Gli uomini, da sempre, nella loro concezione abituale di SPAZIO, per delimitare un corpo qualsiasi o una porzione di esso, hanno utilizzato TRE DIMENSIONI:

a) ALTEZZA; 
b) LARGHEZZA; 
c) LUNGHEZZA.

Al contrario, pochissimi uomini, tutti i GRANDI INIZIATI della TRADIZIONE (Occidentale ed Orientale), conoscevano una quarta dimensione: L’IPER-SPAZIO ( = L’IPERURANIO di Platone). 
Se non è facile immaginare questa dimensione, che possiamo definire aggiuntiva o supplementare, come non è facile immaginare quella di UN CORPO QUALSIASI ESISTENTE NELL’IPER-SPAZIO, possiamo, invece, agevolmente CONCEPIRE UN MONDO INFERIORE AL NOSTRO, cioè un mondo in cui esistano DUE DIMENSIONI soltanto. Per giungere a questo risultato sarà sufficiente sopprimere una delle tre dimensioni conosciute. 
Eliminando l’ALTEZZA, noi possiamo immaginare un mondo a DUE DIMENSIONI, composto di cose SENZA SPESSORE, cioè INFINITAMENTE PIATTO. Volendo rappresentare in questo ipotetico mondo una statua o qualunque altro oggetto che ha volume, sarà necessario ridurla al solo contorno o più esattamente alla proiezione della sua OMBRA sopra uno schermo. La fotografia, il cinema, la televisione, le immagini in genere sono l’esempio più concreto, perché quotidianamente sotto i nostri occhi. 
SOLO L’OMBRA DI QUALSIASI COSA NON POSSIEDE SPESSORE. Da ciò, ne consegue che L’OMBRA di qualsiasi oggetto non è altro che L’ANNIENTAMENTO integrale dello spessore dell’oggetto stesso. 
Recuperando un po’ di tempo nel contesto delle nostre parossistiche giornate, potremmo sperimentare il predetto enunciato, utilizzando tre elementi: 

a) UNA SORGENTE DI LUCE; 
b) UN OGGETTO; 
c) UNO SCHERMO.

Frapponendo un oggetto tra la sorgente di luce e lo schermo, NOI VEDIAMO PROIETTATA SULLO SCHERMO L’OMBRA DELL’OGGETTO. E non solo: se noi adoperassimo più oggetti vedremmo proiettate sullo schermo l’ombre di questi oggetti, e, addirittura, possiamo sovrapporre un numero indefinito di ombre. Quindi, la risultante è che i CORPI A DUE DIMENSIONI SONO LE OMBRE DEI CORPI A TRE DIMENSIONI. 

Facciamo un esempio: prendendo una scatola e disponendola con i lati perpendicolari alla fonte luminosa ed alla parete, NOI CONSTATIAMO CHE QUESTO OGGETTO PROIETTA UN’OMBRA CORRISPONDENTE ALLA SUPERFICIE ESPOSTA ALLA SORGENTE DI LUCE, cioè al coperchio od al fondo della scatola stessa. Ne consegue che qualsiasi volume si riduce nella sua proiezione alla sola superficie. 
Con questo semplicissimo esperimento non abbiamo fatto altro che eliminare il VOLUME di un oggetto, avendo eliminato l’ALTEZZA. 
A questo punto, eliminata l’altezza, se noi sopprimessimo anche la LARGHEZZA, perverremmo ad un mondo in cui esisterebbe UNA SOLA DIMENSIONE, il mondo delle SUPERFICI, e, quindi, se ripetessimo l’identica operazione che abbiamo descritto a proposito del mondo a due dimensioni, avremmo LA PROIEZIONE DELLA SUPERFICIE, CHE È LA LINEA. 

Facciamo l’esempio concreto: prendiamo un cartoncino, con cui intendiamo rappresentare una superficie. Tenendo il cartoncino con la superficie disposta PERPENDICOLARMENTE sia alla fonte luminosa come alla parete, L’OMBRA, che proiettata sullo schermo, è LA LINEA, corrispondente al lato maggiore o minore, a seconda della disposizione assunta, dal cartoncino. In tal modo abbiamo eliminato la superficie ed è rimasta LA LINEA. 

Infine, potremmo scendere di un gradino e andare ancora più lontano, verso IL MONDO SENZA DIMENSIONI, MEDIANTE LA PROIEZIONE DELLA LINEA, CHE È IL PUNTO. Ed eccoci pervenuti al PUNTO IMMATERIALE, al NULLA APPARENTE SUL PIANO FENOMENICO.

Facciamo, anche in questo caso, un esempio concreto: prendiamo uno stilo, una matita o un bastoncino, con cui intendiamo rappresentare un segmento di linea retta. Tenendo lo stilo, la matita o il bastoncino in posizione perfettamente PERPENDICOLARE sia allo schermo, che alla fonte luminosa retrostante, noi vedremo proiettarsi sulla parete stessa l’ombra corrispondente alla sola circonferenza dell’oggetto in questione, che, nel segmento rappresentato, corrisponde ad un PUNTO. 

Il PUNTO, del tutto IMMATERIALE, proiettato sulla parete, è la logica conclusione del ragionamento fin qui seguito, e le tre dimensioni, altezza, larghezza, lunghezza sono state annullate, anche se da esso contenute. 

Infatti, il processo è reversibile: dal PUNTO IMMATERIALE (CONOSCENZA INTELLEGIBILE) possiamo ritornare, ripercorrendo la strada a ritroso, all’oggetto TRIDIMENSIONALE (CONOSCENZA SENSIBILE). 
La strada, sopra descritta, può essere percorsa anche con l’UNITÀ ARITMETICA (il numero “1”). Il numero “1” è il più piccolo dei numeri, una parte della molteplicità, ma, al contempo, È IL PIÙ GRANDE IN PRINCIPIO, poichè virtualmente li contiene tutti e ne produce l’intera serie con la sola ripetizione indefinita di sè stesso. 

Così come il PUNTO GEOMETRICO È NULLA quantitativamente, cioè non occupa spazio, QUANTUNQUE ESSO SIA IL PRINCIPIO, per cui è prodotto tutto lo spazio che ha sviluppato dalle sue proprie virtualità, allo stesso modo, in aritmetica, il numero “1” È IL PIÙ GRANDE IN PRINCIPIO, perché virtualmente CONTIENE IN SÉ l’intera serie dei numeri. 

I GRANDI SACERDOTI EGIZIANI conoscevano benissimo questo processo, che il nostro più grande POETA definisce:  “TRASUMANAZIONE”: 

Trasumanar significar per verba 
non si poria; però l’essemplo basti 
a cui esperïenza grazia serba”, (Paradiso, I, 70-72), 

e lo hanno trasmesso ad un èlite di uomini, che, per lunghissimi anni, hanno frequentato, in Egitto, la scuola della SCIENZA SACRA: tra gli altri PITAGORA e PLATONE. Anche MOSÈ, BUDDHA e CRISTO conoscevano il processo della “TRASUMANAZIONE”.

 

Bartholomaeus Spraneers – Minerva vittoriosa sull’ignoranza – Wikipedia, pubblico dominio

Da questo ragionamento quale conclusione possiamo trarre? 

La realtà ,in cui viviamo, è dominata da un dilagante vociare insulso, dissennato, parossistico, banale, che disconosce non solo la quarta dimensione, ma anche le tre più comuni; in altri termini disconosce il SAPERE e la CONOSCENZA. Con la saggezza popolare possiamo dire “Al peggio non c’è mai fine”. 

Diverse lingue, orribili favelle, 
parole di dolore, accenti d’ira, 
voci alte e fioche, e suon di man con elle 
facevano un tumulto, il qual s’aggira 
sempre in quell’aura sanza tempo tinta, 
come la rena quando turbo spira. (Inferno, canto III, vv. 25-30) 

La VERITÀ, come suprema aspirazione, come sommo bene, che nella nostra TRADIZIONE si identifica in ultima istanza con la divinità, È UN ARGOMENTO MORTO. 

Si ha la percezione, l’idea, talora l’incubo, della PERDITA INEVITABILE E TOTALE DI OGNI COSA BELLA E DOTATA DI VALORE; il vedere come tutto SFIORISCA E CADA, INFINE, NELL’OBLIO E NEL NULLA, non compensato da qualcosa di veramente nuovo.
L’irrevocabilità è nello svanire della memoria. Un albero senza radici non può assolutamente germogliare.

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UNA PERCEZIONE TRAGICA DEL PRESENTE E DEL DIVENIRE. 

Viviamo nel tempo in cui le tenebre e il freddo sembra abbiano sostituito il CALORE DEL CUORE: L’INTOLLERANZA, LA CUPIDIGIA, LA SMODATA SETE DI POTERE E DI DENARO, LA FAME, LA GUERRA, IL RAZZISMO, LA MORTE, DOMINANO SENZA UMANO CONTRASTO LA TERRA. La macchina rossa sfreccia veloce sull’asfalto bagnato di sangue: VITTORIA. Il giunco sembra seccato sulla sponda più bassa del fiume e l’aratro sembra avere troncato l’ultimo filo verde dell’erba. 

Abbagliati dall’enorme progresso della SCIENZA e della TECNICA, abbiamo gradualmente dimenticato il CIELO, la via dello SPIRITO ( = CONOSCENZA INTELLEGIBILE), dando spazio e sfogo al nostro IO ( = CONOSCENZA SENSIBILE). 

È necessario che, per le esperienze della PSICHÉ, la SCUOLA della TRADIZIONE permanga immutata nel tempo. Verrà il giorno in cui gli uomini, che oggi vegetano chiusi nei loro egoismi, sazi di informazioni che scambiano per CONOSCENZA, ricercheranno il sentiero che li condurrà ad ascoltare la parola dei GRANDI INIZIATI. 

DIO ABITERÀ CON LORO E ASCIUGHERÀ OGNI LACRIMA DAGLI OCCHI LORO E LA MORTE NON SARÀ PIÙ, PARIMENTI NON VI SARÀ PIÙ CORDOGLIO, NÉ GRIDO, NÉ TRAVAGLIO, POICHÉ LE COSE DI PRIMA SONO PASSATE. (Apocalisse, XXI, 14).

 

scritto da Aquila BiancaeNera, giugno 2009

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