Culto di Priapo, disegno di Agostino Carracci – Wikipedia, pubblico dominio

Afrodite cedette alle lusinghe di Dioniso e gli generò Priapo, un orrendo fanciullo dagli enormi genitali: fu Era che gli diede quell’osceno aspetto, in segno di disapprovazione per la promiscuità di Afrodite.
Nato deforme con pancia enorme, lingua lunga e membro mostruosamente smisurato. Nascendo così brutto Afrodite lo rinnegò e lo abbandonò ad Abarnis (campo dei mentitori) regione intorno a Lampsaco nella Misia. Lo allevarono dei pastori che dalla sua mostruosità fallica ne avevano tratto dei buoni auspici per la fertilità dei campi e delle greggi.

Il culto di Priapo risale ai tempi di Alessandro Magno e fu largamente ripreso anche dai Romani, soprattutto collegato ai riti dionisiaci e alle orge dionisiache.

La Pittrice; Museo Archeologico Nazionale di Napoli (inv. 9018); affresco da Pompeii, Casa del Chirurgo (VI, 1, 10, ambiente 19), IV stile pompeiano (50-79 d.C.). Una donna pittrice dipinge una statua di Priapo. – Wikipedia, pubblico dominio

Così Priapo divenne il dio dell’istinto sessuale e della forza generativa maschile e della fertilità delle campagne: proteggeva gli orti e le vigne dai ladri e dai golosi uccelli. Spesso, cippi di forma fallica venivano usati a delimitare gli agri di terra coltivabile. Questa tradizione è continuata nel corso dei secoli, infatti ancora oggi, possiamo trovare diversi esempi di cippi fallici in Italia, nelle campagne di Sardegna, Puglia (soprattutto nella provincia di Lecce) e Basilicata o nelle zone interne di Spagna, Grecia e Macedonia.

Gabriele Fiorini – Ercole Priapo, Palazzo Magnani, Bologna – Wikipedia, pubblico dominio

Nell’arte romana, veniva spesso raffigurato in affreschi e mosaici, generalmente posti anche all’ingresso di ville ed abitazioni patrizie. Il suo enorme membro era infatti considerato un amuleto contro invidia e malocchio. Inoltre, il culto del membro virile eretto, nella Roma antica era molto diffuso tra le matrone di estrazione patrizia a propiziare la loro fecondità e capacità di generare la continuità della gens. Per questo, il fallo veniva usato anche come monile da portare al collo o al braccio. Sempre a Roma, le vergini patrizie, prima di contrarre matrimonio, facevano una particolare preghiera a Priapo, affinché rendesse piacevole la loro prima notte di nozze.

Dopo un banchetto Priapo, ubriaco, tentò di fare violenza a Estia, ma un asino col suo raglio svegliò la dea che dormiva e gli altri dèi, che lo costrinsero a darsi alla fuga. L’episodio ha un carattere di avvertimento aneddotico per chi pensi di abusare delle donne accolte in casa come ospiti, sotto la protezione del focolare domestico: anche l’asino simbolo della lussuria condanna la follia criminale di Priapo.

Ogni anno a Priapo veniva sacrificato un asino, questo rito venne istituito dallo stesso dio che, ad espiazione dell’accaduto, pretese un sacrificio annuale di un asino. Anche a causa dell’importanza che esso aveva nella vita contadina, sia per una sorta di analogia fra i membri virili di Priapo e dell’asino.

Priapo era raffigurato come vecchio barbuto seminudo munito di falce e con un enorme membro eretto.
Ispirò la poesia Priapea dai versi e dai contenuti alquanto sconci. Ci sono giunti all’incirca 80 carmi priapei.

Francisco Goya – Il sacrificio a Priapo (1771) – Wikipedia, pubblico dominio

Stralcio testo tratto dalla pagina: terralab.it sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…