Propriamente parlando eterno è ciò che non ha né principio né fine e quindi “eterno” è soltanto Dio; l’inferno se non ha un fine ha certamente un inizio, non fu creato nel tempo ma nell’eternità [nell’evo], quindi si può dire interminabile.

Guido Reni – San Michele arcangelo (1635), Chiesa di Santa Maria Immacolata a via Veneto, Roma. – Wikipedia, pubblico dominio

Il profeta Isaia (cap.66,24), e l’evangelista San Marco (al cap.9,42), per tre volte parlano di un verme infernale che non muore mai, vuol dire che vivrà sempre come argomento (S. Agostino).

Anche nel Vangelo abbondano simili espressioni e si parla pure del supplizio eterno nella IIª Lettera di San Paolo ai Tessalonicesi.
Se vi ci fossero rimasti ancora dei dubbi, ci ha pensato Gesù a dissiparli, concludendo la profezia del Giudizio finale con queste parole:
– e andarono i malvagi al supplizio eterno, i giusti alla vita eterna.

Mentre in Matteo (al cap.13,38;43) parla della fornace ardente, saranno gettati tutti gli operatori di iniquità dove sarà pianto e stridori di denti; e troviamo la stessa evidente conferma nel Vangelo di Giovanni al cap. 3,36:
– chi crede nel Figlio ha la vita eterna, chi non crede al Figlio non avrà la vita, ma l’ira di Dio incombe su di lui.

San Paolo poi dichiara (nella prima lettera ai Corinzi al cap 6,9;10) “non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? 

Non illudetevi; né immorali, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né i ladri, né gli avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci (avidi) erediteranno il Regno di Dio”, e nonostante questi continui richiami una parte dell’umanità continua a seguire l’angelo sterminatore Abaddon capo dei demoni della settima gerarchia.

Il suo nome significa “rovina” e i rabbini chiamavano così il luogo più profondo dell’inferno, e letteralmente significa “fossa senza fondo” ed è la residenza dove vive Satana e gli spiriti malvagi (come leggiamo in Apocalisse cap.9,11;20).

Questi ed altri simili argomenti scritturali, sono così chiari e precisi che la Chiesa non esitò a far dell’eternità e dell’inferno uno dei suoi primi e principali dogmi di fede. 

L’eternità non è come il tempo che si compone di una continua successione di minuti, ore, anni, secoli, ma è solo un unico istante immobile, senza principio e senza fine.
Il tempo si può cambiare, ma se fossimo privi del giorno, dell’ora, del minuto, è evidente che non potrebbe cambiare mai e non si passerebbe da un istante all’altro.
Si comprende quindi che la natura stessa dell’eternità non avendo nessuna successione del tempo, rende impossibile una variazione e perciò le gioie del Paradiso o le pene nell’inferno è metafisicamente impossibile che siano soggette a modificazione, perciò sono eterne ed immutabili. 

Si dice che Sant’Agostino si sforzasse di capire il significato di eternità, ma gli comparì il suo amico (San Girolamo) morto poco tempo prima a Betlemme, il quale lo ammonì dicendo:
occhio d’uomo non vide mai, orecchio d’uomo non intese mai, mente d’uomo non potrà mai comprendere quello che tu ti sforzi di capire.

Prove dedotte dai fatti

Questa prova è tratta dalla vita di San Brunone, fondatore dei Certosini.

Girolamo Marchesi – Ritratto di San Bruno (o Brunone) fondatore dei certosini – Wikipedia, pubblico dominio

Assistendo nella Chiesa di Nôtre-Dame ad un funerale di un celebre professore della Sorbona Raimondo Diocrès, morto nell’anno 1082, tra il compianto universale, era d’uso collocare la salma in mezzo alla navata principale, coperta da un solo velo.
Cominciati gli uffizi divini, giunti al versetto del salmo “responde mihi, quantas habeo iniquitates et peccata” (Rispondimi, fammi capire, quante iniquità e peccati io ho), si udì una voce sepolcrale uscire dal di sotto del funebre velo che diceva:
per giusto giudizio di Dio sono stato accusato.

Lo spavento fu generale, alcuni medici presenti avvicinatosi al defunto costatarono che era tale. Non si ebbe il coraggio per quel giorno di continuare le esequie e si rimandarono al giorno dopo.
Intanto le autorità ecclesiastiche non sapevano che decidere, alcuni dicevano che sicuramente il defunto era dannato pertanto non era degno delle preghiere della Chiesa, altri facevano osservare che quello che era accaduto era molto spaventoso, ma facevano osservare che tutti sono prima accusati e poi giudicati per giusto giudizio di Dio.
Decisero di riprendere le funzioni funebre il giorno seguente, ma durante la funzione, quando il celebrante pronunciò le stesse frasi del Salmo “Reponde miti,…”, ecco che di nuovo il cadavere del dottore Raimondo Diocrés si alza dalla bara gridando:
per giusto castigo di Dio sono stato condannato per sempre all’inferno.
Tutti i presenti rimasero esterrefatti e con una parola tangibile si convinsero che l’inferno esiste davvero.

Un’altra prova si trova tra gli scritti dell’arcivescovo di Firenze Antonio Pierozzi, vissuto attorno il XV secolo. 

Giovanni Martino Spanzotti – L’elemosina di Sant’Antonio Pierozzi – Affresco, Chiesa di San Domenico, Torino, Italia – Wikipedia, pubblico dominio

Un giovane di buona famiglia che all’età di sedici anni tenne nascosto un peccato al confessore, in seguito si confessò da diversi sacerdoti, ma non confessava mai quel peccato perché si vergognava. 
Continuava a ricevere l’Eucaristia, tenendo volutamente nascosto quel peccato il quale divenne un peccato mortale, che si sommava ad altri peccati mortali perché teneva sempre nascosto quel peccato. Si riprometteva di confessarlo il giorno seguente, ma continuava a persistere nel suo peccato. Era tormentato da questa condizione e per mettersi in pace con se stesso faceva grandi penitenze, ma inutilmente, perché era sempre assorbito dal rimorso di quel peccato.
Decise di entrare in convento e questa volta diceva tra sé:
– sicuramente riuscirò a fare una buona confessione.
Venne accolto in convento come un giovane di buona famiglia ma anche in convento non riusciva a liberarsi di quel peccato continuando a soffocare la voce della sua coscienza per vergogna. Dopo qualche anno si ammalò e allora disse fra sé:
questa volta è l’occasione per confessare tuttoma, di fronte al confessore, decise di rinviare al giorno seguente la confessione di quel peccato.
Purtroppo si aggravò ed infine morì senza mai confessare quel peccato. Per essersi comportato in modo esemplare durante la sua vita in convento, i suoi confratelli decisero di portare il feretro in pompa magna nella cattedrale e di lasciarlo esposto per tutta la notte; il giorno dopo avrebbero fatto la funzione funebre.
Il mattino seguente, prima della funzione funebre, il frate andò a suonare le campane e vide comparire dinanzi il morto cinto di catene roventi, con un’incandescenza che traspariva per tutto il corpo; spaventato il frate cadde in ginocchio con gli occhi fissi per la terribile apparizione e il reprobo gli disse:
– Non pregate per me, perché io sono all’inferno per tutta l’eternità.
Gli narrò la sua storia e la maledetta vergogna dei suoi sacrilegi. Dopo di che scomparì lasciando per tutta la Chiesa e per tutto il monastero un nauseante fetore per attestare la verità di ciò che quel frate aveva veduto e sentito.

Un altro fatto sarebbe ancora più antico, accadde nella cattedrale d’Alessandria d’Egitto; un giorno il Vescovo tenne una predica sull’inferno e tra gli uditori c’erano due studenti, uno rideva per quello che diceva il Vescovo dicendo: 
“Sono tutte frottole, inventate dai Preti perché se è vero che Dio è buono non può punire con un’eterna pena”; l’altro invece rimase talmente sconvolto che decise di cambiare vita entrando in convento.
Dopo un qualche tempo il giovane che aveva deriso il Vescovo, a causa di stravizi e della vita dissoluta che conduceva, morì improvvisamente.
L’amico che era entrato in convento, saputolo, si mise a pregare per l’anima sua, ma il defunto una notte, mentre l’amico stava pregando per lui, gli apparve con tutte le impronte della eterna dannazione dicendogli:
– E’ inutile che continui a pregare per me, perché sono dannato in eterno; ti ricordi quello che sentimmo predicare quella volta nella cattedrale? Ebbene ti assicuro che l’inferno c’è e ci sarà per tutta l’eternità…

Stralcio testo tratto da un articolo di Loredana De Carolis pubblicato nella pagina di guide.supereva.it  sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

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