Lamia in frammento di mosaico pavimentale del XIII secolo, nella Chiesa di San Giovanni Evangelista a Ravenna – Foto: I, Sailko rilasciata con licenza CC BY-SA 3.0

Lamia era figlia di Belo, il re di Libia, ed ebbe la disgrazia di essere amata da Zeus al quale generò numerosi figli.

Herbert James Draper – Lamia, 1909 – Wikipedia, pubblico dominio

Era, gelosa del marito, fece sì che i figli di Lamia morissero strangolati. Solo Scilla, il mostro situato sullo stretto di Messina, riuscì a scampare alla furia di Era.

Lamia si nascose in una caverna e diventò un mostro orribile, geloso delle madri più felici di lei delle quali spiava i figli per poi rapirli.

Alcune testimonianze aggiungono che Era avesse privato Lamia del sonno, ma Zeus le concesse il privilegio di potersi togliere gli occhi ed appoggiarli dentro un vaso per poter riposare: quando Lamia era priva degli occhi non era pericolosa.

Lamia poteva anche trasformarsi in animale e donna bellissima, inoltre poteva presentarsi in numero maggiore di uno (solitamente tre). Le lamie si univano alle Empuse quando esse apparivano nei trivi e insieme cercavano i giovani per berne il sangue dopo averli sfiniti con i rapporti sessuali.

In Libia era chiamata Neith, dea dell’amore e della battaglia, e anche Anatha e Atena; il suo culto fu soppresso dagli achei ed essa finì per diventare uno spauracchio per i bambini.

Il suo nome, Lamia, pare apparentato con Lamyros (ingordo) da laimos (gola), cioè, per una donna, lasciva, e il suo orribile volto è la maschera profilattica della gorgone, usata dalle sacerdotesse durante la celebrazione dei misteri di cui l’infanticidio era parte integrante.

La leggenda degli occhi di Lamia fu probabilmente tratta da una raffigurazione della dea nell’atto di conferire a un eroe capacità divinatorie offrendogli un occhio.

Stralcio testo tratto dalla pagina: terralab.it sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

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