Il Gattopardo diceva: “Noi siciliani siamo dèi“, ma si è scordato di dire che siamo anche pupari.
Perchè pupari?
Perché, trasformandoci in pupari crediamo di reggere le fila del nostro “habitat”, non accorgendoci dei grossi fili che ci condizionano.
Dunque pupari sì ma di antica tradizione come ci testimonia Senofonte, un ateniese allievo di Socrate che ci parla di un puparo di Siracusa. 
Il siciliano rallegrò, con le sue marionette, un gruppo di amici di Autolico, vincitore di una gara atletica, e di Callia.
Siamo attorno al 421 a.C., e Socrate, presente anch’egli, richiese al puparo siciliano di fare ballare le sue marionette, ed egli eseguì la danza di Bacco e Arianna. 
Socrate lo gratificò chiedendogli cosa desiderasse per essere felice ed il Puparo, con furbizia sicula, rispose: “Che ci siano molti sciocchi, perchè essi, accorrendo allo spettacolo dei miei burattini, mi procurano da vivere“.

Ma le dominazioni che si sono succedute in Sicilia hanno affinato sia il senso estetico che quello satirico dei pupari. 
Infatti, dal trastullo s’è passati gradatamente alla vera e propria Opera dei Pupi, una rappresentazione degli scontri medievali tra i Cavalieri di Carlo Magno ed i Mori,  che è un aspetto della tradizione e della cultura siciliana, anche se oggi è purtroppo relegato a evento prettamente folkloristico. 
Il puparo è un bravo artigiano ed un grande attore dovendo dare, durante gli spettacoli,   le cadenze e la voce alle sue creature che ci riportano ai tempi di Orlando, Rinaldo ed il feroce Saladino.

Dobbiamo riflettere sul tramonto dei pupari, forse stiamo tramontando anche noi che releghiamo la nostra sicilianità al posto più basso?

Tanogabo (~ 2006)

Museo dei pupi a Siracusa. Foto di Giovanni Dall’Orto, 21 marzo 2014. – Wikipedia, pubblico dominio

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Risulta estremamente difficile individuare con certezza in quale periodo nascono le marionette armate con repertorio cavalleresco ed il luogo da cui inizia questa tradizione. Si ha notizia che pupi con armature rudimentali esistevano già nell’800 in alcune città italiane, come Roma, Napoli, Genova etc, ma è in Sicilia dove questi si evolvono per divenire il pupo che oggi conosciamo.
La diffusione in un’area prettamente meridionale induce alcuni a sostenere la tesi di un’ origine spagnola del teatro dei pupi, essendo il mezzogiorno fortemente influenzato non solo politicamente, ma anche culturalmente dalla Spagna. 

Purtroppo non si sa però né per quale via, né quando, queste marionette siano arrivate in Italia.
Sul finire del 700 comunque, a Napoli come a Palermo, troviamo marionette di vario genere che non erano però ancora veri “pupi” essendo essi molto rudimentali, costruiti per lo più di cartone e stagnola. Di vero e proprio pupo quindi, si inizia a parlare intorno alla metà dell’800 dove la bravura e l’intuizione degli artigiani siciliani fanno compiere un salto di qualità a quel rozzo pezzo di legno e stoffa. 
Si cominciò a ricoprire il pupo con armature di metallo lavorato arricchite da cesellature, sbalzi e arabeschi e gli accorgimenti tecnici si fecero sempre più ricercati: il filo che comandava la mano destra del pupo venne sostituito da un’asta di ferro, cosi che l’oprante poteva far compiere, al pupo, azioni più precise come estrarre e riporre la spada nel fodero, abbracciare una dama, battersi il petto o la fronte con il pugno, abbassare la visiera dell’elmo etc. e contemporaneamente vennero cuciti vestiti, mantelli e gonnellini con stoffe sempre più belle e preziose. – Questo processo di sviluppo durerà fino ai giorni nostri, dando vita a pupi sempre più belli e raffinati e sviluppando parallelamente anche tutti quei trucchi e accorgimenti scenici atti ad una rappresentazione d’alto livello artistico. –
Solo agli inizi del 19°secolo quando l’interesse per il popolaresco e per le sue forme di vita spinse i dotti e la nuova classe borghese ad interessarsi di quello che si credeva fosse il vivaio più genuino delle patrie memorie, solo allora l’opra non fu più soltanto un semplice passatempo, ma una cosa molto più seria, quando cioè (scrive Ettore Li Gotti) “l’anima dei pupi divenne l’espressione dei sentimenti e delle aspirazioni di giustizia di una classe sociale“.
Durante le rappresentazioni, gli opranti riuscirono ad infondere nell’animo dei pupi quell’espressione di sentimenti, giustizia e libertà di cui il popolo, e non solo il basso ceto ma ancor più la borghesia e il ceto dotto, si fece portatore nella Sicilia del primo ‘800. L’Opera dei Pupi, quindi, ebbe anche valenza propagandistica e non è un caso se il pubblico dell’opra e lo stesso che combatté contro i Borboni per liberare la Sicilia oppressa dagli stranieri. Il popolo, dunque, trovò i suoi eroi nell’Opera dei Pupi e nei racconti cavallereschi, questo spiega l’attenzione e la costanza con cui il pubblico seguiva, sera dopo sera, storie ed avventure che si protraevano anche per diversi mesi. La partecipazione del pubblico, alla rappresentazione, non era quindi passiva ma si spingeva fino al coinvolgimento emotivo: applaudendo i paladini e fischiando i mori e a volte lanciando oggetti contro il palcoscenico o addirittura, in qualche caso, uno spettatore “esaltato” sparava, vere e proprie revolverate, contro il pupo “traditore”. 

Stralcio testo tratto dalla pagina: siciliaterradelsole.blogspot sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

Museo dei pupi a Siracusa. Foto di Giovanni Dall’Orto, 21 marzo 2014. – Wikipedia, pubblico dominio

Nelle epoche passate il successo fu tale che vennero trasposte e riarranciate in versione marionettistica anche famose opere liriche e teatrali, ma la “vera” Opra dei Pupi é costituita essenzialmente da due filoni: le gesta di Rè Artù e i dei Paladini di Francia e alcuni personaggi popolari,come: Firticchiu e suo compare.
Per secoli i PUPI SICILIANI, abilmente animati da generazioni di “Pupari”, hanno costituito l’unica fonte di istruzione e una delle poche occasioni di svago e di divertimento per le classi più umili in un primo tempo, ma che in seguito fu anche apprezzata dalla borghesia.
Un’altra peculiarità dei pupi siciliani é data dal fatto che ciascuno di essi é un’opera d’arte unica, una scultura di legno, metallo e stoffa, mossa da due aste metalliche, una sulla testa e l’altra nella mano destra, e, da alcuni fili generalmente di spago, differenziandosi ancora di più dalle tradizionali marionette (molto più piccole e mosse solo da dei fili). 
E’ straordinario notare come ancora oggi adulti e bambini, seppur smaliziati da mirabolanti videogames, restino tutt’ora a bocca aperta dinanzi a questi ormai rari spettacoli dei pupi siciliani che la nostra associazione da alcuni anni sta mettendo in essere per non dimenticare questo antico patrimonio del teatro di figura.

Stralcio testo tratto dalla pagina: ethnosarteecultura2012.blogspot sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

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