Johann Heinrich Füssli – Tiresia predice il futuro a Ulisse – Museo Nazionale Galles – Wikipedia, pubblico dominio

Tiresia, il famoso indovino cieco della mitologia greca, era figlio di Evereo e di Cariclo. Sulla sua cecità e sui suoi poteri esistevano due leggende.

La prima è narrata, fra gli altri, da Igino (Fab. 74): quando era un giovane pastore (in Arcadia o in Beozia) aveva calpestato due serpenti mentre si congiungevano ed era stato prodigiosamente mutato in donna.

Pietro della Vecchia – Tiresia si trasforma in una donna – Museo di belle arti di Nantes – Wikipedia, pubblico dominio

Sette anni dopo, su consiglio di un oracolo, aveva di nuovo calpestato una coppia di serpenti ed era tornato uomo.
Zeus ed Era lo avevano allora consultato per risolvere una loro disputa scherzosa: volevano sapere se nell’amplesso provasse maggior piacere l’uomo (come sosteneva Era), oppure la donna, come voleva Zeus.
Tiresia rispose che, se si fosse diviso il piacere sessuale in dieci parti, nove sarebbero toccate alla donna.
La risposta fece infuriare Era che lo rese cieco. Per indennizzarlo Zeus lo fece vivere per sette generazioni e lo rese il più sapiente degli indovini.

Giulio Carpioni – Liriope Porta Narciso davanti a Tiresia – Wikipedia, pubblico dominio

Nell’altra versione, narrata da Ferecide e ripresa da Callimaco, Tiresia si trovava presso una fonte del monte Elicona, in un caldo meriggio estivo, quando involontariamente sorprese la dea Atena che si bagnava nuda. Atena lo rese cieco perchè aveva assistito ad una visione proibita agli uomini. Intenerita dalla preghiera di Cariclo, madre di Tiresia, la dea gli concesse le facoltà profetiche e gli regalò un bastone magico che gli permetteva di camminare come un vedente.

Nell’Edipo Re di Sofocle, Tiresia svela ad Edipo che i suoi genitori non sono Polibo e Merope, come egli ritiene, ma Laio e Giocasta.
Edipo, che molti anni prima ha ucciso Laio e sposato Giocasta, non crede all’indovino e infuriato lo scaccia, ma – come è noto – le parole di Tiresia si dimostreranno ben presto veritiere.

Ancora in Sofocle, nell’Antigone, Tiresia annuncia gravissime sciagure contro Creonte che rifiuta di dare sepoltura al cadavere di Polinice.

Odisseo (Ulisse) consulta l’indovino per eccellenza, Tiresia. Particolare di un cratere a calice, a figure rosse, risalente al IV secolo a.C. – Wikipedia, pubblico dominio

Nell’Odissea Tiresia è già morto e proprio per incontrare la sua ombra Ulisse scende nell’oltretomba seguendo le istruzioni della maga Circe. Qui Tiresia rivela ad Ulisse che tutte le sue disgrazie dipendono dall’ira di Posidone, padre del ciclope Polifemo, accecato dall’eroe. Tuttavia, profetizza TiresiaUlisse riuscirà a tornare ad Itaca...


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Tiresia nella letteratura

Le apparizioni di Tiresia nel mondo letterario sono davvero molte, poiché il tebano è ritenuto l’indovino per antonomasia.
La storia della sua trasformazione è raccontata dal poeta latino Ovidio nel libro III delle Metamorfosi:

Mentre in terra avvenivano per volere del fato queste cose
e l’infanzia di Bacco, tornato a nascere, scorreva tranquilla,
si racconta che, reso espansivo dal nèttare, per caso Giove
bandisse i suoi assilli, mettendosi piacevolmente a scherzare
con la sorridente Giunone. “Il piacere che provate voi donne”,
le disse, “è certamente maggiore di quello che provano i maschi.”
Lei contesta. Decisero di sentire allora il parere
di Tiresia, che per pratica conosceva l’uno e l’altro amore.
Con un colpo di bastone aveva infatti interrotto
in una selva verdeggiante il connubio di due grossi serpenti,
e divenuto per miracolo da uomo femmina, rimase
tale per sette autunni. All’ottavo rivedendoli nuovamente:
“Se il colpirvi ha tanto potere di cambiare”, disse,
“nel suo contrario la natura di chi vi colpisce,
vi batterò ancora!”. E percossi un’altra volta quei serpenti,
gli tornò il primitivo aspetto, la figura con cui era nato.
E costui, scelto come arbitro in quella divertente contesa,
conferma la tesi di Giove. Più del giusto e del dovuto al caso,
a quanto si dice, s’impermalì la figlia di Saturno e gli occhi
di chi le aveva dato torto condannò a eterna tenebra.
Ma il padre onnipotente (giacché nessun dio può annullare
ciò che un altro dio ha fatto), in cambio della vista perduta,
gli diede scienza del futuro, alleviando la pena con l’onore.
Così, diventato famosissimo nelle città dell’Aonia,
Tiresia dava responsi inconfutabili a chi lo consultava.

La figura di Tiresia, però, ebbe fortuna anche dopo l’età classica. Nel Medioevo l’indovino tebano viene descritto da Virgilio nei versi di Dante Alighieri:

Mira c’ha fatto petto de le spalle:
perché volle veder troppo davante,
di retro guarda e fa retroso calle.

Vedi Tiresia, che mutò sembiante
quando di maschio femmina divenne
cangiandosi le membra tutte quante;

 e prima, poi, ribatter li convenne
li duo serpenti avvolti, con la verga,
che riavesse le maschili penne.

 
Siamo nel canto XX dell’Inferno, tra i maghi e gli indovini, colpevoli di adulterare le cose naturali con il loro intervento. Come contrappasso, i dannati sono condannati a vagare con la testa ruotata dietro la schiena, poiché in vita si erano spacciati come coloro che erano in grado di vedere oltre il presente.

Giovanni Stradano – Illustrazione del canto XX dell’Inferno di Dante (gli indovini) – Wikipedia, pubblico dominio

Un’eco del celebre indovino tebano si ode anche nei versi del poema più importante del XX secolo, la Terra desolata di Thomas Stearns Eliot. Qui però Tiresia simboleggia la destituzione dell’indovino dalla propria sacra funzione; il veggente non riesce più a vedere il futuro, riesce solo ad annunciare la morte…

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