Thor era una delle figure più amate e ricordate di tutta la mitologia del Nord Europa. Era anticamente venerato dai popoli scandinavi, dai vichinghi e dalle popolazioni germaniche, presso cui aveva nomi diversi. Gli scandinavi, in particolare, si definivano “popolo di Thor” poiché questi era considerato una divinità molto vicina agli esseri umani, capace di rappresentare molte qualità e caratteristiche comuni – o comunque apprezzate – dei guerrieri del Nord.

Thor era figlio di Odino, il re degli dèi, e di Jord (in norreno Jörð), la dèa della terra.
In particolar modo, Thor rappresentava il dio del tuono e del fulmine, e quindi della pioggia e della tempesta. Il suo nome in tedesco era “Donar” o “Donner“, che significa appunto “tuono”, e a lui era dedicato il giorno del giovedì (in tedesco Donnerstag, cioè “giorno di Thor”), mentre il nome Thor era di origine scandinava.

Thor raffigurato sul suo carro mentre brandisce il martello Mjöllnir (dipinto di Mårten Eskil Winge, 1872) – Wikipedia, pubblico dominio

Veniva rappresentato come un uomo possente, muscoloso, dallo sguardo feroce e accigliato e dei lunghi capelli e barba biondi, oppure rossi. Di lui si diceva che creasse il fulmine attraverso il martello Mjöllnir (a volte scritto anche “Mjölnir” o “Mjoolnir”), l’infallibile “frantumatore“, vero simbolo di questa divinità: forgiato dai nani Eitri e Brokkr come dono per Thor, questi lo utilizzava in battaglia come fosse un boomerang, per uccidere i nemici e creare il fulmine.
Thor aveva però con sé anche altri due oggetti magici: una cintura in grado di raddoppiare la sua forza e dei guanti di ferro che era solito indossare per impugnare e afferrare al volo il suo martello.

Dipinto ‘Donar-Thor’ del pittore tedesco Max Koch (1859-1930), dipinto intorno al 1905 – Wikipedia, pubblico dominio

Viaggiava su un carro trainato da due magici caproni neri, dal nome Tanngnjóstr Tanngrisnir: il primo, nella lingua norrena, significa “colui che digrigna i denti” e il secondo “colui che fa stridere (o “arrotondare”, o addirittura “spaccare”) i denti” per via del rumore prodotto dalle loro mascelle. Thor se ne cibava durante i lunghi viaggi senza mai ucciderli, poiché la loro carne aveva il potere di ricrescere in continuazione, direttamente dalle loro ossa grazie al martello Mjöllnir. E’ possibile che questi due caproni rappresentassero i nuvoloni neri preannunciatori di pioggia, che scompaiono dopo un violento acquazzone per poi ricomparire tempo più tardi.
Il martello di Thor, invece, capace di produrre un terribile boato nel momento in cui colpiva a morte i nemici, era la rappresentazione del tuono.

Essendo il dio del fulmine, non c’è da stupirsi che spesso Thor si accompagnasse a Loki, cioè il dio del fuoco, che era un dio malvagio, autore di inganni e malefatte. Thor invece, nonostante l’aspetto minaccioso e la ferocia nel combattere i nemici – tra i più famosi si ricordano i giganti, simbolo del caos – era un dio benevolo, considerato il protettore dell’umanità e portatore di prosperità.

Viveva nel bellissimo castello di Bilskirnir ed era sposo di Sif, da molti considerata la dea della fertilità, che appunto è portata dalle piogge.
Nonostante l’identità di Sif resti ancora oggetto di dibattito, quello che viene riferito con precisione dagli scritti popolari di mitologia norrena è che lei e Thor ebbero due figli: Thrud (o in norreno Þrúðr) e Mòdi.

Thor aveva invece avuto, dalla gigantessa Járnsaxa, il figlio Magni, simbolo della potenza, che aveva combattuto, assieme al padre, il gigante Hrungnir.

Emil Doepler – Thor e il serpente di Midgard- Una scena del Ragnarök, la battaglia finale tra Thor e Jörmungandr. – Wikipedia, pubblico dominio

Di Thor veniva narrata la morte durante il Ragnarök, cioè la fine del mondo o “crepuscolo degli dèi”, nel quale ogni divinità del Nord (gli Asi o Aesir) sarebbe stata uccisa dal proprio alter-ego. La morte di Thor sarebbe avvenuta dopo aver ucciso il serpente Midgardsormr (o in norreno “Miðgarðsormr”, detto anche “Yormungand”), figlio di Loki e fratello del lupo Fenrir (che avrebbe ucciso Odino). Dopo la morte del mostro, il dio non sarebbe stato abbastanza veloce da sfuggire al suo soffio velenoso, che lo avrebbe fatto cadere esanime dopo aver compiuto, allontanandosi, il numero esatto di nove passi…

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Stralcio testo tratto dalla pagina: parliamotedesco.altervista.org sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

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