Santa Cristina di Bolsena, nota anche come Santa Cristina di Tiro, è stata una vergine e martire latina o siriaca che, secondo la tradizione, nell’anno 200, sotto l’imperatore Settimio Severo, fu torturata e trucidata.

Santa Cristina di Bolsena, scultura di Moriz Schlachter, chiesa parrocchiale di Santa Cristina, Ravensburg – Wikipedia, pubblico dominio

Il racconto della vita di Cristina è considerato poco più di una leggenda e narra di una undicenne che il padre fece rinchiudere in una torre con dodici ancelle per preservarne la bellezza. In realtà questa misura venne adottata dal genitore, di nome Urbano, ufficiale dell’imperatore, per costringere la figlia ad abiurare la fede che aveva abbracciato: il cristianesimo. 
Alla morte del padre – che già aveva fatto più volte torturare la figlia, pur di farla ritornare agli antichi culti – le autorità si accanirono ancora di più su di lei, mettendola a morte.

Le scoperte archeologiche indicano che a Bolsena la venerazione di santa Cristina, vergine e martire, risale almeno al IV secolo. Infatti, nella cittadina laziale, di cui la santa è patrona, fin dal IV secolo si è sviluppato un cimitero sotterraneo intorno al sepolcro di una martire Cristina.
Da sedici secoli Bolsena, ogni 24 luglio, commemora il martirio di santa Cristina: la fanciulla concittadina che a soli 11 anni seppe intrepidamente affermare il proprio credo religioso.
Subito la sua tomba fu meta della devozione degli abitanti del luogo e la memoria del suo martirio si tramandò, di generazione in generazione, tanto da essere eletta speciale patrona della città di Bolsena.
Fu proprio la presenza della venerata tomba che riuscì a mantenere in vita l’esiguo abitato dopo la distruzione della romana Volsinii. Il nome di Santa Cristina appare nei più antichi martirologi della chiesa: il Geronimiano e il Romano. Sullo scarno ricordo di un nome, di una data e di un luogo si creò una passione il cui testo più antico risale al V secolo.

La fortunata posizione del suo Santuario, sulla consolare Cassia, contribuì notevolmente al diffondersi del culto un po’ in tutto il mondo cristiano tanto che la sua immagine compare nella celebre teoria dei santi più venerati nell’antichità in Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna, opera musiva risalente al VI secolo. In età medioevale i pellegrini che transitavano sulla via Francigena, da e per Roma, incrementarono il diffondersi della devozione.

Pellegrino a Roma fu anche quell’anonimo sacerdote d’oltralpe che, celebrando l’Eucaristia sulla tomba della martire, vide l’ostia consacrata tramutarsi in carne, riuscendo così a liberare la sua coscienza dal dubbio della presenza reale del vero e santissimo Corpo di Cristo. Le cronache narrano che tale evento miracoloso accadde nel 1263.

Santa Cristina di Bolsena. Palermo, Quattro canti (1608-1620), lato sud. – Wikipedia, Licenza Arte Libera

Cristina fu anche considerata la santa del lago, tanto che questo portò il nome della martire per secoli; il lago, con i suoi prodotti, contribuiva alla buona riuscita della sua solennità a Bolsena. Infatti, i paesi rivieraschi erano tenuti al pagamento di una tassa sul pescato a favore della festa della santa. Sempre in età medioevale l’immagine di Cristina si standardizzò con gli attributi della macina (con la quale venne gettata nelle acque del lago) e della freccia (arma che mise fine alla sua vita). 
Venne invocata speciale patrona dei mulini e dei mugnai, di arcieri e balestrieri, dei bambini. Ancora oggi, a Bolsena, la festa di Santa Cristina è quella più intimamente legata nell’animo popolare.

La parte orientale della cattedrale di Palermo in stile arabo-normanno – Wikipedia, pubblico dominio

Il corpo della santa riposa, secondo la tradizione, nella cattedrale di Palermo, presso la Cappella delle reliquie in un ricco fercolo argenteo.
Santa Cristina di Bolsena è compatrona della città di Palermo. Una reliquia della santa è stata donata dalla diocesi di Palermo alla chiesa madre del comune di Santa Cristina Gela nel 1991.

Un’altra tradizione, invece, vuole che il corpo della Santa riposi a Toffia in Sabina (RI) in un’urna trasparente.
L’unica reliquia autentica riguardante lo scheletro di santa Cristina di Bolsena è l’osso del suo avambraccio conservato a Sepino, in provincia di Campobasso. Le ossa che si trovano oggi a Palermo e a Toffia non sono le sue. Nel 1099, al tempo delle crociate, alcuni pellegrini francesi in viaggio verso la Terra santa, sostarono a Bolsena e rubarono lo scheletro della santa per portarlo con loro in Palestina; durante il viaggio si fermarono a pernottare in un paesino del Molise, Sepino, ma durante la notte furono scoperti dalla gente del posto, cosicché lo scheletro della santa rimase in questo piccolo paese. Alcune delle ossa della santa furono donati a privati mentre, alcuni decenni dopo, gran parte dello scheletro fu portato nella cattedrale di Palermo: a Sepino, però, rimase l’osso del suo avambraccio.
Delle antiche reliquie portate a Palermo, non se ne ha più traccia: forse sono state nuovamente trafugate.

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