Un mito universalmente conosciuto e raccontato da tanti, tra cui Virgilio nelle GeorgicheOvidio nelle Metamorfosi. 

“Orfeo e gli animali”; mosaico romano d’età imperiale (Palermo, Museo archeologico). – Foto di Giovanni Dall’Orto  licenza Wikipedia 

Orfeo, figlio della Musa Calliope e del re tracico Eagro, viveva tra i Ciconi, una selvaggia tribù di Tracia. Orfeo era un eroe. Egli non combatteva con spada e scudo ma con l’arte del canto e col suono della lira.

Orfeo dominava la Natura, incantava le fiere e persino gli alberi e le pietre lo seguivano con devozione. Orfeo con la sua Arte era il pupillo di Apollo ed era in simbiosi con la Natura perché devoto anche a Dioniso.
Entrambe queste divinità segnarono il suo destino infausto, perché l’uomo non deve mai credersi un dio e assumerne le prerogative.

Jean-Baptiste Camille Corot – Euridice ferita – Istituto d’arte di Chicago – Wikipedia, pubblico dominio

Tornato dalla spedizione degli Argonauti, Orfeo sposò la bella ninfa Euridice.
Un giorno, inseguita dal pastore Aristeo che voleva farla sua, la fanciulla incappò in un serpente che la morse al piede. Ella morì. Non deve sfuggirci un primo particolare importante: Aristeo è un figlio di Apollo. Orfeo non si rassegnò alla morte dell’amata.

Orfeo era consapevole che nessuno poteva resistere al suo canto, neppure le creature dell’Oltretomba. E vi discese. Incantò Caronte, placò il rabbioso Cerbero, fermò la ruota del supplizio di Issione e giunse al cospetto di Ade e di Persefone. La musica fece riaffiorare nella Dea i sereni ricordi della sua vita prima che Ade la rapisse. Fissò Orfeo e si commosse. E persino il duro Ade cedette alla richiesta dell’Eroe, quella di ritessere il destino della sfortunata Euridice.
«E sia. Accolgo la tua richiesta Orfeo a una condizione: la tua sposa ti seguirà ma tu non dovrai mai volgerti finché entrambi non sarete giunti alla luce del sole!» sentenziò Ade. La via del ritorno fu aspra. Un fioco chiarore annunciava l’uscita dal Regno dei Morti.
Orfeo accelerò il passo e quando fu toccato dai raggi del sole, si voltò impaziente. L’ombra di Euridice, indebolita al piede dalla mortale ferita, non aveva ancora raggiunto la luce. Orfeo si protese per afferrarla ma catturò soltanto l’impalpabile aria. Euridice fu risucchiata nelle tenebre. Per sempre.
La vendetta di Apollo nei confronti dell’uomo che aveva osato dominare la Natura col suo canto, era compiuta.

Purtroppo Orfeo incorse anche nell’ira di Dioniso.
Si narra che l’eroe, persa Euridice, rinunciò all’amore di altre donne. Iniziò gli uomini di Tracia a nuovi misteri, innamorandosi del giovane Calaide. Inoltre, forse per farsi perdonare da Apollo, smise di onorare Dioniso, dedicandosi unicamente al culto del Dio del Sole e della musica.

Dioniso incaricò le Menadi di far vendetta. Esse massacrarono tutti gli uomini mentre erano nel tempio di Apollo.

Giovanni William Waterhouse – Ninfe che trovano la testa di Orfeo – Wikipedia, pubblico dominio

Infine si accanirono su Orfeo, facendolo a pezzi. La testa dell’uomo fu gettata nell’Ebro e giunse, cantando, sull’isola di Lesbo. Qui, protetta da Apollo dalle brame di un serpente, fu posta nella grotta di Antissa sacra a Dioniso col potere di proferire oracoli.

Lo spirito di Orfeo raggiunse l’Ade. Trovò Euridice nei Campi delle anime beate e al suo fianco prese a passeggiare… per l’eternità.

 

Stralcio testo tratto da un post di Andrea Contorni pubblicato su  mitologiaclassica.it e reso disponibile con licenza CC BY-SA 4.0 DEED

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