In quasi tutte le mitologie antiche c’è la figura di un drago che custodisce immensi tesori. Nel mondo greco, questo drago è Ladone, il guardiano dell’albero dai pomi d’oro nascosto nel giardino delle ninfe Esperidi.

Albert Herter – Il Giardino delle Esperidi – Wikipedia, pubblico dominio

Un mostro per tanti aspetti “minore”, ma in ogni caso legato a uno dei cicli-chiave della mitologia greca: quello che narra le dodici fatiche del grande Eracle.

Ladone per alcuni autori era un serpente a cento teste, per altri un drago; altri ancora lo descrivevano come un rettile malefico e astuto. Su un solo punto tutti erano d’accordo: Ladone era una creatura maligna e insidiosa, dotata di poteri magici ricevuti in dono da Era, la sua protettrice.

Esistono due diverse tradizioni genealogiche riguardo alla nascita di Ladone.
La prima individua i genitori del drago nei due mostri da cui discendono tutti gli esseri più orribili del mito greco: il terrificante Tifone, un gigante alato con cento teste e due spire di serpenti al posto dei piedi, e la donna-vipera Echidna, con un busto da donna innestato su una coda da rettile. Dall’unione di questi due esseri immondi ebbe origine Ladone, che poi fu adottato da Era, la moglie di Zeus, e trasformato nel custode dei più preziosi frutti del mito greco.
Contrapposta a questa mappa genealogica ce n’era una seconda che, curiosamente, faceva discendere Ladone dal mare. Secondo questa versione minore del mito, il drago delle Esperidi sarebbe infatti figlio di Forco (o Forcide) e Ceto, una coppia di amanti-fratelli collocati dalla tradizione greca tra le divinità marine primordiali. Nati dalle nozze tra Ponto e Gaia – il Mare e la Terra – Forco e Ceto erano ritenuti i genitori, oltre che di Ladone, anche di molti altri mostri mitologici, tra cui Echidna, le Gorgoni e le bellissime ma insidiose ninfe Esperidi.

Giambologna – Ercole e il drago Ladone, bronzo del XVII secolo – Wikipedia, pubblico dominio

La figura di Ladone compare, per di più marginalmente, solo nell’undicesima fatica di Eracle. Una versione del mito sostiene che Eracle si recò personalmente nel Giardino delle Esperidi, uccise o addormentò Ladone e si impadronì dei pomi, senza alcun aiuto da parte di Atlante.

Secondo una leggenda ellenistica, Era, inconsolabile per la morte di Ladone, tentò di perpetuarne il ricordo innalzandolo in cielo sotto forma di astro. Nacque così la costellazione del Serpente, ben visibile nelle notti estive dalle coste greche.

Dal canto loro le Esperidi, disperate per non aver saputo proteggere i frutti che avevano ricevuto in custodia, si trasformarono in alberi (un pioppo, un olmo e un salice), sotto le cui fronde si riposò Giasone quando, nel corso della sua ricerca del Vello d’Oro, approdò con gli Argonauti nel mitico giardino.

Le tracce lasciate da Ladone nell’arte postclassica sono interamente legate al successo iconografico del mito di Eracle.
Succede così che in opere dedicate all’eroe trovi spazio anche il drago, spesso raffigurato come un cimelio di caccia sotto i piedi del suo uccisore. Altre volte, invece, il soggetto del dipinto è la lotta tra l’eroe e il mostro oppure il contesto mitologico in cui tale scontro è avvenuto.

Significativo in tal senso un dipinto di Frederic Leighton, dove il Giardino delle Esperidi diventa una sorta di Paradiso Terrestre con Ladone nella parte del serpente tentatore.

Frederic Leighton – Il Giardino delle Esperidi – Wikipedia, pubblico dominio

È indubbio, comunque, che l’influenza più duratura della figura di Ladone sia indiretta, e vada rintracciata nelle centinaia di quadri su San Giorgio e il drago che, in un modo o nell’altro, risentono delle suggestioni del mito.

Stralcio testo tratto dalla pagina: mitologia-mythos.blogspot sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

.