Tra i rotoli di Nag-Hammadi, un vangelo antico rivela un volto diverso di Gesù: il maestro della luce che insegna a conoscere se stessi per conoscere Dio.
Il Vangelo di Tommaso, tra i testi più antichi del cristianesimo, svela il Cristo della conoscenza e della luce interiore: un messaggio universale.
Quando nel 1945, tra le sabbie di Nag-Hammadi, riaffiorarono i rotoli dimenticati del deserto, gli studiosi compresero che non si trattava solo di un ritrovamento archeologico, ma di un evento capace di riaprire una pagina perduta del cristianesimo primitivo.
Tra i tredici codici, il più enigmatico e affascinante era il Vangelo secondo Tommaso: un testo di 114 detti, o loghia, attribuiti a Gesù e raccolti dall’apostolo Didimo Giuda Tommaso (“Didimo” in greco e “Tommaso” in aramaico significano entrambi gemello.)

Caravaggio – L’incredulità di San Tommaso – Pinacoteca Sanssouci di Potsdam, Germania – Wikipedia, pubblico dominio.
Questo Vangelo non narra miracoli, non racconta la crocifissione o la resurrezione: parla della luce che abita nell’uomo, del Regno che è “dentro e fuori di voi”, della Conoscenza (gnosis) come via alla vita eterna.
Il testo si apre con una formula sorprendente:
“Queste sono le parole segrete che Gesù vivente ha pronunciato, e Didimo Giuda Tommaso ha trascritto.”
Segue una promessa:
“Chiunque troverà l’interpretazione di queste parole non conoscerà la morte.”
Non è dunque un vangelo della fede rituale, ma della ricerca interiore. Gesù non parla qui come un redentore che salva il mondo dal peccato, ma come un maestro che risveglia la coscienza addormentata.
Nel loghion 3, per esempio, leggiamo:
“Il Regno è dentro di voi e fuori di voi. Quando vi conoscerete, sarete riconosciuti e saprete di essere figli del Padre vivente.”
L’invito è chiaro: conoscere se stessi per riconoscere Dio. È la stessa intuizione che attraversa le tradizioni sapienziali d’Oriente e d’Occidente, dal “Conosci te stesso” delfico al risveglio del Buddha, ma qui diventa il cuore della parola di Cristo.
Altri detti proseguono su questa via del paradosso e della rivelazione:
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- “Beato colui che nacque prima di nascere.”
- “Quando farete dei due uno… allora entrerete nel Regno.”
- “Io sono la luce che è su tutte le cose… tagliate un legno, io sono lì; sollevate una pietra, e mi troverete.”
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È un linguaggio simbolico e visionario, che parla di unità, di luce, di trasformazione. Il Cristo del Vangelo di Tommaso non chiede sacrifici, ma consapevolezza; non promette un regno lontano, ma una presenza immediata nel mondo.
Il messaggio che emerge dai codici copti è in netto contrasto con la teologia che nei secoli diventerà dominante. Qui la salvezza non passa per il dolore, ma per la conoscenza: una conoscenza che non è intellettuale, bensì esperienziale, capace di mutare la percezione della realtà.

Papiro di Ossirinco – Il frammento del più antico manoscritto del Vangelo di Tommaso. – Wikipedia, pubblico dominio.
Il Regno, dice Gesù, “non verrà cercandolo”, perché è già qui, invisibile agli occhi del corpo ma visibile al cuore purificato. L’uomo che si conosce e che unifica in sé il maschile e il femminile, l’alto e il basso, la luce e l’ombra, diventa “uno con il Padre vivente”.
Molti studiosi hanno riconosciuto in queste parole l’eco di un cristianesimo gnostico, cioè conoscitivo, in cui la fede non è adesione dogmatica ma percorso di trasformazione interiore. Tuttavia, al di là delle etichette, il testo di Tommaso rivela la profonda universalità del messaggio di Gesù: un maestro che parla a ogni cultura, a ogni tempo, e che mostra nel cuore dell’uomo la via verso il divino.
Il Vangelo di Tommaso non fu mai accettato nel canone, ma il suo spirito sopravvisse in molte correnti mistiche, da quella siriaca ai padri del deserto, dai sufi alle scuole di sapienza dell’India. È il Vangelo del Cristo interiore, del divino che non si trova altrove ma in ogni cosa viva.
Quando dice:
“Io sono la luce che è su tutte le cose…”,
Gesù non si separa dal mondo, ma lo abbraccia. La materia non è più prigione dello spirito, ma luogo della rivelazione: ogni pietra, ogni creatura, ogni essere è attraversato dalla stessa scintilla divina.
Il Vangelo di Tommaso rappresenta una delle più alte testimonianze di un cristianesimo non ancora istituzionalizzato, dove il mistero della fede si intreccia alla conoscenza di sé e alla ricerca della verità.
È un testo che non si oppone ai Vangeli canonici, ma li completa da dentro, ricordando che l’esperienza del divino non può essere ridotta a un dogma, ma nasce da una visione diretta.
Tommaso, l’apostolo “gemello”, diventa così il simbolo dell’uomo che si specchia nel Cristo e scopre di essere parte della stessa luce. Nel suo Vangelo, la Parola non chiede di credere, ma di vedere.
E chi vede. come dice Gesù, “non conoscerà la morte”.
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