteras’ di Giulio Verne (1864-66). – Wikipedia, pubblico dominio

Nessuno, fino al secolo scorso, sapeva effettivamente cosa ci fosse oltre la Groenlandia, al di sopra dei passaggi di Nord-Ovest e Nord-Est. Diverse teorie ruotavano intorno a un punto che nessuno aveva ancora raggiunto, e si immaginava: Una spessa banchisa, un mare freddo, un’isola inospitale o un vulcano

Quest’ultima teoria è stata fatta propria dallo stesso Jules Verne, che farà ruotare un intero romanzo attorno alla ricerca di un’isola vulcanica; attorno al centro di quel cratere che con fare magnetico attrae l’ormai ipnotizzato capitano, fino a condurlo alla pazzia.

Già nel 1595 il celebre cartografo fiammingo Mercatore realizzò una mappa immaginaria del Polo, che fu inserita nell’Atlas Cosmographicae (la rappresentazione più celebre). Qui possiamo osservare una “rupe scura e altissima” circondata da un mare interno, chiuso da quattro terre, cinte esternamente da rispettive catene montuose, e collegato al Mar Glaciale Artico da quattro canali che sboccano per mezzo di ampi delta.

Dettaglio dell’atlante cosmografico di Gerardo Mercatore (043) – Wikipedia, pubblico dominio

La teoria di un mare libero, o quasi, dai ghiacci oltre la banchisa e di una terra al suo centro nacque probabilmente tra XVI e XVII secolo, periodo in cui fu realizzata la carta di Mercatore. Legata alla ricerca britannica del Passaggio a Nord-Ovest, quest’idea ebbe un iniziale successo, tanto da venire rappresentata in diverse mappe prima di quella di Mercatore, come la Doppelherzförmige Weltkarte del 1531 di Oronce Fine, nella quale ritroviamo la stessa geografia artica della carta del fiammingo, il quale ne disegnò altre provviste della stessa caratteristica, una terra al posto dei ghiacci polari.

Mappa mondiale di Oronce Fine (Doppelherzförmige Weltkarte) prima del 1531 – Wikipedia, pubblico dominio

Quest’ultima mappa ci da un’importanti informazioni sui fenomeni artici, che verranno poi ripresi da Jules Verne, e circa le regioni polari, dove il vento era debole e le acque inghiottivano le navi senza risparmiare nessuno. Il polo magnetico, posto tra il regno di Anian e il grande delta del primo fiume partendo da sinistra, è raffigurato come una rupe dispersa in mezzo all’oceano. La roccia che si trova sul polo ha una circonferenza di circa 33 leghe, ed è circondata da un mare interno cinto da quattro isole divise da quattro fiumi, che collegano l’Oceano col Mare Interno, provvisti in totale di 19 braccia che ne formano i rispettivi delta. L’acqua viene trasportata verso nord e assorbita dalle viscere della terra; la forte corrente e la strettezza dei passaggi le permette di non congelare, tranne che per tre mesi l’anno. Le terre esterne sono protette da montagne.

Ritroviamo le terre artiche anche nella mappa di Ortelio, pubblicata nel 1570, ispirata alla cartografia di Mercatore.

Abramo Ortelio: Typvs Orbis Terrarvm (1570) – Wikipedia, pubblico dominio

Col passare del tempo la teoria è stata via via lasciata andare, ma non abbandonata del tutto. Non sembra vi sia traccia negli atlanti di XVII e XVIII secolo, periodo in cui non ci si preoccupava tanto di una fantomatica terra situata al Polo Nord. La ricerca delle isole dei beati nel Pacifico ottenne grandissima attenzione. Tutti volevano conoscere le esotiche isole polinesiane e le storie di piaceri e lussuria dei mari del sud, mentre a nord la ricerca era concentrata sull’esplorazione del passaggio a nord ovest, che per anni farà penare anche i più audaci esploratori.

Finalmente la ritroveremo in uno dei più annoverati romanzi della serie dei Viaggi Straordinari, le Avventure del Capitano Hatteras di Jules Verne.

Lo scrittore ottocentesco costruiva le sue mirabolanti avventure sulle teorie scientifiche più curiose e più in voga del tempo, forte delle numerose scoperte che andavano susseguendosi. Nato in un periodo di grande esaltazione culturale e di forte interesse per l’esplorazione degli angoli più remoti del pianeta, Jules Verne è stato influenzato moltissimo dalla cronaca, dominata dalle grandi avventure promosse dalle più importanti società geografiche del mondo, e da privati, come i viaggi di Livingstone, Baker, Speke, Stuart McDouall, Pike, Ross, Parry e Franklin. Tour du Monde, Travel Journal, Bollettino della Società Geografica erano forse le più importanti fonti di informazione cui attingeva Jules Verne. Durante la sua vita il naturalismo esplose condizionando in particolar modo gli scrittori francesi.

Il colonialismo conobbe una forte spinta e la scienza non poteva che giovarsi di tale fenomeno, entrando in possesso delle più disparate specie di piante, animali e popolazioni da identificare, analizzare, catalogare, importate da tutto il mondo. La curiosità era alle stelle e gli sguardi si volgevano verso gli ultimi angoli inesplorati del globo. Il Polo Nord era uno di questi.
Hatteras nell’immaginario verniano viaggerà attraverso l’Artico, incontrando tutti i pericoli e le difficoltà contro cui sono andati a schiantarsi i suoi reali predecessori, primo fra tutti Franklin, superando molte difficoltà (icebergs, perdita della nave, inverno polare, attacchi di orsi, fame e malattie) grazie all’immancabile aiuto del Dr. Clawbonny, temerario e risoluto uomo provvisto di grande sapere che ci fornisce un compendio di alcune importanti conoscenze acquisite da scienziati ed esploratori nel corso del tempo sull’Artico, compresa la ragione per cui oltre l’82° parallelo potesse esserci un mare libero dai ghiacci:

Risulta evidente da fatti geografici e dallo studio delle linee isotermiche che il punto più freddo del globo non è precisamente il polo. I calcoli di Brewster, di Bergham, e di altri fisici, dimostrano che nel nostro emisfero vi sono due poli di freddo: l’uno sarebbe situato in Asia a 79° e 30′ di latitudine nord, e 120° di longitudine est, l’altro si troverebbe in America a 78° di latitudine nord e 97° di longitudine ovest. Noi dobbiamo occuparci di quest’ultimo, e voi vedete che esso si trova a più di 12 gradi sotto il polo. Ora io vi domando: perché al polo il mare non potrebbe essere libero di ghiacci come può essere d’estate il mare attorno al 66° parallelo, cioè a sud della baia di Baffin?
Jules Verne, Le Avventure del Capitano Hatteras

Superato, dunque, il polo freddo e una terra inesplorata si sarebbe giunti al mare libero, situato a meno di 3° di latitudine dal polo, con una temperatura di circa 10°C.
Hatteras preparò un’imbarcazione e navigò in quella distesa azzurra, limpida, immaginaria e trascendentale, fino a un’isola, battezzata Isola della Regina, sormontata da vulcano a cui diede il suo nome, Monte Hatteras.

Il vulcano (Monte Hatteras) – Illustrazione di Édouard Riou e Henri de Montaut – Wikipedia, pubblico dominio

Un ammasso di rocce vulcaniche senza la minima traccia di forme di vita: questa era l’isola immaginata da Verne, questo era il Polo Nord nella fantasia di molte persone prima che si scoprisse la sua vera natura….

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Stralcio testo tratto da un articolo di Alessandro Licheri  pubblicato nella pagina di vanillamagazine.it sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…..

 

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