Lo Zeus di Otricoli – marmo – Copia romana di un originale greco del IV secolo – Musei Vaticani – Wikipedia, pubblico dominio

Zeus, dopo la sconfitta del padre Crono ed avere precipitato gli alleati del padre, i Titani, nel Tartaro, regnava sereno sulla stirpe divina e sugli uomini.

Scriveva Omero (Iliade, VIII, 3 e sgg.)

“Su l’alto Olimpo il folgorante Giove
Tenea consiglio. Ei parla e riverenti
stansi gli Eterni ad ascoltar: M’udite
Tutti ed abbiate il mio voler palese;
E nessuno di voi, nè Dio nè Diva,
Di frangere s’ardisca il mio decreto;
Ma tutti insieme il secondate …
… degli Dei son io
Il più possente … “

In realtà però, una nuova minaccia si affacciava all’orizzonte che avrebbe portato Zeus ad intraprende un’ennesima lotta contro un temibile nemico: Tifone.
Gea che non sopportava l’idea che i suoi figli, i Titani, fossero stati imprigionati nel Tartaro da Zeus, si recò in Cilicia, da suo figlio Tifone (o Tifeo) padre di tutti i venti funesti e dei mostri più terribili che aveva generato dopo essersi unito a Echidna: il dragone che custodiva il vello d’oro, ScillaCerbero, la Chimera, l’Idra di Lerna ed il cane Ortro.
Gea chiese aiuto a Tifone per muovere guerra contro Zeus.

Tifone, la cui statura non aveva eguali sulla terra in quanto non c’era monte che lo eguagliava in altezza e con le sue cento teste che sputavano fuoco e reso ancora più orribile dall’ira che lo animava, salì sull’Olimpo per battersi contro gli dei. La sorpresa e lo spavento fu tale che gli stessi dei, dopo essersi trasformati in animali (Apollo in corvo, Artemide in gatta, Afrodite in pesce, Ermes in cigno, ecc.), scapparono nel lontano Egitto lasciando da solo Zeus ad affrontarlo.

Il combattimento fu lungo. Zeus dapprima iniziò a scagliare le sue folgori, poi, mano mano che Tifone si avvicinava, lo colpì ripetutamente con la falce. Il mostro sembrava vinto ma quando Zeus si avvicinò per scagliare il colpo mortale, fu afferrato dalle gambe ed immobilizzato. Tifone fu rapido a strappargli la falce con la quale gli recise i tendini delle mani e dei piedi.
Zeus era vinto.
Tifone decise quindi di nascondere Zeus in Cilicia, rinchiudendolo in una grotta chiamata Korykos (il “Korykos antron“, che vuol dire “sacco di pelle“) mentre i suoi tendini, deposti in una sacca di pelle d’orso, li affidò alla custodia della dragonessa Delfine, metà fanciulla e metà serpente.

 Il suo destino sarebbe stato segnato se Ermes, figlio di Zeus, ripresosi dallo spavento decise di reagire. Rubò la Immagine etnasacca a Delfine e trovata la grotta dove era stato imprigionato il padre, lo liberò e lo curò rendendolo nuovamente forte e potente.

Zeus scaglia il fulmine contro Tifone, hydria calcidese a figure nere, 550 AC, Staatliche Antikensammlungen – Wikipedia, pubblico dominio

Zeus, iniziò allora una nuova aspra e dura lotta contro Tifone, che riuscì a sconfiggere scagliandogli addosso l’isola di Sicilia (secondo altri l’isola di Ischia) e ad imprigionarlo sotto il monte Etna, dove ancora giace. Narra la leggenda che le eruzioni del vulcano altro non sarebbero che le fiamme scagliate da Tifone per la rabbia di essere stato vinto.

Narra Ovidio nella Metamorfosi (V. 346-358): “(…) la vasta isola della Trinacria si accumula su membra gigantesche, e preme, schiacciando con la sua mole Tifeo, che osò sperare una dimora celeste. Spesse, invero, egli si sforza e lotta per rialzarsi, ma la sua mano destra è tenuta ferma dall’Ausonio Peloro, la sinistra da te, o Pachino; i piedi sono schiacciati dal (Capo) Lilibeo, l’Etna gli grava sul capo. Giacendo qui sotto, il feroce Tifeo getta rena dalla bocca e vomita fiamme. Spesso si affatica per scuotersi di dosso il peso della terra, e per rovesciare con il suo corpo le città e le grandi montagne. Perciò trema la terra, e lo stesso re del mondo del silenzio teme che il suolo si apra e si squarci con larghe voragini.

Dopo questa ennesima lotta sostenuta da Zeus, seguì un nuovo periodo di tranquillità. Gli dei fecero ritorno all’Olimpo dove Zeus aveva stabilito la loro dimora. Ma una nuova minaccia si profilava all’orizzonte perchè Gea continuava a tramare contro Zeus.

Gea, si era recata infatti a Pallade, dove avevano dimora i Giganti, suoi figli generati con Urano. Ad essi chiese aiuto per muovere guerra contro Zeus.
I Giganti, acconsentendo alla richiesta della madre, forti anche della profezia secondo la quale nessun immortale sarebbe stato in grado di batterli, guidati da Porfirione, il più forte tra loro e da Alcioneo, si recarono nell’Olimpo e iniziarono quella che gli storici chiamarono GIGANTOMACHIA.

La profezia della loro invincibilità nei confronti degli immortali era nota anche a Zeus, pertanto lo stesso decise di far partecipare alla lotta, oltre a tutti gli dei, anche il mortale Eracle (noto anche come Ercole), suo figlio, generato assieme ad Alcmena .

Racconta Apollodoro (Biblioteca, I, 6): “Questi (Eracle) scagliò un dardo contro Alcioneo, ma il gigante non potendo morire nella terra dove era nato, fu da Atena tratto fuori di Pallade, e solo così potè essere ucciso. Porfirione mosse contro Eracle ed Era, ma Zeus lo fulminò ed Eracle lo uccise colpendolo con una saetta. Apollo colpì Efialte con una freccia all’occhio sinistro; Dionisio uccise col tirso Eurito; Ecate colpì con le fiaccole Clitio, mentre Efesto rovesciò su di lui masse metalliche incandescenti; Atena fece precipitare la Sicilia su Encelado che fuggiva; Poseidone scagliò su Polibote, che era riuscito a sfuggire a Coo, la parte dell’isola detta Nisiro, dopo averla spezzata con il tridente; Ermete, con l’elmo di Ade, uccise Ippolito; Artemide trafisse Grazione; le Moire uccisero Agrio e Toone; Zeus fulminò gli altri, ed Eracle colpì tutti con le frecce.

Alla fine i terribili Giganti furono vinti e gli antichi per spiegare la causa dei terremoti, immaginavano i Giganti sprofondati nelle viscere della terra, schiacciati da montagne e isole ed i loro tentativi di liberarsi sarebbero la causa dei terremoti.

Heinrich Friedrich Füger – Giove in trono – Wikipedia, pubblico dominio

Zeus, signore degli dei e dell’Universo, riprese così a regnare dall’alto dell’Olimpo, come ci narrano le leggende tramandate dai nostri antichi.

 

Stralcio testo tratto dalla pagina: maverick63.altervista.org sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…