Claudio Coello, Il trionfo di sant’Agostino, 1664, Madrid, Museo del Prado. – Wikipedia, pubblico dominio

Agostino Aurelio, teologo e filosofo, padre della Chiesa latina, dottore e santo. Nato a Tagaste (Numidia) il 13 novembre 354 e morto ad Ippona (Africa), 28 agosto 430

Compì gli studi a Madaura, Tagaste e Cartagine. Studente brillante ma moralmente alquanto libertino, appena conclusi gli studi, aprì una scuola di retorica a Cartagine e successivamente a Roma e a Milano, su invito del governatore della città. Qui l’incontro con Ambrogio e l’esempio di alcuni convertiti (nonché le ferventi preghiere della madre Monica) affrettarono la sua conversione al cristianesimo (prima aveva abbracciato per vari anni il manicheismo).
Dopo il battesimo nel 387, rientrò in Africa, dove nel 391 fu consacrato sacerdote e nel 396 fu nominato vescovo di Ippona. Da allora fino alla morte si batté con tutte le sue forze e il suo grandissimo zelo, con gli scritti e la predicazione, per la difesa dell’ortodossia, ottenendo prima la condanna del donatismo (Concilio di Cartagine, 411) e più tardi del pelagianesimo (Concilio di Milevi, 416). Morì il 28 agosto del 430, mentre Ippona era assediata dai Vandali.

Uno dei più grandi geni dell’umanità in assoluto, Agostino è il massimo esponente della teologia e della filosofia cristiane della Chiesa latina per il primo millennio. Non c’è area della filosofia e della teologia in cui il suo pensiero non abbia lasciato il segno non soltanto attraverso tutta l’età medioevale ma anche quella moderna. In metafisica, con la critica del manicheismo e con la soluzione del problema del male (concepito non come sostanza ma come privatio boni, privazione di una perfezione dovuta); con la dimostrazione dell’esistenza di Dio, movendo dalla presenza della verità nella mente umana. In antropologia filosofica, con la sua concezione dualistica della realtà umana (il corpo unito all’anima in modo puramente strumentale); con l’affermazione del primato della volontà sull’intelletto; con la distinzione tra libero arbitrio (pura capacità di scelta, che può volere sia il bene sia il male) e la libertà (potere di scegliere ed operare il bene). In gnoseologia, con la critica allo scetticismo, facendo appello al si fallor sum (se mi inganno esisto certamente!); con la distinzione netta tra scienza (ratio inferior), che si occupa delle cose di questo mondo, cose terrene e sapienza (ratio superior), che ha per oggetto le verità eterne; con la teoria della illuminazione divina, per spiegare la cognizione delle verità eterne.

Vittore Carpaccio – Visione di sant’Agostino – Wikipedia, pubblico dominio

In pedagogia, dando importanza relativa alla funzione del maestro, il quale coadiuva semplicemente l’apprendimento della verità, poiché questa viene comunicata alla mente dal maestro interiore (il Verbo divino). In ecclesiologia, con l’identificazione della Chiesa con il regno di Dio (civitas Dei). In soteriologia, con la dottrina sulla mediazione di Cristo e la sua riparazione dei nostri peccati. Nella triadologia, col suo approfondimento del mistero della Trinità, la distinzione delle Tre persone nell’unità della natura, la processione del Figlio e dello Spirito Santo dal Padre ricorrendo alle analogie presenti nelle creature e soprattutto nell’anima umana con la triplice operazione: intelligenza (mens), memoria (notitia), volontà (amor). In antropologia soprannaturale, con la sua dottrina sul peccato (sia originale che personale) e sulla grazia, e con l’approfondimento dello studio dei rapporti tra libertà umana e provvidenza divina, che prevede ma non determina quanto l’uomo compie. In filosofia e teologia della storia, con la teoria delle due città: città di Dio sorta dall’amore verso Dio e città dell’uomo. Di tutti questi importantissimi contributi di Agostino allo sviluppo della filosofia, della teologia cristiana e della cultura medioevale, tre meritano un’esposizione più dettagliata: le dottrine sull’anima, sulla Trinità e sulla storia.

Antonello da Messina – Sant’Agostino, dal polittico con i Dottori della Chiesa, Palazzo Abatellis, Palermo – Wikipedia, pubblico dominio

a) L’anima– Quando nei Soliloqui la ratio, cioè la filosofia, chiede ad Agostino che cosa desideri conoscere soprattutto, egli risponde: «Deum et animam scire cupio» (desidero avere scienza di Dio e dell’anima). Molti ed ardui sono i problemi che investono l’anima, tutti problemi che i filosofi greci e cristiani già avevano affrontato e risolto in svariati modi prima di Agostino Questi nel De quantitate animae segnala come più importanti i seguenti: «L’origine dell’anima, le sue proprietà, la sua grandezza, la ragione della sua unione col corpo, la sua condizione nell’unione col corpo e dopo la separazione» (c. 13, 22). Riguardo all’origine dell’anima Agostino rimase incerto fino all’ultimo. Ai suoi tempi circolavano quattro soluzioni: preesistenza, origine per trasmissione da parte dei genitori (traducianesimo), origine per caduta dal mondo degli spiriti, creazione individuale. Mentre un po’ alla volta egli riuscì a scoprire l’assurdità delle tesi della preesistenza e della caduta, non riuscì invece mai a vincere la sua perplessità nei confronti delle altre due soluzioni: creazione diretta oppure traducianesimo.
Sul non meno arduo problema della sopravvivenza dell’anima dopo la morte del corpo (il problema cioè della immortalità) ha idee chiare e sicure: poiché l’anima è una realtà semplice e spirituale è anche incorruttibile.

A sostegno di questa tesi egli adduce tre argomenti:
a) l’autonomia dell’anima dal corpo sia nell’agire sia nell’essere;
b) il desiderio naturale che tutti abbiamo della immortalità;
c) il vincolo indissolubile che unisce l’anima con qualcosa di assolutamente incorruttibile, la verità.

Il terzo argomento è quello più caro ad Agostino ed è quello maggiormente in sintonia col suo pensiero. L’anima, per Agostino, non costituisce soltanto l’oggetto primario e più importante di tutta la sua indagine filosofica, ma è anche la prospettiva in cui egli si colloca e il principio ermeneutico che egli assume per intendere qualsiasi altra realtà (il mondo e Dio).
Per questo la sua filosofia si dice interioristica e la sua metafisica si chiama metafisica della interiorità (la stessa interiorità invoca Dio: inquietum est cor nostrum donec requiescat in Te, Confessioni I, 1).

b) Dio uno e trino – Il problema di Dio viene affrontato da Agostino in tutti i suoi molteplici aspetti: esistenza, natura, attributi, conoscibilità, mistero trinitario. L’esistenza di Dio viene argomentata con vari ragionamenti: la contingenza delle cose, l’ordine del mondo, ma soprattutto mediante l’argomento della verità. Questa, come si è visto, si trova nell’anima, ma è superiore all’anima stessa. Infatti «noi giudichiamo la nostra conoscenza mediante la verità, ma non possiamo mai sottoporre a giudizio la stessa verità» (De libero arbitrio II, 13, 34). Ma il riconoscimento di tale eccellenza della verità rispetto a noi conduce necessariamente a Dio, «perché se c’è qualcosa di più elevato della verità, allora è quella cosa che è Dio, ma se invece non c’è nulla di più nobile, allora è la verità stessa ad essere Dio» (ivi). Di tutti gli attributi che si possono assegnare alla natura divina (semplicità, bontà, sapienza, bellezza ecc.) quello che la distingue meglio dalle creature, secondo Agostino, è la immutabilitas: Dio solo è immutabile, eternamente eguale a se stesso, il nunc stans; ogni altra realtà è mutevole, è un nunc transiens: «Io ti affermavo incontaminabile, inalterabile e totalmente immutabile» (Confessioni VII, 3).

Sant’Agostino in un affresco di Sandro Botticelli – Wikipedia, pubblico dominio

Però, nonostante la lunga serie di attributi che la mente umana riesce a cogliere in Dio, essa non deve farsi troppe illusioni circa la sua conoscibilità: in effetti Egli resta sostanzialmente inconoscibile. Se è già assai difficile cogliere la natura di Dio, impresa ancora più ardua è penetrare nel suo essere trinitario: trovare le ragioni per cui Dio ha tre persone: il Padre, il Figlio e lo Spirito, e perché e in che modo ognuna di esse gode di una propria sussistenza.
La grandezza impressionante del genio teologico di Agostino si manifesta in tutto il suo splendore nello studio di questo sublime mistero e per merito di Agostino esso riceve la sua formulazione definitiva. Tra gli altri meriti acquisiti nella discussione del mistero trinitario, Agostino ha anche quello di avere fissato con precisione il significato di alcuni termini chiave, in particolare di persona, natura o essenza e di relazione, e di avere, per primo, posto nella relazione il principio delle distinzioni personali. Mentre le Persone divine sono perfettamente identiche a livello di essenza e di perfezioni assolute, esse si distinguono a livello di relazioni. L’identità del Padre, chiarisce Agostino, è data dalla relazione della Paternità (che possiede Egli soltanto), l’identità del Figlio dalla Filiazione, l’identità dello Spirito Santo dalla Donazione passiva (è il Dono che il Padre e il Figlio si fanno reciprocamente). Agostino osserva che queste relazioni, essendo nell’ordine dell’opposizione e non in quello delle perfezioni assolute, dicono solo distinzione e non diversità di perfezione tra una Persona e l’altra. Queste relazioni sono reali e quindi comportano una distinzione reale tra i termini correlativi – il Padre non è il Figlio, il Figlio non è il Padre ecc. -, sono immutabili, sono sussistenti, ed essendo le relazioni simultanee, le Persone divine sono egualmente eterne. Il Figlio mai ha cominciato ad essere Figlio, ma lo è sempre stato, come il Padre non ha mai cominciato ad essere Padre, ma lo è sempre stato, e lo stesso vale anche per lo Spirito Santo. Celebre è il tentativo compiuto da Agostino negli ultimi libri del De Trinitate di rinvenire nell’anima (che è già naturalmente imago Dei) un’immagine valida della Trinità. L’immagine più prossima è data dalle facoltà: memoria, intelletto e volontà (mens, amor, notitia) che pure essendo perfettamente distinte tuttavia costituiscono un’unica sostanza.

c) Città di Dio e filosofia della storia – L’esposizione della dottrina agostiniana sulla filosofia della storia si trova nella Città di Dio (De civitate Dei). Questa opera fu dettata da circostanze contingenti: l’accusa che i pagani muovevano ai cristiani di essere la causa dello sfacelo dell’Impero per avere tradito la religione dei loro padri. Ma Agostino, nel suo saggio, non si accontenta di confutare l’accusa mostrando che la religione pagana non ha mai giovato a nessuno, né per la vita presente né per quella futura (primi dieci libri); nella seconda parte (libri XI-XXII) egli affronta un compito ben più ampio ed importante: quello dell’origine, dello sviluppo e del senso della storia. Questa trae origine da Dio perché Lui crea i primi uomini e perché concorre al suo svolgimento con la sua provvidenza. Ma l’articolazione della storia in due città: la civitas Dei o coelestis e la civitas hominis o terrigena (la prima viene chiamata anche Gerusalemme e la seconda Babilonia), ha luogo per colpa degli uomini. Fanno infatti parte della città di Dio quelli che scelgono come valore principale Dio; mentre fanno parte della città dell’uomo coloro che scelgono come valore principale l’uomo o cose inferiori all’uomo. L’amore di Dio e l’amore di sé stanno all’origine delle due città. L’antitesi dei due amori che hanno dato origine alle due città ne dirige anche il corso e le fa procedere verso fini eternamente opposti. Il senso della storia è costituito appunto da questa incessante durissima dialettica. La dialettica tempestosa delle due città e dei due amori non cristallizza l’umanità in situazioni invariabili, ma la guida attraverso una maturazione dolorosa, verso l’età perfetta dello spirito, verso Cristo, nella pienezza dei tempi…

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Stralcio testo tratto dalla pagina: www.parrocchie.it sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

 

Il Pordenone – Sant’Agostino d’Ippona in cattedra – Wikipedia, pubblico dominio

Inserisco uno stralcio di uno scritto di Sant’Agostino che mi piace sottoporvi…

“Qualunque cosa, diversa da sé, pensi l’uomo, un oggetto che è stato fabbricato non sarà mai simile a colui che lo ha fatto… Dio è ineffabile, più facilmente diciamo ciò che non è, anziché ciò che è.
Pensi alla terra: Dio non è questo!
Pensi al mare: Dio non è questo!
Pensi a tutte le cose che sono sulla terra, agli uomini e agli animali: Dio non è questo! A tutte le cose che sono in mare o che volano in aria: Dio non è questo! A ciò che splende nel cielo, le stelle, il sole, la luna: Dio non è questo!
Pensi al cielo: Dio non è questo!
Pensi agli angeli, alle virtù, alle potestà, agli arcangeli, ai troni, alle sedi, alle dominazioni: Dio non è questo!
E che cosa è? Questo solo ho potuto dire: ciò che non è.
Mi chiedi che cosa è? Ciò che occhio non ha visto, né orecchio ha udito, né è penetrato nel cuore dell’uomo.
Come pretendi che salga sulla lingua ciò che non è entrato nel cuore?”

Agostino, Esposizione sui Salmi, 85, 8(12).

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vedi anche:

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