
Image by Emmanuel Alcouffe from Pixabay
Il 19 settembre 1846, su una montagna delle Alpi francesi, due pastorelli, Melania Calvat e Massimino Giraud, raccontarono di aver incontrato una “Bella Signora”. Quell’apparizione, riconosciuta dalla Chiesa, prese il nome di Nostra Signora di La Salette. Ma ciò che colpì più di ogni altra cosa fu la descrizione che Melania fece della Vergine Maria.
La Madonna apparve come una madre profondamente addolorata. Era seduta su una roccia, il volto nascosto tra le mani, immersa in un pianto silenzioso. Quando si alzò per parlare, Melania la vide avvolta nella luce, con un abito bianco ornato di rose brillanti bianche, gialle e rosse, che le decoravano il bordo del vestito, il velo e persino le scarpe.
Al petto portava una croce luminosa, da cui pendevano due piccoli strumenti: un martello e delle tenaglie, simboli della Passione di Cristo.
Era un segno chiaro: Maria non era lì solo per mostrarsi, ma per richiamare il mondo alla responsabilità, al pentimento, alla fede viva.
La sua voce, racconta Melania, era dolce e ferma, ma intrisa di tristezza. Parlava come una madre ferita dai propri figli, che li ama ancora, ma non può più tacere.

Rappresentazione della Vergine Maria piangente davanti al Santuario mariano di La Salette. – Wikipedia – Foto di Daniel CULSAN, lavoro personale rilasciato con licenza CC BY-SA 4.0
Questa immagine della Vergine è lontana da quella tenera e silenziosa di tante rappresentazioni: qui Maria è viva, presente, sofferente, coinvolta nel destino dell’umanità. Non appare per spaventare, ma per svegliare.
In un’epoca come la nostra, segnata da confusione e smarrimento, le lacrime di La Salette risuonano ancora. Ci ricordano che la fede non è una tradizione morta, ma una relazione viva con Dio e che anche oggi, una Madre ci chiama, in lacrime, verso la conversione.
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