Sin dal Cinquecento quest’artista, modello insuperato e ambasciatore dell’arte italiana nel mondo, fu particolarmente apprezzato per i suoi ritratti femminili.

Raffaello Sanzio – Autoritratto (1506 circa), Galleria degli Uffizi, Firenze – Wikipedia, pubblico dominio

Raffaello amò profondamente le donne, nell’arte come nella vita. Vasari racconta che morì prematuramente per aver troppo amato, riferendosi alla sua disordinata vita sessuale. Fu un vero tombeur des femmes, amante di splendide donne, che posarono per lui nelle vesti di Madonne e/o figure mitologiche. La più famosa fra tutte fu Margherita Luti, figlia, si dice, di un fornaio di Trastevere e per questo motivo chiamata “Fornarina”, che secondo il Vasari «Raffaello amò fino alla morte», scegliendola come modella per tanti suoi dipinti.

L’artista a Roma viveva come un principe, poteva frequentare le cortigiane più ricercate con il benestare dello stesso Papa. Proprio i suoi eccessi amorosi furono, secondo il Vasari, la causa della morte, avvenuta a soli trentasette anni: una febbre improvvisa in pochi giorni mise fine alla sua esistenza.

Il decorso della malattia unito ad altri sintomi ha fatto pensare invece a una forma di polmonite curata male, perché Raffaello, secondo la teoria del tempo che attribuiva la febbre a un eccesso di sangue, venne trattato con salassi, assolutamente sconsigliati in caso di febbre polmonare.

A testimoniare la relazione amorosa tra Margherita, detta Ghita, e Raffaello è il dipinto in cui il pittore la ritrae, una delle ultime opere dell’artista, databile al 1520 circa e conservato nella Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini a Roma.

Raffaello Sanzio – Il ritratto di giovane donna (noto anche come La fornarina)
Galleria Nazionale d’Arte Antica, Roma – Foto: Opera propria di Livioandronico2013Wikipedia, pubblico dominio

La donna è ritratta di tre quarti, rivolta verso sinistra, a seno nudo, con il ventre appena coperto da un velo trasparente, che regge con la mano destra; il suo atteggiamento di finta pudicizia sortisce l’effetto contrario, orientando lo sguardo di chi osserva proprio su ciò che sembra voler nascondere; in testa porta un turbante di seta dorata a righe verdi e azzurre, fermato da una spilla con perla pendente. Alle sue spalle, un folto cespuglio di mirto, pianta sacra a Venere, e un ramo di melo cotogno, simbolo di fertilità. Sul bracciale l’autore si firma: RAPHAEL VRBINAS.

L’artista conservò questo dipinto nel suo studio fino alla morte, e la critica non esclude vi abbia messo mano, per completarlo, anche l’allievo Giulio Romano. Probabilmente si tratta di un lavoro a più mani secondo la prassi della bottega romana di Raffaello. Dopo alcuni passaggi di proprietà, fu acquistato dai Barberini ed è citato nei loro inventari a partire dal 1642. Una copia si trova alla Galleria Borghese: si riteneva fosse opera di Giulio Romano; in tempi più recenti è stato invece attribuito a un altro allievo del celebre Maestro, Raffaellino del Colle.

Molti però considerano questa love-story solo frutto di una leggenda.

Il nome “Fornarina” risale al 1772, quando fu aggiunto in calce a un’incisione di Domenico Cunego. Lo studioso Giuliano Pisani in Le Veneri di Raffaello (Ediart 2015) sostiene che secondo un’antica tradizione, documentata già nei classici greci e poi anche in età medievale e rinascimentale, il termine “forno” e i suoi derivati “fornaio”, “fornaia”, “infornare”, ecc. indicano metaforicamente l’organo sessuale femminile e tutte le pratiche riguardanti l’accoppiamento.

Raffaello Sanzio – ‘Donna col velo (La Donna Velata)’, 1516. Galleria Palatina, Firenze, Italia. – Wikipedia, pubblico dominio

La donna ritratta nella Fornarina sembra sia la stessa ritratta anche in La Velata, nella Madonna Sistina, nel Trionfo di Galatea e in altri dipinti di Raffaello: appaiono simili i lineamenti del volto, il mento piccolo, gli occhi castani e il naso piuttosto lungo.
La Velata è un dipinto assegnato a Raffaello dagli studiosi dell’Ottocento, databile al 1516 circa, realizzato quindi prima della Fornarina, e conservato nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze. La posa è la stessa, di tre quarti, con lo sguardo rivolto allo spettatore, stessa anche la cura nell’abbigliamento, nei riflessi luminosi della seta e l’attenzione ai gioielli: tra i capelli compare la stessa spilla che adorna il turbante della Fornarina. Il velo posato sui capelli, da cui il titolo di “Velata”, indica la condizione di donna maritata, ma l’identità della protagonista è rimasta incerta. Secondo Vasari si tratterebbe del ritratto di Margherita Luti, ma il ricco abito e i gioielli fanno pensare piuttosto a una nobildonna.

Stralcio testo tratto da un articolo di Livia Capasso pubblicato nella pagina di  vitaminevaganti.com sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

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