Sulle rive del fiume Indo sorge un’antica città priva di templi e palazzi monumentali, ma caratterizzata da un’urbanistica straordinariamente avanzata.

Veduta di ciò che resta di Mohenjo-daro – Wikipedia – User:  M.Imran, immagine rilasciata con licenza CC SA 1.0

Numerosi miti e leggende indiane parlano di una civiltà affascinante, ormai scomparsa e dimenticata. Nel Rigveda, un antico testo sanscrito del secondo millennio a.C., si racconta dell’invasione degli Arii, guidati dal dio Indra, noto come il distruttore dei forti, perché si dice che abbia abbattuto novanta fortezze e cento antichi castelli. Per lungo tempo, si è creduto che questi racconti fossero solo leggende, prive di riscontri reali. Tuttavia, nel XX secolo, l’archeologia ha dimostrato il contrario.

Negli anni Venti e Trenta, grazie a diverse campagne di scavi, emerse una civiltà che fiorì contemporaneamente alle grandi culture egizia e mesopotamica. Anch’essa si sviluppò lungo un grande fiume, nella valle dell’Indo, situata nell’attuale Pakistan, ma si estendeva su un territorio ancora più vasto. Oggi si ritiene che la cultura della valle dell’Indo abbia costituito il più grande impero preclassico del mondo. Su un’area triangolare, con il vertice nell’entroterra e una base lunga circa 900 km lungo la costa, sono stati scoperti quasi un centinaio di insediamenti tra villaggi e città.

I Primi Urbanisti della Storia

Mappa semplificata della civiltà dell’Indo (o civiltà di Harappa) con alcuni dei siti archeologici più importanti – Wikipedia – File rilasciato con licenza CC BY-SA 3.0

Nel 1944, l’archeologo Sir Mortimer Wheeler, divenuto Direttore Generale dell’Archeologia dell’India, riprese gli scavi nei grandi tumuli che celavano le due principali metropoli della valle dell’Indo: Harappa, nel nord, e Mohenjo-daro, 560 km più a sud-ovest, conosciuta anche come “la collina dei morti”.

Queste città, costruite tra il 2500 e il 2100 a.C., erano composte quasi interamente da mattoni cotti al forno, indice di una società altamente organizzata. Probabilmente erano le capitali gemelle dell’Impero di Harappa, e all’epoca rappresentavano i più grandi insediamenti urbani del mondo, comparabili solo a Uruk, in Mesopotamia.

Mohenjo-daro aveva una pianta quadrata, con un impianto stradale basato su una griglia regolare. Dodici strade principali, larghe tra i 9 e i 14 metri, dividevano la città in dodici quartieri. Undici erano prevalentemente residenziali, con case in mattoni standardizzate, botteghe e laboratori artigiani. Il dodicesimo quartiere, situato su un rilievo artificiale, ospitava la cittadella, che dominava il paesaggio urbano. Qui si trovavano alcuni degli edifici più importanti, tra cui:

    • Il Grande Bagno
    • Il Granaio
    • La Sala delle Riunioni

Oggi la cittadella è sormontata da un’imponente stupa buddhista, costruita nel II secolo d.C..

Le abitazioni seguivano un modello funzionale: un cortile centrale, attorno al quale si sviluppavano varie stanze, un pozzo per l’acqua e una scala che conduceva al piano superiore. Curiosamente, poche case si aprivano direttamente sulle strade principali: le porte e le finestre si affacciavano su stradine più piccole, forse per garantire maggiore privacy o protezione dal rumore e dalla polvere del traffico cittadino.

Chi Governava Mohenjo-daro?
Uno degli enigmi più affascinanti di Mohenjo-daro è l’assenza di templi e palazzi reali. Mentre altre civiltà antiche erano governate da re-sacerdoti o da sovrani divinizzati, qui non sono stati trovati chiari simboli di potere.

Alcuni studiosi ipotizzano che l’Induismo abbia ereditato elementi dalla religione dell’Indo. La popolazione venerava probabilmente una dea-madre, come suggeriscono diverse statuette ritrovate, e un dio a tre teste con corna, forse un precursore della divinità induista Shiva.

Il Grande Bagno della cittadella potrebbe essere stato un luogo sacro, utilizzato per rituali di purificazione collettiva, un elemento ancora oggi centrale nell’Induismo. Questo suggerisce l’esistenza di un collegio di sacerdoti che officiava le cerimonie religiose della città.

La società di Mohenjo-daro appare disciplinata ed efficiente, con una possibile divisione in classi sociali tra artigiani, commercianti e lavoratori, simile al sistema delle caste dell’India moderna. Un altro edificio importante era il Granaio, dove venivano pestati i cereali e conservati il grano e il riso. Le strutture di aerazione indicano un complesso sistema di essiccazione, suggerendo che questa fosse la sede del controllo economico della città.

Alcuni archeologi ipotizzano che la popolazione fosse governata da uno stato altamente centralizzato, con un rigoroso controllo sulla vita quotidiana. Questo potrebbe spiegare la scarsità di opere d’arte rispetto alle civiltà mesopotamiche o egizie. Le statuette, i sigilli di pietra incisi con raffigurazioni di animali e divinità, i modelli in argilla di tori e i vasi decorati sono testimonianze artistiche limitate, ma riflettono una società ordinata e probabilmente prospera.

Forse, la chiave per comprendere meglio questa cultura potrebbe essere la decifrazione delle iscrizioni sui sigilli di pietra, l’unica forma di scrittura conosciuta della civiltà dell’Indo, ancora oggi indecifrata.

La Fine di Mohenjo-daro

Mohenjo-daro, tratto fognario – Wikipedia – User: Smn121, opera propria rilasciata con licenza CC BY-SA 3.0

Uno degli aspetti più sorprendenti di Mohenjo-daro era il sofisticato sistema fognario. I canali di scolo, disposti in maniera strategica, erano mantenuti da un’autorità centrale e dotati di pozzetti di ispezione. Le abitazioni erano collegate alle fogne tramite tubi in argilla e alcune erano persino dotate di bagni interni con sedili, un’innovazione straordinaria per l’epoca.

Tuttavia, intorno al 1900 a.C., la città entrò in declino. Le continue inondazioni della valle dell’Indo e il depauperamento delle risorse forestali, necessarie per produrre i mattoni, potrebbero aver indebolito l’insediamento. Quando gli Arii raggiunsero la regione, trovarono una popolazione ormai indebolita, che si aggrappava alle vestigia di un passato glorioso.

Nel livello archeologico più recente, sono stati rinvenuti scheletri con segni di ferite da armi, suggerendo una fine violenta per alcuni degli ultimi abitanti. Accanto a un pozzo pubblico, sono stati scoperti quattro corpi caduti sul posto, forse uccisi nel caos finale.

Questa fu la fine di una grande civiltà, una società che aveva saputo creare città funzionali, governate da un rigido ordine sociale e urbanistico, ma che, come tutte le grandi civiltà del passato, non poté resistere al tempo e alle forze della storia.

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