AtlantideLemuria, e chissà quante altre sono le civiltà antidiluviane che miti e leggende hanno reso vive nella nostra immaginazione: quanto c’è di vero?

Non ci proponiamo di raggiungere una verità assoluta, sarebbe presuntuoso, ma con la collaborazione di chiunque voglia offrire la propria opinione vogliamo arrivare a determinare tutto ciò che non sia in discussione, e che pertanto può servire come colonna portante per potervi costruire intorno la realtà che ognuno preferisce, poiché, ed è questa una triste verità, il mondo di dodicimila anni fa è già troppo lontano perché si possa sperare di giungere un giorno ad una ricostruzione realmente affidabile.
Tanto per cominciare, non è detto che tutti sappiano che il Diluvio Universale è un fatto realmente accaduto, storicamente e scientificamente accertato ed ampiamente testimoniato da leggende e testi sacri che, sparsi per il globo, non possono avere subito la medesima contaminazione, in genere attribuibile all’evangelizzazione compiuta dai missionari negli ultimi secoli. 

Per quanto sia difficile parlare di simili catastrofi a così poca distanza dal terribile maremoto che ha colpito il sudest asiatico, è cosa nota che fatti simili accadano, e per contrapporsi ad essi l’uomo può fare purtroppo ancora poco; ma il Diluvio Universale fu qualcosa di diverso: si dice che la Terra stesse attraversando un’intensa era glaciale, il ché forse non è del tutto esatto, come spiegheremo tra breve, ma rende perfettamente l’idea dell’entità del cataclisma che colpì le terre emerse.

Europa e Nord America erano ricoperti dai ghiacci, quando all’improvviso il clima cambiò provocando lo scioglimento di gran parte delle calotte, e fu così che si registrarono inondazioni di portata immane, con un aumento medio del livello dei mari stimato in cento metri in un intervallo di tempo che non siamo in grado di definire meglio che inferiore a due anni; c’è chi pensa addirittura che il tutto si sia svolto nel giro di un paio di giorni; in realtà, i quaranta, sessanta giorni che i testi sacri riportano risultano più attendibili, pur se sempre suscettibili di un’eventuale interpretazione simbolica o legata alla numerologia.

Se consideriamo che i secoli durante i quali i ghiacci erano avanzati lungo i continenti avevano anche portato all’emersione di ampie porzioni di terra coltivabile altrimenti sommersa, e che pertanto gran parte della popolazione umana vivente all’epoca dovette essersi stabilita proprio in quelle aree che ancora oggi giacciono sotto mari ed oceani oltre ad ampie coltri di sedimenti, possiamo agevolmente capire la ragione di un’incredibile quantità di racconti leggendari legati all’evento e sopravvissuti fino ad oggi: le persone coinvolte furono una percentuale decisamente importante rispetto all’umanità presente sul pianeta all’epoca, ed è quindi più che naturale che il ricordo di tale tragedia si sia mantenuto vivo tanto a lungo.

‘Il diluvio’, frontespizio dell’edizione illustrata della Bibbia di Doré – Wikipedia, pubblico dominio

Dal libro della Genesi:
“le acque del diluvio furono sopra la terra; nell’anno seicentesimo della vita di Noè, nel secondo mese, il diciassette del mese, proprio in quello stesso giorno, eruppero tutte le sorgenti del grande abisso e le cateratte del cielo si aprirono.

Cadde la pioggia sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti…
Il diluvio durò sulla terra quaranta giorni: le acque crebbero e sollevarono l’arca che si innalzò sulla terra.
Le acque divennero poderose e crebbero molto sopra la terra e l’arca galleggiava sulle acque.
Le acque si innalzarono sempre più sopra la terra e coprirono tutti i monti più alti che sono sotto tutto il cielo.
Le acque superarono in altezza di quindici cubiti i monti che avevano ricoperto…
Le acque restarono alte sopra la terra centocinquanta giorni.”

Indonesia:
…la gente fuggì verso le montagne, e tutti tranne due di costoro furono sommersi dalle acque ed affogarono. I due che riuscirono a scappare erano fratello e sorella, e si chiamavano Wigan e Bugan – Wigan si rifugiò su Monte Amuyao e Bugan sul Kalauitan. E l’acqua continuò a salire finché tutte le terre emerse ne furono coperte, eccetto le vette di queste due montagne. L’acqua rimase a sovrastare la terra per un’intera stagione, o dalla semina del riso alla raccolta… Alla fine le acque si ritirarono dalle terre e le lasciarono coperte dalle aspre montagne e le profonde vallate che esistono tutt’ora.

…in tempi molto antichi la terra fu coperta dalle acque, e tutta la gente annegò, fatta eccezione per due uomini ed una donna, che furono trascinati via e si sarebbero perduti, se non fossero stati recuperati da un’aquila, che riportò uno degli uomini e la donna alle rispettive case.
…tutti gli abitanti della terra persero in un colpo la vita, tranne che per una donna. Quando le acque si ritirarono, ella partorì un figlio, il quale, quando fu cresciuto, la sposò, ed in questo modo ripopolarono il mondo.
…il cielo era coperto, scure nubi erano in arrivo, ed una terribile tempesta si scatenò, dalla quale riuscirono a fuggire solo coloro che ebbero raggiunto le più alte colline.
…venne una pioggia immane, e ciò diede origine ad una immensa quantità d’acqua, che salì e salì finché solo tre montagne rimasero non coperte. Tutti coloro che con i propri animali le raggiunsero furono in grado di salvarsi, ma chi non ce la fece morì annegato.

Melanesia:
…ci fu una grande alluvione, ed il mare salì coprendo le terre, sovrastando le colline, e uomini ed animali corsero alla vetta del Tauaga, la montagna più alta. Ma il mare li seguiva e tutti erano spaventati. 

Solo il re dei serpenti, Raudalo, non aveva timore. Quindi disse ai suoi servitori, ‘Dove sono le acque?’ Ed essi risposero ‘Stanno salendo ancora, Signore.’ Ma egli non guardò l’alluvione avanzare. 
E dopo un po’ domandò ancora, ‘Dove sono ora le acque?’ ed i servitori risposero come prima. 
Ed ancora egli chiese, ‘Dove sono ora le acque?’ Ma ora tutti i serpenti, Titiko, Dubo e Anaur, risposero, ‘Sono qui, ed in un istante ti toccheranno, Signore.’ Allora Raudalo si girò, ed estrasse la sua lingua biforcuta, e toccò con la punta le acque furiose dove stavano per coprirlo. 
Ed all’improvviso le acque smisero di crescere, ed anzi si ritirarono dalla montagna. Ancora Raudalo non era soddisfatto, e seguì l’inondazione giù dalla montagna, sempre puntando la lingua in modo che le acque si ritirassero. Così scesero sulle pianure e fino alla spiaggia. E così le acque tornarono alla loro sede naturale.

Micronesia:
…il settimo giorno una grande tempesta di vento e pioggia ebbe luogo, ed il mare salì a coprire tutta Yap. Quando le acque ebbero raggiunto la cima della montagna, Kitimil e sua moglie salirono ai piani più alti della casa; e siccome le acque continuavano a salire giunsero al piano più alto. 

Poiché il diluvio continuava ad imperversare, Magigi prese dell’olio, e mettendolo su di una foglia, lo lasciò sull’acqua; fu così che il diluvio si arrestò, e la tempesta si placò. Alla fine la terra tornò asciutta, ed essi uscirono di casa, dicendo, “Non c’è nessun sopravvissuto a Yap.” 
Ma un altro uomo era sopravvissuto, stando sul fondo di una canoa ancorata ad una grande roccia; e quando lo ebbero trovato, Magigi e Kitimil tornarono alle loro case, dove Magigi partorì sette bambini, che ripopolarono tutte le terre.
…l’alluvione fu causata come vendetta dagli amici di un dio minore che era stato ucciso. Essi rivelarono il loro piano solo ad un’anziana donna, consigliandole di rifugiarsi su di una zattera; ma sebbene ella avesse fatto ciò, la fune si rivelò troppo corta, e così l’acqua salì fino ad annegarla. Il suo corpo fu trasportato lontano, ma i suoi capelli si impigliarono nei rami di un albero, ed ella si tramutò in roccia, ed è così che ancora oggi la si può vedere.

Abbiamo trascurato di includere l’Epopea di Gilgamesh, che forse è il racconto più dettagliato in assoluto in merito a quegli avvenimenti, di cui una versione in inglese si può trovare su: www.sacred-texts.com/ane/gilgdelu.htm; oppure, dallo stesso sito, su: www.sacred-texts.com/ane/chad/chad.htm

Guardando oltre le storielle più o meno simili l’una all’altra, è curioso notare ad esempio come per la Bibbia le acque siano rimaste alte sopra le terre emerse per centocinquanta giorni, mentre per la prima leggenda dall’Indonesia fu questione di un’intera stagione, o meglio dalla semina alla raccolta del riso, il ché significa un arco di tempo tutto sommato equivalente; sul sito internet di un noto produttore italiano ho trovato questa storia relativa proprio all’inizio della coltivazione del riso: ”Nessuno è mai riuscito a stabilire le origini del riso. Si ritiene che le varietà più antiche siano comparse oltre 12000 anni fa lungo le pendici dell’Himalaya.” 
Pur non essendo personalmente in grado di accertare queste informazioni, è se non altro singolare che questa importante fonte di sostentamento faccia la propria comparsa nella storia dell’umanità proprio all’epoca del Diluvio, ed esattamente nell’area che più al mondo poteva rappresentare la sicurezza di non venire travolti dalle acque; è immediato pensare che quelle primitive coltivazioni appartengano a coloro che fuggirono dall’avanzata del mare. 
In effetti non c’è nulla di strano in ciò: è questa l’epoca della rivoluzione paleolitica, ossia l’era in cui l’uomo, di punto in bianco, contemporaneamente in gran parte del pianeta prese a coltivare la Terra, e non lo fece nelle fertili pianure, bensì in scomode e poco redditizie alture di quota superiore ai 1500 metri. 
La situazione sembrerebbe chiara ed incontestabile: l’uomo era già in grado di crescere piante che gli permettessero di stabilirsi in un luogo in cui avesse anche un sostentamento abbastanza sicuro, e fu il Diluvio a costringerlo a fuggire, cancellando le tracce delle precedenti cognizioni agricole.

Ma quale fu la causa di quell’immane catastrofe?
Forse comprenderne la ragione potrebbe illuminarci in merito agli scenari antidiluviani; l’ipotesi maggiormente accreditata al momento, pur se al di fuori dagli ambienti scientifici, è quella di uno slittamento dei poli; in realtà, pur se causa del Diluvio, questo sarebbe comunque un effetto, poiché è impensabile che di punto in bianco l’asse terrestre decida di inclinarsi e cambiare orientamento, per quanto in effetti esso sia in costante movimento, sebbene quasi impercettibile anche per gli strumenti; è stato accertato che seguendo cicli ben definiti il sole inverte la polarità dei propri poli in periodi di una data lunghezza, e che ogni cinque cicli si completi lo spostamento dello strato neutro solare, ossia una fascia, insolitamente ondulata per via della complessità del campo magnetico della nostra stella, che vede annullarsi all’equatore i due campi magnetici di polarità opposta; le singole fasi portano all’emersione di imponenti macchie solari, responsabili di siccità e, pare, sterilità, tanto che si suppone che sia stato proprio il compimento di uno di questi cicli a porre la parola fine sulla gloriosa storia dei Maya, viventi in una zona priva di corsi d’acqua per via della estrema permeabilità del terreno, e pertanto impossibilitati a sopravvivere ad anni di scarsità idrica; ad ogni modo, sembra che sia la fine dello spostamento dello strato neutro a comportare un’influenza talmente forte sull’asse terrestre da dar luogo ad uno slittamento, per via del fatto che in questa fase i due campi magnetici solari subirebbero una fase di riassesto. 

C’è poi chi sostiene che queste alterazioni, sia solari che terrestri, siano in realtà dovute al passaggio attraverso un fascio di particelle emanato da una stella particolarmente lontana, Alcyone, la più luminosa delle Pleiadi: per quanto fantasiosa e di difficile contestualizzazione temporale, si tratta di un’idea interessante, poiché personalmente preferiamo credere che siano gli equilibi tra le grandi forze che mantengono l’ordine nel cosmo, da quella elettromagnetica a quella gravitazionale, ad avere un ruolo importante sul nostro campo magnetico, piuttosto che eventi sporadici e di una drammaticità temibile ma non sufficiente a danneggiare perennemente il nostro pianeta, che ancora oggi, dopo diversi slittamenti dei poli accertati (si parla di oltre centosettanta), è ancora traboccante di vita.

Ammettiamo dunque che sia stato uno slittamento dell’asse a causare il Diluvio; ciò significherebbe che al tempo il clima fosse sostanzialmente diverso da quello attuale, poiché una diversa posizione dei poli significa una differente angolazione nell’esposizione alla luce solare da parte delle singole porzioni di terra emersa. 
Cosa può comportare un simile fenomeno? E’ piuttosto semplice: quando prima abbiamo parlato di una inesattezza nella definizione di era glaciale in merito alle condizioni antidiluviane, ci riferivamo al fatto che, in virtù di una diversa posizione dei poli, anche il sistema di correnti atmosferiche ed oceaniche doveva essere totalmente diverso; è più che probabile che, con un polo spostato più a sud all’interno del continente nord americano, anche la celebre Corrente del Golfo, responsabile del clima relativamente mite delle isole britanniche, non esistesse; Nord America ed Europa erano ricoperti dai ghiacci non perché ci si trovava in un’era glaciale, definizione scientifica dal dubbio significato (secondo che logica la Terra vivrebbe cicli di climi molto più o molto meno rigidi, pur nelle stesse condizioni globali?), bensì perché quello era il clima che la disposizione dei poli vigente al tempo determinava; all’improvviso, lo slittamento dell’asse portò ad un cambiamento repentino delle correnti, dando vita a fenomeni temporaleschi di portata inimmaginabile, ma soprattutto allo scioglimento di gran parte delle calotte, in particolar modo di quella eccezionalmente estesa che dominava il nostro emisfero. 
La fine dei Mammoth, giganti che vivevano in una zona a clima temperato, e che si ritrovarono improvvisamente ibernati nel permafrost, ne è evidente testimonianza, così come lo è l’estinzione di molte altre specie viventi all’epoca.

Dunque fu una catastrofe di enormi proporzioni; quali furono le conseguenze per l’uomo? 
Beh, per quanto gli studiosi ne dicano, è evidente che un simile cataclisma deve aver influito non poco sull’evoluzione della nostra specie, portando ad un regresso di cui sui banchi di scuola non sentiamo menzione: si raccontano favolette sull’improvvisa evoluzione in particolari zone del globo di tecniche adatte alla coltivazione, quindi emergono i primi rudimenti di edilizia che valgono l’indipendenza da quanto la natura mette a disposizione, e via via si arriva alle prime forme di scrittura e di religione vera e propria; uno sviluppo sensazionale nella sua celerità, non c’è che dire.

La dea madre seduta, con accanto due leonesse: rinvenuta a Çatal höyük, è un reperto neolitico (6000-5500 a.C. ca.), oggi conservata al Museo della Civilizzazione Anatolica di Ankara. – Immagine da Wikipedia, user Roweromaniak rilasciata con licenza CC BY-SA 2.5

Peccato che talvolta ci si dimentichi di menzionare il fatto che la più antica città mai ritrovata, e se quanto detto finora è vero il problema è semplicemente quello di dover cercare sotto il mare per trovare qualcosa di più interessante, sia Çatal Hüyük, nell’Anatolia centrale, risalente all’8000 a.C., dotata di una quarantina di templi non contemporanei tra di loro, dedicati al culto della Grande Madre, e nella quale sono stati ritrovati segni di conoscenze legate all’agricoltura, alla pastorizia, all’ediliza ed al commercio, oltre che manufatti che non avranno eguali per secoli a seguire, semplicemente inspiegabili per il fatto di non avere nelle zone circostanti dei segni di civiltà ad essa lontanamente paragonabili; la scienza che questa civiltà poteva mettere in mostra sembra aver in seguito influenzato la cultura dell’Egeo, futura culla della fioritura dell’europea meridionale.

Guardando al livello di sviluppo raggiunto ai nostri giorni, essendo ripartiti pressoché da zero dopo il Diluvio, è lecito pensare che, pur non avendo raggiunto livelli tecnologici paragonabili a quelli attuali, la civiltà di allora abbia saputo conseguire importanti risultati nell’architettura, nell’astronomia, e nei campi indispensabili dell’agricoltura e dell’allevamento; perché non ne troviamo alcun segno oggi? A parte il fatto che, come detto sopra per Çatal Hüyük, non è del tutto vero, è più che probabile che la misteriosa Atlantide sia effettivamente stata distrutta da grandi sconvolgimenti geofisici; una volta compreso dove effettivamente cercare, non mi aspetterei di ritrovare chissà quali esempi di grande sviluppo, ma se consideriamo che per la scienza attuale gli uomini di quindicimila anni fa sapevano a malapena accendere il fuoco, basterebbe trovare villaggi di piccole e medie dimensioni, con qualche tempio e segni di coltivazioni tutto intorno, per sconvolgere le opinioni di storici ed archeologi; dove sarebbe più sensato cercare il fantomatico continente perduto?

 

La Carta di Piri Reis

Frammento sopravvissuto della “mappa del mondo” di Piri Reìs – Wikipedia, pubblico dominio

Nel 1513, un ammiraglio turco rispondente al nome di Piri Ibn Haji Mehmed venne in possesso di un portolano che rappresentava la Terra come al tempo non sarebbe stato possibile conoscerla, sia per il fatto che la precisione di certi dettagli è divenuta ottenibile solo in tempi recenti dai rilevamenti satellitari, sia perché presenta una raffigurazione dell’Antartide, allora sconosciuto, privo di ghiacci, ed il fatto inspiegabile è che solo ai nostri giorni è stato possibile verificare che quel profilo è effettivamente molto prossimo a quello reale; la mappa, scomparsa e ritrovata nel 1929, è stata oggetto di molte discussioni in merito alla sua autenticità, ma ciò non toglie che, anche se fosse stata prodotta nel 1929, e così non è, sarebbe comunque difficile comprendere come sia stato possibile rappresentare con tanta precisione un continente attualmente coperto dai ghiacci.

Poiché qualcuno è stato in grado di ritrovare fonti che dimostrerebbero come la mappa sia stata ricavata da altre ben più antiche, si è subito iniziato a fantasticare sulla possibilità che l’Antartide sia il continente perduto: può essere questa la realtà?

In molti, e non solo Edgar Cayce, il profeta dormiente, credono ed hanno creduto in passato che il continente perduto sia da cercarsi nelle isole caraibiche, poiché queste sarebbero i resti di terre molto più vaste che un tempo avrebbero visto una splendida civiltà evolversi ed arrivare a lasciare la propria influenza fino in Europa, nella quale, a dar retta a Platone, furono gli antenati dei greci ad impedire che costoro invadessero con il loro esercito il Vecchio Continente; è questa un’ipotesi più credibile?
Sono entrambe teorie interessanti, e questo per il semplice fatto che se prima del Diluvio i poli erano posizionati in punti del Globo differenti, è lecito supporre che l’Antartide fosse in gran parte privo di ghiacci, e godesse in un’ampia area di un clima sostanzialmente temperato, mentre l’improvvisa espolosione evolutiva di alcuni popoli sulle due sponde dell’Atlantico, seguita da un loro lento declino, fa pensare che la possibilità di una fuga verso terre prossime da parte di un popolo che ha appena visto la propria madrepatria sprofondare nel mare sia geograficamente meglio identificabile con i Caraibi, un’area che, oltre a possedere diversi vulcani, se consideriamo che all’epoca il livello degli oceani era più basso per via dell’importante calotta polare nell’emisfero boreale, doveva poter contare su una notevole estensione delle terre emerse, tale da riunire molte delle isole come Cuba e le Bahamas, dotandole peraltro di un clima meno vacanziero e più consono alle coltivazioni che oggi consideriamo tradizionali.

L’idea infine che il continente perduto si potesse trovare all’interno del Mediterraneo pensiamo che oggi non vada più nemmeno presa in considerazione; si è incominciato a parlare di Atlantide dopo la riscoperta degli scritti di Platone, pertanto perché andare in controtendenza con quanto questi dialoghi presentano? Oltre a ciò, le curiose indicazioni toponomastiche che riportano al nome di Atlantide si trovano su entrambe le sponde dell’oceano il cui nome, a sua volta, ne è un ennesimo rimando.
Che tipo di civiltà poteva esistere prima del Diluvio? Indubbiamente si trattava di un popolo, per quanto riguarda coloro che furono i trascinatori per quell’epoca, straordinariamente affascinato dalle stelle; gli Egizi prima ed i Maya in seguito arrivarono a pianificare i loro più grandi complessi architettonici in proporzione con parti importanti della volta celeste, o perché alcuni tra i templi rivestissero un particolare significato simbolico nei confronti degli astri; entrambe queste civiltà, curiosamente accomunate dalla similitudine tra le opere più imponenti, che sarebbe stata ancora più evidente se gli Egizi avessero mantenuto la costruzione delle piramidi a gradoni come i primi architetti avevano in effetti scelto di fare, giunsero in tempi straordinariamente rapidi all’apice della loro evoluzione, per poi declinare lentamente; come spesso accade, entrambi questi popoli vantano origini straniere, divine i primi, più umane ma fino ad un certo punto i secondi, che credevano in Kukulcan, semidio bianco e con la barba (particolare non da poco: le popolazioni del centroamerica non hanno peluria facciale per via dei caratteri genetici) giunto da oltremare in tempi remoti: tutto ciò fa pensare che un contatto con gente che non poteva vantare le cognizioni tecnologiche di un uomo del ventunesimo secolo, ma che certamente ne sapeva più di loro in molti ambiti, sia effettivamente avvenuto, almeno per quanto riguarda gli Egizi; i Maya probabilmente avevano fatto propria una leggenda olmeca, che doveva comunque possedere più di un fondo di verità, per quanto ciò non spieghi come ad un certo punto questo popolo sia venuto in possesso di conoscenze di tale livello; ma perché l’astronomia era tanto importante?
Può darsi, anche se è difficile da accettare, che il popolo della fantomatica Atlantide avesse effettivamente compreso qualcosa delle ragioni che avevano causato il Diluvio; è possibile insomma che abbiano capito che non era stato il cielo a ruotare, facendo perdere loro gran parte dei punti di riferimento, ma che era stata la Terra stessa a muoversi, e dato che fino all’epoca di Galileo si pensava ancora che la Terra fosse al centro dell’Universo non è da considerarsi una scoperta di basso profilo. Per giungere ad un tale livello di comprensione, le conoscenze pregresse devono essere notevoli in rapporto ad una dotazione tecnologica evidentemente scarsa; si può dunque pensare che la necessità di avere dei riferimenti fissi ed evidenti mostrata dalle splendide opere architettoniche egizie sia in qualche modo legata al fatto che, in questa maniera, quando dovesse succedere di nuovo che il cielo venga nuovamente sconvolto da uno slittamento della Terra, sia possibile con i vecchi capisaldi tornare presto a capirci qualcosa; si tratta solo di un’ipotesi, ma siamo stati molto colpiti dallo scoprire che la precisione con cui la piramide di Cheope è orientata lungo gli assi cardinali è tale che oggi si fatica, per opere di pari dimensioni, a fare di meglio: la necessità di mostrarsi assolutamente scevri da errori è piuttosto evidente…

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Stralcio testo tratto dalla pagina: civiltaantidiluviane sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

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