A Palermo, tra i luoghi di culto più significativi si trova la Chiesa di Santo Spirito, nota anche come “Chiesa dei Vespri”. Oggi è inglobata all’interno del cimitero di Sant’Orsola, ma il suo nome riecheggia nella memoria collettiva dei siciliani per un evento cruciale della storia dell’isola.

Chiesa Santo Spirito, Palermo. Conosciuta anche come “Chiesa dei Vespri” – Wikipedia, foto di Fabio P. own work , rilasciata con licenza CC BY-SA 4.0

La chiesa fu edificata nel 1178, durante il regno di Ruggero II, e per secoli fu un tranquillo edificio di culto. La chiesa, pur incompleta nella sua facciata a salienti, conserva elementi architettonici di grande rilievo. Sui fianchi e nelle absidi si notano archi incrociati e bicromi, tipici dell’arte normanna. L’interno, oggi spoglio e semplice, è a tre navate, separate da archi ogivali sostenuti da robusti pilastri cilindrici. Questo aspetto sobrio è il risultato di un restauro condotto alla fine dell’Ottocento, che eliminò gli apparati barocchi per restituire alla chiesa la sua forma originaria.

Ma torniamo alla storia…
Tutto iniziò il 31 marzo 1282 quando, durante la recita dei Vespri, un soldato francese molestò una donna siciliana, scatenando la reazione immediata della folla presente.

Francesco Hayez – I vespri siciliani: scena 3. – 1846 – Rome, Gall. Naz. d’Arte Moderna – Wikipedia, pubblico dominio

Quel gesto fu la scintilla che diede fuoco a un malcontento già diffuso contro la dominazione francese: scoppiò così la rivolta nota come la Guerra dei Vespri Siciliani, durante la quale i siciliani si sollevarono per scacciare gli angioini dall’isola.

Una nota di colore oscillante tra tradizione e realtà:

Accanto alla storia documentata, vive anche una tradizione popolare suggestiva. Si racconta che proprio durante i Vespri sarebbe stata pronunciata per la prima volta la parola mafia. La leggenda narra che un soldato francese di nome Droetto violentò una giovane donna siciliana. La madre, sconvolta, corse per le strade gridando: «Ma–ffia! Ma–ffia!», ossia «mia figlia!». Quel grido straziante, ripetuto e rilanciato da altri, si diffuse rapidamente. Da Palermo, il termine si estese in tutta la Sicilia, assumendo un significato più ampio: diventò simbolo di ribellione e orgoglio popolare.

Designo di Roberto Focosi per l’opera “I vespri siciliani” (1855) di Giuseppe Verdi – Wikipedia, pubblico dominio

Col tempo, la parola mafia venne anche reinterpretata come acronimo: Morte Ai Francesi Italia Anela (o Indipendenza Anela). In questa lettura, il termine assume il volto di un motto patriottico, legato all’insurrezione del popolo contro gli oppressori stranieri.

 

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