Per quanto riguarda l’aspetto cultuale del paganesimo degli antichi Piceni, l’unica divinità conosciuta è la dea Cupra. Probabilmente c’erano altre divinità guerriere e anche un culto dei lari e dei penati simile a quello dei latini (culto delle anime dei defunti che proteggevano la comunità), ma le tracce rimaste sono scarsissime.
Al contrario sull’adorazione della dea Cupra esiste più di una testimonianza, tra Marche e Umbria.
Cupra era una divinità femminile, assimilabile alle Grandi Madri delle civiltà mediterranee.
Il mondo antico, ben prima della visione cristiana proveniente da un’area non europea, aveva divinizzato tutti gli aspetti della femminilità, tra i quali quello della Madre, quello dell’Amante e l’aspetto magico-lunare.
La religione della dea Cupra sorge nell’era picena ma poi prosegue nel periodo romano fino alla tarda età imperiale, in cui in ogni provincia dell’Impero si diffondevano culti misterici ed iniziatici di origine orientale.
La nostra Dea quindi può essere associata a divinità come le fenicie Astarte e Ishtar, all’orientale Lilith, alla greca Afrodite, alle romane Venere e Bona Dea.
Cupra era una dea della fecondità e della fertilità, dell’elemento acquatico considerato come matrice vitale del tutto.
L’origine lessicale è identificabile nell’umbro antico Cubrar, o Kypra; oppure nella radice cup, da cui derivano cupiditas, desiderio, e Cupido, dio dell’amore. Questi suggerimenti possono indicare i miti evocativi e i contenuti, erotici e femminili, della Dea Cupra.
Stralcio testo tratto da un articolo di Alessandro Metta pubblicato nella pagina di anticamadre.net sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…
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