Publio Ovidio Nasone, nato il 20 marzo del 43 a.C. a Sulmona, proveniva da una famiglia di rango equestre. All’età di dodici anni si trasferì a Roma con il fratello, dove ricevette un’istruzione nelle migliori scuole di eloquenza e retorica della città.
Nonostante il promettente percorso accademico, Ovidio abbandonò presto gli studi per dedicarsi interamente alla poesia. Durante questi anni, seguendo la tradizione del tempo, visitò Atene e, durante il viaggio di ritorno, ebbe l’opportunità di esplorare diverse città dell’Asia Minore, l’Egitto e la Sicilia, dove trascorse un anno.
Rientrato a Roma, intraprese una breve carriera pubblica ricoprendo ruoli come decemviro e tresviro. Tuttavia, la poesia restò la sua vera passione, e si unì al circolo letterario di Messalla Corvino, diventando un poeta molto amato. In un’epoca di prosperità sotto Augusto, Ovidio visse una vita in contrasto con l’ideale di austerità morale promosso dall’imperatore. Ben presto iniziò a frequentare anche il circolo di Mecenate, figura influente durante il principato di Augusto.
Tra le sue prime opere si distingue “Amores“, una raccolta di tre libri e quarantanove carmi, che narra l’intensa e tormentata relazione amorosa con Corinna. Seguendo lo stile elegiaco, Ovidio racconta il suo struggimento per i ripetuti tradimenti di Corinna, supplicandola di non rivelargli le sue infedeltà.
In questo periodo scrisse anche altre opere elegiache, come “Medea” e “Heroides“, consolidando la sua reputazione.
A venticinque anni compose una delle sue opere più celebri, “L’Ars amatoria“, suddivisa in tre libri, in cui si propone come maestro d’amore, offrendo consigli agli uomini su come conquistare una donna. L’opera, però, esorta anche a non prendere l’amore troppo seriamente, trattandolo come un gioco.
Nella sua età matura, Ovidio scrisse il suo capolavoro, “Le Metamorfosi“, un’opera monumentale in quindici libri. Questa raccolta di miti, accomunati dal tema della trasformazione, racconta le vicende di numerosi personaggi mitologici, che subiscono metamorfosi in elementi inanimati della natura.
Ovidio, ormai riconosciuto come uno dei poeti più apprezzati dell’Impero romano, conduce una vita agiata e mondana a Roma, nonostante il suo stato coniugale. La sua fama, però, non lo protegge dalle rigide norme morali imposte dall’imperatore Augusto.
Nel 8 d.C., Ovidio viene infatti esiliato per non aver rispettato i valori morali promossi dall’imperatore, specialmente a causa della sua opera “L’Ars amatoria“, accusata di incitare le donne dell’epoca all’adulterio.
Costretto a lasciare Roma, Ovidio viene esiliato a Tomi, una città remota situata sulle coste del Mar Nero, nell’odierna Romania. Durante gli anni di esilio, continua a dedicarsi alla scrittura e porta a termine una delle sue opere, “I Fasti“. Quest’opera, suddivisa in sei libri, descrive le festività religiose del calendario romano, riformato da Giulio Cesare.
Publio Ovidio Nasone muore in esilio a Tomi, presumibilmente tra il 17 e il 18 d.C., senza mai più rivedere Roma, la città che tanto amava.
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