La città-tempio di Palenque fu in passato un importante centro di potere della società Maya, fiorita più di mille anni fa.

Rovine di Palenque – Wikipedia: foto Peter Andersen, opera propria rilasciata con licenza CC BY-SA 3.0

Un’alta foresta pluviale dissimula le meravigliose rovine di Palenque, annidata sulla cresta di alcune basse colline nello stato messicano di Chiapas. 

Localizzazione di Palenque – Mappa tratta da Wikipedia

Lo splendente piumaggio dei pappagalli e degli ara accende il verde cupo degli alberi e solo gli strilli bizzarri delle scimmie aluatta disturbano il sereno tramonto di un antico centro di cerimonie Maya.

Nel 1841, lo scrittore e viaggiatore americano John Lloyd Stephens diede alle stampe un libro che richiamò l’attenzione del pubblico su Palenque e sullo scomparso mondo dei Maya.

Egli scrisse: ‘Nel fantastico romanzo d’avventure che è la storia del mondo, nulla mi lasciò l’impressione più forte dello spettacolo di questa città, in passato grande e bella, e oggi devastata, desolata, perduta’.


Il Palazzo e i Templi

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Il labirinto del Palazzo di Palenque invita il visitatore ad addentrarsi in una successione di stanze e gallerie che conducono infine alla base di una torre a quattro piani. Dalla sua cima i Maya studiavano le stelle e spaziavano con lo sguardo sulla verde pianura del fiume Usumacinta che si estende per 128 km fino al Golfo del Messico. Oggi dalla torre il visitatore può osservare gli edifici religiosi di Palenque. Disposti attorno a una piazza vi sono tre templi a piramide simili d’aspetto: i Templi del Sole, della Croce e della Croce Ornata di Foglie. Tutte e tre le costruzioni si levano dalla sommità di una piramide a gradoni, hanno il tetto a mansarda sormontato da una curiosa struttura verticale 4a pettine’ e racchiudono due stanze a volta. La stanza più interna di ciascun tempio contiene un santuario in cui una lastra di pietra reca splendidamente incisi dei geroglifici e due no-mi Maya. Tra essi si scorge un oggetto cerimoniale. Nel Tempio del Sole, ritenuto da molti il più perfetto di tutti gli edifici Maya, l’oggetto è una maschera del Dio Giaguaro, che regna nel mondo sotterraneo. Negli altri due templi, l’oggetto è un albero a forma di croce su cui poggia un uccello.

A Palenque la costruzione maggiormente degna di nota è il Tempio delle Iscrizioni. Per raggiungerlo il visitatore deve salire 19,8 m di ripida scala, sul lato frontale della piramide. Su ognuno dei quattro pilastri che sostengono il tempio, vi sono delle figure a stucco, a grandezza naturale, reggenti ciascuna un infante o un bambino.

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Del Tempio delle Iscrizioni si sapeva pochissimo fino al giorno in cui, nel 1949, l’archeologo messicano Alberto Ruz Lhuiller rinvenne un’enorme lastra di pietra nel pavimento del tempio. Dopo averla rimossa, scoprì l’inizio di una scala il cui accesso era bloccato da un cumulo di macerie; a lui e alla sua squadra furono necessari tre anni di lavoro per sgomberarla. Ai piedi della scala, situata esattamente a livello del suolo, Lhuiller trovò una lastra di pietra triangolare infissa e gli scheletri di sei giovani, probabilmente vittime sacrificali. Dopo aver rimosso la lapide, Lhuiller aprì una tomba che era rimasta intatta per oltre mille anni. Ecco come la descrisse: ‘un’immensa stanza vuota che sembrava scavata nel ghiaccio, una sorta di grotta le cui pareti e il tetto parevano essere stati piallati fino a divenire perfettamente lisci, oppure una cappella abbandonata avente la cupola drappeggiata da cortine di stalattiti, e dal cui pavimento s’innalzavano stalagmite spesse come sgocciolature di candele...’. 
In questa cripta funeraria, poggiata su un sarcofago, c’era una lastra di cinque tonnellate sontuosamente incisa; tutt’intorno sulle pareti vi erano i bassorilievi scolpiti dei nove Signori Maya della Notte. 
Dentro il sarcofago, Lhuiller trovò i resti di un uomo molto alto che al momento della morte doveva avere una quarantina d’anni. Aveva il corpo e il volto ricoperti da gioielli di giada verde che creavano un brusco contrasto con il rosso vermiglio del rivestimento della tomba. L’elemento più straordinario era la maschera mortuaria, un mosaico di giada: gli occhi, intarsiati di ossidiana e conchiglia, producevano un sinistro, arcano effetto.

Riproduzione del coperchio del sarcofago di Pakal – Wikipedia, author:  User:Madman2001 immagine rilasciata con licenza CC BY-SA 3.0

L’intero tempio a piramide fu probabilmente eretto sulla tomba mentre Pacai era in vita. Una scala conduce dal tempio alla tomba sottostante e, lungo i gradini, corre un tubo di pietra a sezione quadrata. Si ritiene che esso servisse da canale di comunicazione con il defunto oppure che tramite esso il morto rilasciasse la sua energia spirituale.
La cripta funeraria di Pacai è sita dietro la scala sul lato frontale della piramide, all’incirca 24 m sotto il tempio. La cripta, lunga 9 m. e alta 7 m., contiene il sarcofago di Pacai ed è circondata sulle pareti da bassorilievi che raffigurano i guardiani del mondo sotterraneo.
Il coperchio elaboratamente scolpito del sarcofago di Pacai illustra con ricco simbolismo il viaggio del suo spirito nel regno dei morti. La figura centrale è adagiata davanti e sotto l’albero sacro che, secondo una credenza Maya, collega la terra al mondo sotterraneo e ai cieli. Tutt’intorno si scorgono immagini di draghi e simboli degli antenati che, nel loro complesso, assicurano a Pacai un ruolo di assoluta preminenza nella storia Maya. 
Le sculture sul coperchio non sono, come affermò Erich von Daniken nel suo libro Carri degli Dei? raffigurazione di un astronauta in una capsula spaziale: rappresentano piuttosto, con un ricco simbolismo, la transizione dell’anima al regno dei morti, e mostrano la trasformazione in divinità di un capo Maya.

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Il culto Maya degli antenati

Negli Anni Settanta alcuni studiosi dei Maya, come gli americani Floyd Lounsbury e Linda Schele, decifrarono gran parte delle iscrizioni ritrovate sui muri dei templi di Palenque. Esse rivelavano che lo scheletro della cripta funeraria apparteneva al Signore Pacai, che significa ‘scudo’. Sua madre, la Signora Zac-Kuk, governò prima di lui e funse forse da reggente quando Pacai salì al trono alla tenera età di dodici anni.
Le iscrizioni riferiscono che Pacai morì a ottant’anni, nel 683 d.C.: un fatto curioso, giacché lo scheletro sembra appartenere a un quarantenne. 
Sotto il suo regno, fu eretto il grande Palazzo e Palenque giunse al culmine del suo potere, estendendo il suo dominio su gran parte degli insediamenti Maya della regione. Pacai trasformò la città in un centro cerimoniale assai importante, in cui gli antichi rituali basati sul ciclo stagionale agricolo si univano a un culto straordinariamente vivo degli antenati.

Pacai era il tipico rappresentante della classe elitaria che governava il popolo Maya e che era ossessionata dalla venerazione dovuta ai defunti. Sul suo sarcofago sono scolpite le figure degli avi, e i successori di Pacai lasciarono a loro volta delle iscrizioni che spiegavano i rapporti intercorrenti fra loro e il grande predecessore. I sacerdoti-astronomi erano utili al culto degli antenati. Sembra, infatti, che effettuassero un complicato gioco numerologico, che combinava le esigenze della religione e del potere con quelle della storia e della genealogia. Il Tempio delle Iscrizioni porta questo nome perché contiene una serie di 620 geroglifici, la più lunga della civiltà Maya. Sebbene non tutti siano stati decifrati, è evidente che certuni si riferiscono a popoli e a divinità che ebbero un ruolo in eventi occorsi migliaia di anni prima.

Tempio della Croce Fogliata – Wikipedia: foto Anagoria, opera propria rilasciata con licenza CC BY 3.0

Dalle iscrizioni, Lounsbury dedusse che il Tempio della Croce era stato dedicato al figlio di Pacai nell’identico giorno in cui, 1.359.540 giorni prima (3724 anni) era nata una certa figura ancestrale materna. L’indicazione di un così gran numero di giorni era importante perché la cifra poteva essere divisa in sette significativi cicli Maya, planetari o riferiti al calendario. Tale coincidenza numerologia, una delle molte, parrebbe indicare che la storia dei Maya era stata adattata in modo da stabilire un collegamento fra le azioni dell’élite al governo e gli antenati.

La data più recente finora decifrata a Palenque è l’835. Dopo di allora, il sacro centro dei Maya fu misteriosamente abbandonato. Solo le iscrizioni e le tombe ancora da scoprire potranno rivelarci di più sugli officianti di quei riti.

Stralcio testo tratto dalla pagina: tanogaboblog.it 

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vedi anche: La lastra di Palenque

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